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TESTO Commento su Marco 2,1-12

Omelie.org (bambini)  

VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (22/02/2009)

Vangelo: Mc 2,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa 2e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.

3Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. 4Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. 5Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».

6Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: 7«Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». 8E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? 9Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? 10Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, 11dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua». 12Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

Anche in questa domenica ci lasciamo accompagnare dall’evangelista Marco, per continuare a scoprire come procede la missione di Gesù. Due domeniche fa', lo abbiamo visto a Cafarnao, ospite di Pietro, circondato da tanta folla, che vuole ascoltarlo e che è attirata dai miracoli che il Rabbi di Nazareth compie con tanta facilità. Il Signore Gesù non si è fermato a Cafarnao, ma si è messo in viaggio tra i paesi e i villaggi vicini, per incontrare altre persone, per portare a tutti la stupenda notizia dell’amore di Dio Padre. Proprio durante il viaggio, Gesù ha compiuto un altro segno prodigioso, su cui ci siamo soffermati domenica scorsa: guarisce un uomo ammalato di lebbra.

Nel brano che abbiamo letto oggi è trascorso ancora del tempo e Gesù, insieme ai dodici Apostoli, ritorna a Cafarnao. Probabilmente, gli Apostoli volevano fermarsi qualche giorno con le loro famiglie e per il Maestro e Signore poteva essere l’occasione di riposarsi un po’, dopo le settimane dell’annuncio e delle folle.

Ma figuriamoci se l’arrivo di Gesù a Cafarnao passa inosservato!

Presto la voce si sparge e la gente comincia a radunarsi davanti alla casa di Pietro.

Hanno voglia di ascoltare Gesù, di sentire la sua voce, piena del fascino irresistibile dello Spirito Santo, di assaporare la gioia di sapersi amati profondamente da Dio Padre...

E il Maestro di Nazareth non si fa pregare: si mette sulla porta e si rivolge ai cuori di tutti quelli che si sono radunati lì. Parla alla loro fatica, alla loro tristezza, alle preoccupazioni concrete che tutti hanno, offrendo a ciascuno la Bella Notizia, l’annuncio strepitoso di questo amore immenso che è pronto per noi, per tutti, se solo lo accogliamo.

Mentre sta parlando, succede qualcosa di inaspettato: quattro persone, tra la folla, trasportano una barella con sopra un paralitico. C’è troppa gente per potersi avvicinare a Gesù, ma quei quattro non si scoraggiano.

Si arrampicano sul tetto, ne tirano via una parte e da quell’apertura fanno calare giù il lettuccio su cui si trova il paralitico.

Certo, magari qualcuno si sta chiedendo: ma come hanno fatto ad aprire il tetto della casa?! Bè, le case di Israele, al tempo di Gesù, non erano proprio come le palazzine di oggi. Erano case non troppo alte, poco più di una persona in piedi, con una terrazza che si poteva raggiungere facilmente. Di solito, il tetto era fatto di lastre di pietra sovrapposte o di frasche d’albero, ecco perché non era così complicato tirarne via una parte!

Approfittando di questa possibilità, i quattro che conducono la barella, trovano il modo di far arrivare il paralitico proprio davanti a Gesù!

Visto che dalla porta non si può passare, glielo fanno calare dritto dritto dentro casa!

Non chiedono niente: se ne stanno lì sul tetto, con le corde in mano che hanno usato per calare già la barella, e guardano il Maestro, in attesa. Lo stesso paralitico, dal suo giaciglio, non dice nulla. C’è un attimo di stupito silenzio e Gesù interviene con parole che possono suonare strane: “Figlio, ti sono perdonati i peccati.”

Ma come? Gli portano un uomo su una barella, gli mettono fin davanti al naso un poveretto che è paralizzato e non può muoversi, e il Signore Gesù dice che gli sono perdonati i peccati?! Ma mica erano andati lì per i peccati di quell’uomo! Erano andati perché il Rabbi lo guarisse!

Ed infatti tra la folla succede un putiferio! Ognuno ha qualcosa da dire, ma i più indignati di tutti sono gli scribi, gli studiosi della Legge di Mosè, che come al solito se ne stanno lì intorno ad osservare cosa dice e cosa fa Gesù.

Pieni di sdegno, aggrottano le loro sopracciglia e fanno la faccia scura scura mentre pensano: “Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?”

Ma Gesù, che sa sempre che cosa passa nella mente e nel cuore di ognuno, risponde anche alle domande che non sono state pronunciate, risponde in modo diretto e molto, molto chiaro: “Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua”

E quell’uomo, senza dire nulla, si alza, prende la sua barella e si avvia, come fosse la cosa più normale del mondo!

Ma ci pensate? Immobile da chissà quanti anni, costretto a farsi portare in giro su un lettino, calato dal tetto grazie all’aiuto dei quattro che lo trasportavano, ora si alza e se ne torna a casa con le sue gambe, portandosi via la barella!!

Da rimanere davvero senza fiato e senza parole! Immagino il momento di silenzio stupito che sarà seguito alle parole di Gesù e poi mi sembra quasi di sentire tutte le grida di gioia e di meraviglia, mentre l’uomo non più paralizzato se ne tornava a casa sua!

