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TESTO La sofferenza: non da giudicare ma da amare...

don Giovanni Berti

IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (01/02/2009)

Vangelo: Mc 1,21-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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21Giunsero a Cafàrnao e subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. 22Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. 23Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, 24dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». 25E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». 26E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. 27Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». 28La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

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Mi ricordo la predica di qualche anno fa fatta da un sacerdote anziano che in un passaggio a mio parere “allucinante” più o meno disse così: “Non voglio morire senza sofferenza, perché la sofferenza mi unisce di più a Gesù Cristo in croce... Solo soffrendo si è veri cristiani”.

Per quel che ne so, questo sacerdote è ancora in vita, è ancora più anziano, vicino alla novantina, e non ho notizie che stia particolarmente male, anzi gode di discreta salute, vista l’età... Mi spiace per lui!

Mi ricordo che quando sentii quelle parole mi venne un moto di rabbia interiore. Sentivo una totale mancanza di rispetto nei confronti di chi, in quel momento nell’assemblea, stava ascoltando e magari stava anche vivendo con difficoltà un momento di sofferenza personale. Il messaggio che arrivava con quelle parole era più o meno questo: se rifiuti la sofferenza che stai vivendo e cerchi di superarla ti allontani da Dio.

Coloro che in quel momento soffrivano per una malattia personale o stavano soffrendo per una persona cara malata, sono stati “violentati” spiritualmente da una tale visione della sofferenza che, a mio parere, è molto ingiusta e anti-evangelica.

Gesù ha combattuto la sofferenza, in tutte le forme con le quali si presentava ai suoi tempi: la malattia, la sofferenza spirituale, l’emarginazione e il pregiudizio, la solitudine...

La croce non è stata, da parte di Gesù, la scelta dell’eroe che vuol far vedere la sua bravura nel resistere, ma è stata la scelta di amare fino alla fine, fino alle estreme conseguenze, perché da quella sofferenza scaturisse una fontana di vita per tutti, per tutti quelli anche dopo di lui e oltre il suo tempo (anche noi oggi...). E’ questo ciò che mi insegna la fede.

Non guardo alla croce come un esempio di “durezza” e di “bravura”. La sofferenza di Gesù è un atto d’amore.

Oggi la Chiesa celebra l’annuale giornata per la vita, e il tema scelto è davvero significativo: “La forza della vita nella sofferenza”.

E’ un invito a credere nella vita anche quando questa appare compromessa dalla malattia e dalla sofferenza di chi si sente solo e impotente. La fede in Cristo crocifisso-risorto, ci porta a “non gettare la spugna” quando la fatica di vivere si fa sentire. Gesù che è capace di salire sulla croce e a rimanerci fino a morte, pur avendo la possibilità di scendere, mi fa capire che posso anch’io farmi forza e stare accanto a chi soffre e a condividerne le fatiche. Lo ha fatto Lui e lo insegna anche a noi.

La sofferenza rimane un mistero ed è un’esperienza che giustamente ogni persona rifiuta. La sofferenza da sola oscura la visione di Dio come buono e giusto, se non addirittura fa dire che Dio non esiste nemmeno. Ma la sofferenza è la grande occasione di volersi bene, di aiutarsi e di tirare fuori tutte le nostre capacità di amore, compassione, solidarietà, aiuto concreto...

E anche quando la sofferenza ci tocca personalmente, la croce di Gesù mi dice che anche li, sulla mia croce, posso fare qualcosa di buono e mi dice anche che posso dirmi felice e valere qualcosa non solo quando sono “sano-bello-giovane-forte”.

Proprio ieri sono stato ad un funerale di una donna ancora giovane, morta per una malattia che ha combattuto tenacemente per diversi anni. E’ stato un lungo cammino di battaglia che alla fine sembra aver portato solo alla sconfitta. La sofferenza è stata tanta e continua sicuramente nella sua famiglia che la piange. Mi hanno però colpito le numerose testimonianze che hanno raccontato di una fede e di un amore per la vita davvero uniche in questa donna. La vita, la fede, l’amore nella sua famiglia non sono state sconfitte dalla malattia, ma sono state al contrario rafforzate.

Purtroppo non sempre accade questo, e conosco diverse situazioni nelle quali la sofferenza porta solo verso la totale e inguaribile tristezza e abbandono della fede. Questo non può esser imputato come una colpa a chi è nella situazione. Al contrario diventa un ulteriore invito a far si che nessuno sia mai lasciato solo nella sofferenza, e che, come cristiani, abbiamo il compito di stare uno accanto all’altro, senza giudicare, ma solamente amando e sostenendo.

La forza della vita illumina ogni situazione di sofferenza solo se c’è qualcuno sempre disponibile a fare come Gesù, il quale non ha avuto timore di affrontare demoni, non ha temuto nemmeno di scontrarsi con i giudizi della gente e non ha nemmeno avuto paura di salire sulla croce, pur di stare accanto ad ogni uomo specialmente là dove soffre.

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