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TESTO Che cosa cercate?

don Roberto Seregni  

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II Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (18/01/2009)

Vangelo: Gv 1,35-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,35-42

35Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». 37E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». 39Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – 42e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

Finite le grandi feste del Natale, il nuovo tempo che la Chiesa ci consegna è un invito forte a costruire la nostra ferialità in rima con novità e non con banalità...

La liturgia ci fa aprire questo tempo ordinario con un brano bellissimo del Vangelo di Giovanni. Sarebbero molte le riflessioni che vorrei condividere su questa Parola, ma per rispetto della vostra pazienza ne scelgo tre.

La prima. Leggendo con attenzione il brano sembra che l’intreccio degli incontri tra Giovanni, Gesù e i discepoli, sia governato dalla casualità: “per caso” Giovanni stava lì con i suoi discepoli e “per caso” Gesù passa proprio davanti a loro. Molti altri incontri nei Vangeli sembrano essere accaduti “per caso”, senza essere progettati o pensati. Ma questa apparente casualità è il segnale che indica un evento che non è nostro, che sfugge al rigido controllo con il quale ci illudiamo di tenere al guinzaglio la nostra storia. Le cose di Dio accadono e bisogna essere pronti a riconoscerle, ad accogliere e ad assecondarle. Giovanni non era lì per aspettare Gesù, ma appena lo vede passare non se lo lascia sfuggire!

La seconda. “Che cosa cercate?”, chiede Gesù agl’aspiranti discepoli che lo tampinano. Mi piace tantissimo questa domanda, la sento forte per me e per tutti i discepoli che ancora si avventurano dietro i Suoi passi. E’ una domanda provocatoria, che non lascia spazio alle banalità della retorica religiosa, che ci sveste dalle nostre certezze traballanti e ci obbliga ad andare al cuore della nostra ricerca e dei nostri desideri. Senza sconti. Senza saldi di stagione.

Dio solo sa quanto ci può far bene rinnovare e riscoprire i desideri del nostro vivere quotidiano.

La terza. “Dove abiti?”, chiedono i discepoli. Mi piace questa risposta perché svela il desiderio profondo che questi uomini si portano nel cuore. Non cercano informazioni religiose e non ambiscono a indottrinarsi con le parole del nuovo maestro. Desiderano invece un incontro e una relazione, si informano sul “dove” di Gesù.

Mentre scrivo mi viene spontaneo chiedermi quanto nelle nostre comunità è ancora vivo questo desiderio, questa passione di incontrare Gesù e di fare l’esperienza incandescente della Sua presenza. Facciamo tante (forse troppe!) cose e corriamo avanti e indietro senza chiederci se quello che stiamo facendo è nella volontà di Dio e se ci porterà davvero a incontrare - e far incontrare! – Lui e non solo delle nostre (presunte) bravure...

Coraggio, cercatori di Dio! L’invito del Rabbì di Nazareth risuona per noi in tutta la sua freschezza e bellezza: “Venite e vedrete!”. Così come siamo, con il carico delle nostre povertà e dei nostri peccati, con le cadute del nostro orgoglio e delle nostre false conquiste, il Maestro ci invita a fare esperienza di Lui, del suo amore forte e fedele.

Buona settimana
don Roberto

robertoseregni@libero.it

N.B. Tra i Ritagli dello Spirito (www.oratoriotirano.wordpress.com) potete trovare nuovi testi. In particolare vi consiglio la lettura dell’articolo di Enzo Bianchi sulla “Lectio divina”.

 

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