Ci sarebbe tanto da commentare sui pensieri degli scribi e sulle parole che Gesù rivolge loro, ma vi chiedo di avere pazienza, perché ancora una volta ci sono alcune paroline di questo Vangelo che mi sono entrate in testa e non mi lasciano in pace... per cui desidero proprio condividerle con voi!

Dunque: quando la barella con sopra l’uomo paralitico viene calata dal tetto, l’evangelista Marco scrive: “Gesù, vedendo la loro fede...”
Usa il plurale: la “loro fede”, scrive; e giustamente!

Perché lì, davanti al Rabbi di Nazareth, c’è la fede dell’uomo paralizzato, ma c’è pure la fede dei quattro che lo hanno portato fin lì, di quei quattro che non si sono arresi quando hanno visto che non si riusciva a passare, di quei quattro che si sono arrampicati fino al tetto, hanno fatto l’apertura e hanno affrontato la fatica di issare sul tetto la barella e poi calarla nella casa... mica una cosuccia da nulla!

Il Signore Gesù vede la loro fede, si rallegra per la fede che questi cinque dimostrano.

In effetti, se vogliamo essere proprio precisi, l’uomo paralizzato, non dice neppure una parola, non chiede nulla, se ne resta in perfetto silenzio per tutto il tempo che si trova davanti al Rabbi. Anche i quattro stanno zitti, ma parlano le loro braccia sudate, i volti rossi per lo sforzo, il respiro corto per tutta la fatica che hanno fatto!

E Gesù compie il suo doppio miracolo, proprio perché vede la loro fede. Doppio miracolo, perché non solo guarisce il corpo dell’uomo paralitico, ma ne guarisce anche l’anima, visto che i suoi peccati sono perdonati! Tutto questo grazie alla grande fede dei quattro che lo hanno accompagnato!

Avrebbero potuto dire: “Lasciamo stare... c’è troppa gente... non ce la faremo mai ad arrivare fino al Rabbi... non si può passare con la barella... torniamo a casa...”

Invece no, non si sono arresi e la loro testardaggine è servita a dare la guarigione al loro caro. Non sappiamo se erano fratelli, figli, parenti o amici dell’uomo malato, ma è grazie a loro se ha ottenuto la guarigione da Gesù.

Questo particolare mi ha subito fatto pensare alla preghiera dei fedeli durante la Messa. È il momento in cui alcuni propongono le varie intenzioni per cui pregare insieme durante la celebrazione: a volte vengono dette spontaneamente, a volte qualcuno le legge dal foglietto, ma in ogni Eucaristia ci ritagliamo un momento per fare salire la nostra voce al Signore Dio, insieme.

Pregando non solo per noi stessi, ma per gli altri, spesso per chi non è qui presente, e magari si trova in situazioni di particolare sofferenza.

Non so cosa succede a voi, ma mi sono accorta che, purtroppo, tanta gente durante la preghiera dei fedeli, si distrae, non ascolta. Provate a chiedere a qualcuno, dopo la Messa: “Per chi abbiamo pregato, oggi, durante la preghiera dei fedeli?”
Vedrete che quasi nessuno se lo ricorda!

Un po’ è colpa delle preghiere preparate nei foglietti, che sono scritte in maniera troppo fredda, con più cura per gli aggettivi e gli avverbi che per il desiderio di farsi capire per bene. Tante volte abbiamo preghiere dei fedeli in cui sembra di voler spiegare al Signore Dio tutto quello che deve fare, quasi nei dettagli; mentre basterebbe dire semplicemente per chi preghiamo e magari fare un istante di silenzio perché tutti possano unire il cuore e non partire subito con il coro distratto dell’ascoltaci Signore!

Ma al di là di come possono essere scritte o dette le intenzioni di preghiera, quello è un momento prezioso e importante della nostra celebrazione: è il momento in cui tutti quanti ci trasformiamo nei quattro che portano la barella del paralitico.

Perché ci rivolgiamo al Padre Buono non per noi stessi, non per chiedergli qualcosa che serve a noi, che aiuta noi, ma preghiamo per gli altri: preghiamo per chi non riesce a pregare, per chi è arrabbiato con Dio e lontano da Lui, preghiamo per chi si sente troppo disperato per pregare, uniamo la nostra voce alla preghiera di tutti quelli che si sentono troppo soli e scoraggiati!

In quell’ “ascoltaci Signore!” dobbiamo metterci la stessa energia che c’è voluta per salire sul tetto e issare la barella! Ci deve essere la nostra forza d’amore a spingere la preghiera fino alle orecchie di Dio!

Allora, da questa domenica in poi, impegniamoci a fare ben attenzione alle intenzioni che vengono proposte alla preghiera dei fedeli. Uniamoci con la mente ed il cuore, pregando per tutti. Sapendo che il Padre Buono fa attenzione anche alla fede di chi prega per gli altri.

Commento a cura di Daniela De Simeis

 

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