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TESTO Minacciò le acque in tempesta e vi fu bonaccia

don Romeo Maggioni  

IV domenica dopo l'Epifania (Anno B) (01/02/2009)

Vangelo: Lc 8,22-25 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 8,22-25

22E avvenne che, uno di quei giorni, Gesù salì su una barca con i suoi discepoli e disse loro: «Passiamo all’altra riva del lago». E presero il largo. 23Ora, mentre navigavano, egli si addormentò. Una tempesta di vento si abbatté sul lago, imbarcavano acqua ed erano in pericolo. 24Si accostarono a lui e lo svegliarono dicendo: «Maestro, maestro, siamo perduti!». Ed egli, destatosi, minacciò il vento e le acque in tempesta: si calmarono e ci fu bonaccia. 25Allora disse loro: «Dov’è la vostra fede?». Essi, impauriti e stupiti, dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che comanda anche ai venti e all’acqua, e gli obbediscono?».

“Chi è dunque costui, che comanda anche ai venti e alle acque, e gli obbediscono?”. E’ lo stupore di fronte a quest’altra epifania della signoria di Cristo anche sul creato. Del resto, “tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste” (Gv 1,3).

Signore della creazione, capace di piegarla a beneficio dei suoi. I miracoli compiuti da Gesù, e in genere gli interventi straordinari di Dio nella Bibbia, più che sbalordire con la sua potenza, sono segni della sua premura per le necessità dell’uomo. Gesù guarisce gli infermi, risuscita i morti, vince i demoni, e anche, come qui, placa le acque, simbolo biblico del male, per mostrare la sua condivisione salvifica per l’uomo.

Rievocare allora questi gesti costituisce come il fondamento della nostra speranza: Dio sa fare, promette e mantiene le sue promesse di salvezza, è affidabile; quale paura avere allora? “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?”.

1) MAESTRO, SIAMO PERDUTI

L’episodio è emblematico. Tra le tempeste della nostra vita, Dio non è lontano. Vi naviga dentro insieme a noi; solo che sembra addormentato. Sui muri di Gemona del Friuli si trovò scritto: Dov’era Dio il giorno del terremoto? Quanto spesso lo sentiamo latitante in mezzo alle nostre disgrazie! Ma è lì, quasi con un occhio semiaperto in atteso che lo si chiami: “Maestro, maestro, siamo perduti”. “Ed egli destatosi, minacciò il vento e le acque in tempesta: si calmarono e ci fu bonaccia”. Altra volta, sempre sul lago, Pietro, che lo aveva seguito camminando sulle acque, si sente sprofondare, e grida: “Signore, salvami. E subito Gesù tese la mano, lo afferrò” (Mt 14,30-31). Dice Isaia: “Ecco, non è troppo corta la mano del Signore per salvare né troppo duro il suo orecchio per udire” (59,1).

Un medesimo grido d’invocazione è ritornato spesso nella Bibbia, dalla pesante schiavitù d’Egitto o dalla deportazione in Babilonia. “Il Mar Rosso divenne una strada senza ostacoli e flutti una pianura piena d’erba; coloro che la tua mano proteggeva passarono con tutto il popolo, contemplando meravigliosi prodigi” (Lett.). E dalla schiavitù di Babilonia, il Signore promette cose nuove: “Così dice il Signore, che aprì una strada nel mare.. Ecco, io faccio una cosa nuova: Aprirò anche nel deserto una strada..” (Is 43,16.19). Dio non s’è mai tirato indietro, dal giorno in cui aveva confessato: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido, conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo!” (Es 37-8). Da sempre il popolo dei credenti innalza il suo canto di fiducia e di lode: “Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza” (Es 15,3).

Ma il gesto che compie questa premura salvifica di Dio e che fonda quindi ogni nostra sicurezza in lui, sta nell’atto supremo del Padre che offre il Figlio per la salvezza dell’uomo. Paolo ne rimane affascinato: “Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme con lui?” (Epist.). Ed esce in quel grido di serenità: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?” (Epist.). L’agire salvifico di Dio s’è fatto quasi provocatorio: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 1513). Per questo Paolo conclude con un principio perenne: “Noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati al suo disegno” (Epist.).

2) DOV’E’ LA VOSTRA FEDE?

Certo, dobbiamo conoscere e credere all’iniziativa di Dio. Perché anzitutto l’idea che ogni uomo riceve dalla ribellione di Adamo è un sospetto nei confronti di Dio. Come lui, Adamo, l’uomo pensa: Mi proibisce qualcosa, forse non vuole proprio il mio bene! Soprattutto è facile dubitare e ribellarsi quando si è dentro una prova. Come Gesù al Getsemani, si ha paura: Come è pensabile che Dio voglia ancora il mio bene ora che sono davanti alla violenza e alla morte? Capita, tra marito e moglie, una lite. Sulle prime si reagisce male; poi uno ci pensa: Però, quando eravamo fidanzati.., quanta tenerezza; quando ero all’ospedale.., quanta premura! Ebbene, nell’appanno dell’amore, sovvengono i fatti d’amore per riacquistare fiducia e riprendere speranza. Così è da fare sempre anche con Dio: ricordare i suoi fatti d’amore per dare fondamento alla nostra fiducia in lui. Paolo dirà: “Questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,20).

E non si tratta solo di gesti d’amore, ma un disegno preciso che circonda tutta la mia vita. In cinque verbi oggi Paolo lo tratteggia. Due tappe precedono la nostra nascita: ci ha conosciuto e predestinati “ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli” (Epist.). “Quelli che ha predestinato, li ha anche chiamati”: è la vocazione di ognuno, giunta in forme diverse, per chiamarci ad essere figli ed eredi di Dio. Chiamata alla quale spesso diciamo di no: da qui il perdono (“li ha anche giustificati”). Infine: glorificati, eredi di Casa Trinità. Conoscere l’amore di Dio toglie ogni timore. “Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura..” (Rm 8,15).

Ecco: “Dov’è la vostra fede?”. La nostra fede non è fiducia cieca, ma fondata sui fatti e sulla fedeltà di Dio. Sant’Agostino diceva: “Uno ama quando si sente amato; ora per questo io amo Dio, perché lui per primo ha amato me!”. Ritorniamo spesso a meditare i fatti d’amore di Dio, per il suo popolo, per ognuno di noi. I Santi non trovavano di meglio che meditare continuamente la Passione del Signore! Eviteremo tante paure e tanto stress. Sentire di essere nelle mani di Dio - “che è più grande di tutti” - e che “nessuno può strapparci dalla mano del Padre” (Gv 10,29), ci libera dalla paura.. anche del malocchio, cui tanti ancora credono! E che alla fine Dio sa trarre il bene anche dal male, anche dalle nostre disgrazie.

Certo, nel parlare della signoria di Dio sul creato, a volte si rimane sconcertati: terremoti, tsunami, scombussolamenti della terra che fanno catastrofi immani.., ci viene a mancare una risposta, proprio nei confronti di Dio. Perché? Che senso ha? Come Giobbe, come Gesù al Getsemani: Non capisco, ma mi fido! Se si può dire qualcosa forse è che Dio qualche volta sgonfia il pallone di tanta superbia umana col fargli cogliere che è solo piccola formicuzza, qualcosa di precario entro dimensioni e realtà ben più vaste della sua supponenza..!

 

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