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TESTO Commento su Giovanni 1,35-42

Casa di Preghiera San Biagio FMA  

II Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (18/01/2009)

Vangelo: Gv 1,35-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,35-42

35Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». 37E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». 39Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – 42e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

Dalla Parola del giorno
Venite e vedrete.

Come vivere questa Parola?

Giovanni e Andrea, i primi apostoli che si sono messi sulle orme del Maestro, si sentono spiazzati dalla domanda di lui: “Che cercate?”. Come due bambini colti in fallo riescono solo a formulare a loro volta una domanda: “Dove abiti?”. La risposta è un invito ad entrare in un’esperienza: “Venite e vedrete”. Poche battute che racchiudono in sintesi tutta l’avventura cristiana.

È il desiderio, quella nostalgia profonda che ognuno si porta dentro e a cui forse non sa dare il nome, a spingerlo a cercare. Forse anche su strade sbagliate che lasciano stanchi e delusi. Ma è un dato di fatto: tutti avvertiamo il bisogno di un di più che appaghi la nostra sete di infinito, di gioia, di pienezza. È importante non soffocarlo, mettersi in ricerca, lasciarsi provocare dalla domanda: Che cerchi? Già! Che cosa cerco? In questa domanda è forse la risposta alla mia inquietudine.

Devo passare dal ‘che’ al ‘Chi’ cerco. Perché è di Lui, di Dio che sono assetato. Ammetterlo è imboccare la strada giusta, quella che conduce là dove Egli abita. Si tratta, allora, di seguirlo senza timore per vicoli fasciati di silenzio che portano a una dimora troppo poco frequentata, perché ‘ci sono troppe cose da fare!’.

Scopro così con gioioso stupore, che Egli abita lì, nel profondo del mio cuore. Se poi avrò il coraggio di restare con Lui, in questo angolo talvolta trascurato, anche i miei occhi si apriranno e finalmente ‘vedrò’ Colui che dà luce e senso alla mia vita.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, proverò a seguire Gesù nei recessi più silenziosi e nascosti del mio cuore. Mi accoccolerò ai suoi piedi, lasciando che mi parli o anche semplicemente gustando la dolcezza della sua presenza.

Mio Signore e mio Dio, che silenziosamente mi abiti attendendo che mi decida a “rientrare in casa”, perdona se ti ho lasciato troppo solo, dimostrando di non apprezzare abbastanza il tuo dono. Eccomi: ora mi consegno a te, totalmente. Che non mi sottragga più alla tua amabile compagnia.

Parole di una mistica

Noi dobbiamo compiacerci grandemente del fatto che il nostro Dio abiti nella nostra anima e dobbiamo compiacerci ancora di più che la nostra anima abita in Dio. Ed il posto in cui la nostra anima abita è in Dio che esisteva prima che tutto fosse stato creato. Vedere e sapere che Dio, che è il nostro creatore, abita nella nostra anima è una profonda illuminazione interiore.
Giuliana da Norwich

 

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