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TESTO Commento su Marco 1,40-41

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VI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (15/02/2009)

Vangelo: Mc 1,40-41 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 1,40-45

40Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». 41Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». 42E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. 43E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito 44e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». 45Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Dalla Parola del giorno

Venne a Gesù un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e diceva: «Se vuoi, puoi guarirmi». Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, guarisci!»

Come vivere questa Parola?

Con pochi, incisivi tratti, Marco delinea una scena che va molto oltre quell’istintivo sentimento di compassione che tutti possiamo provare dinanzi alla sofferenza umana e che ci sollecita ad alleviarla, quando è nelle nostre possibilità. Gesù non è un guaritore: è il Salvatore.

La lebbra, come e più ancora di altre malattie, rendeva l’uomo impuro, tanto da farlo allontanare dal consorzio umano per evitare che, al suo contatto, altri contraessero impurità. Si attribuiva, cioè, una valenza morale a una situazione di disagio fisico.

Gesù si lascia avvicinare e avvolge lo sventurato di uno sguardo di compassione. Un tratto umano certamente squisito, che dice nobiltà di sentimenti. Ma Marco ci sta dicendo molto di più: è lo sguardo di Dio che “vede” e “si commuove” dinanzi all’abisso di miseria in cui l’uomo è precipitato. Quel Dio che aveva detto a Mosè: “Ho visto la miseria del mio popolo... Sono sceso per liberarlo”, cammina per le strade della Palestina e “stende la mano” verso l’uomo che, reso impuro dal peccato, si trascina lungo i sentieri della storia.

Un gesto di misericordia già di per sé eloquente. Ma Gesù non si limita a questo: “lo tocca”, cioè assume su di sé la sua impurità, entra nella nostra situazione di degrado per redimerci dal di dentro.

È l’indicibile mistero della redenzione che non lascia adito al pessimistico e amaro ripiegamento su nessuna situazione di degrado, sia personale che sociale, e che impegna il cristiano a ‘toccare’, cioè a farsi carico del male in cui si dibattono i nostri fratelli, perché la salvezza di Gesù possa raggiungerli.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, rileggerò lentamente il passo evangelico, scorgendovi, in filigrana, l’azione redentiva di Gesù che oggi raggiunge me e mi interpella perché mi renda “canale” attraverso cui la grazia possa irrorare l’ambiente in cui vivo.

Signore, quel lebbroso sono io. Eccomi ai tuoi piedi a supplicarti e a renderti grazie, nella gioiosa consapevolezza che tu mi hai già redento e ogni giorno mi rinnovi il tuo perdono

La voce di un santo
Il Signore vince sempre nella misericordia!
S. Luigi Orione

 

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