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TESTO L’uomo calato dal tetto

mons. Roberto Brunelli

VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (22/02/2009)

Vangelo: Mc 2,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa 2e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.

3Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. 4Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. 5Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».

6Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: 7«Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». 8E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? 9Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? 10Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, 11dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua». 12Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

Quello che nell’episodio della scorsa domenica era implicito (prima e più della guarigione fisica del lebbroso, è importante la sua guarigione spirituale con il perdono dei peccati), si fa manifesto nell’episodio subito seguente, proposto dalla liturgia di oggi. Vi si ritrova Gesù a Cafarnao, presumibilmente in casa di Pietro, e di nuovo assediato dalla folla, accalcata dentro e fuori casa. Nessuna speranza di avvicinarsi a lui, da parte di quattro uomini che arrivano reggendo una barella su cui è steso un povero paralitico; ma i quattro non rinunciano alla speranza per il loro caro, e con intraprendenza salgono sul tetto, lo scoperchiano quanto basta e calano la barella davanti a Gesù. Operazione impossibile nelle nostre case, ma non in quelle palestinesi di allora, a un solo piano, dotate di scala esterna per salire sul tetto a prendervi il fresco, e coperte semplicemente di travi di legno e canne connesse con fango secco.

Raggiunta la meta, il paralitico e i suoi amici possono nutrire la speranza che il Maestro si avvalga dei poteri di cui ha già dato prova per rimettere in piedi l’infermo, e ridargli così una vita normale. Gesù non lo ignora, ma a sorpresa (e forse deludendo gli interessati), trascurando la sua infermità, gli dice: “Figlio, ti sono perdonati i peccati”. La frase è forte, e addirittura scandalosa per alcuni scribi (i teologi del tempo) là presenti, i quali “pensavano in cuor loro: Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?”

Non avevano torto: il peccato è un’offesa a Dio, e dunque Dio solo la può perdonare. E allora Gesù dimostra di essere non soltanto l’uomo che tutti potevano vedere, ascoltare, toccare, ma appunto anche Dio: conosce che cosa passa per la testa degli uomini, e offre una prova verificabile dei suoi poteri. Dice: “Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile, dire al paralitico , oppure dire ? Ora, perché sappiate che io ho il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – rivolto al paralitoco –: Alzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua”.

Se può risanare il corpo che si vede, può risanare anche l’anima che non si vede. E la malattia dell’anima è più importante di quella del corpo, dimostra Gesù, occupandosi anzitutto proprio delle condizioni spirituali di quell’uomo, portato invece da lui solo con la speranza della guarigione fisica. Quale insegnamento, quanti motivi di riflessione per il nostro mondo, in cui si dedicano cure spasmodiche alla salute e alla bellezza del corpo, come se l’uomo fosse tutto lì!

Il perdono dei peccati, unica via per ristabilire un corretto, salutare e appagante rapporto con Dio, costituisce lo scopo della missione di Gesù, il motivo per cui il Figlio di Dio si è fatto uomo, è morto e risorto. Ma sarebbe inaccettabile se egli avesse riservato un tale dono al paralitico di Cafarnao e agli altri incontrati nei tre anni della sua vita pubblica. Il suo sacrificio ridonda a beneficio di tutti gli uomini, di tutti i tempi; per questo ha istituito la Chiesa, come risulta ben chiaro anche dalle sue ultime parole terrene: prima di salire al cielo, egli trasmise ai suoi appunto il potere di rimettere i peccati a quanti con fede si avvicinano a lui. Consolante consegna, che assume particolare rilievo in vista dell’ormai imminente quaresima, tempo propizio a riscoprire l’impagabile eredità del Redentore; consolante, ma anche di più. Il vangelo secondo Luca si conclude presentando gli apostoli che, ricevuta la consegna, “si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio”. Parole analoghe a quelle dei presenti alla guarigione del paralitico: “Tutti si meravigliarono e lodavano Dio”. La confessione per ricevere l’assoluzione dai peccati per qualcuno è motivo di turbamento e inquietudine; ma non dovrebbe essere così: meraviglia, gioia, lode sono i sentimenti che meglio le si addicono.

 

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