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TESTO Il battesimo di fuoco

Marco Pedron  

Battesimo del Signore (Anno B) (11/01/2009)

Vangelo: Mc 1,7-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Giovanni 7proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

9Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. 10E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. 11E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

La festa di oggi, il Battesimo di Gesù, chiude il tempo natalizio. Domenica prossima comincerà il tempo ordinario che durerà fino alla Quaresima.

Il Battista, nel vangelo di oggi, parla di un battesimo d’acqua mentre “quello più forte” battezzerà in Spirito Santo.

La Bibbia all’inizio della storia (Gn 1) conosce già questo battesimo d’acqua: tutto era immerso nell’acqua! All’inizio le acque ricoprivano tutta la terra, e Dio separò le acque che divennero poi il mare, dalle acque che divennero poi il cielo. Poi Dio separò le acque del mare dalla terra. Poi la terra produsse germogli, ecc.

All’inizio, cioè, vi era solo un’immensa massa di acqua, e solo successivamente, lentamente si sono create, per differenziazione, tutte le cose che esistono. Non a caso in tutte le culture l’acqua è simbolo dell’inconscio, di una ricchezza che è nascosta. L’acqua è piena di vita, di pesci, che non sempre si vedono... bisogna pescarli.

Questo è ciò che io sono chiamato a fare: differenziarmi, uscire dall’anonimato, dall’essere come tutti (che vuol dire essere nessuno) e darmi un nome, trovare chi sono. Questo è il battesimo di fuoco. Il battesimo d’acqua è nascere ma il battesimo di fuoco è diventare chi devo diventare.

C’è un altro racconto d’acqua famoso nella Bibbia: il diluvio. La gente si moltiplicava, mangiava e bevevo (Gn 12) ma tutto senza consapevolezza. Tutto era superficiale, la gente era ignorante di tutto. Viveva a casaccio, dove i giorni passavano e basta. Era un’umanità solo esterna che aveva abdicato al compito dell’uomo: scoprire chi è e scoprire il Dio che lo abita (il Figlio dell’Uomo presente in ognuno di noi). Così il diluvio rappresentò cosa accade quando si vive nell’inconsapevolezza, senza sapere chi si è, senza coscienza.

Gli stessi ebrei ricevettero il battesimo (si immersero nell’acqua) nel passaggio del Mar Rosso. Lì nacquero. Ma il battesimo di fuoco furono quei quarant’anni di deserto dove tra lotte, combattimenti, abbandoni della fede, rassegnazione e fiducia, si purificarono fino a poter credere al Dio che salva. E il battesimo di fuoco li portò alla terra promessa.

Anche Gesù fu battezzato da Giovanni Battista con un battesimo d’acqua. Qui Gesù nasce. Non a caso, infatti, il battesimo viene messo all’inizio della vita pubblica di Gesù.

Ma il battesimo di fuoco avviene in croce quando, episodi per certi aspetti molto simili, Mc dice: “Gesù dando un forte grido, spirò (emise lo spirito). Il velo del tempio si squarciò in due dall’alto in basso. Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio”” (Mc 15,37-39).

Qui, nel vangelo di oggi, si squarciano i cieli, lì il velo tempio. Qui la voce di Dio: “Tu sei il figlio mio prediletto”, lì il centurione: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio”. Qui Gesù si immerge nella vita, lì nella morte. Qui lo Spirito si posa su di lui, lì Gesù “emise lo spirito”.

Allora: il battesimo d’acqua è l’inizio della vita, la nascita, ma poi è il battesimo di fuoco che ci fa credenti.

Il battesimo di fuoco è quando tu, con la tua vita, con-provi ciò che credi, quando testimoni e sei fedele fino in fondo a qualcosa che credi e che ti appassiona dentro.

La chiamata (battesimo d’acqua) dei grandi personaggi della Bibbia è sempre com-provata da cammini, prove, viaggi difficili, duri, faticosi, dove Dio forgia e purifica il suo prediletto. Noè deve costruire l’arca tra le derisione di tutti; Abramo deve partire per ciò che non sa; Mosé deve attraversare il Mar Rosso e il deserto; Giobbe e Tobia compiono dei pericolosi viaggi interni, Gesù si immerge nel Giordano (Giordano, yared, vuol dire immergersi) ma soprattutto si immerge in quest’umanità afflitta e che tenta di ucciderlo.

Tutti noi siamo battezzati: è il battesimo d’acqua. Siamo, cioè, stati generati.

Ma non è molto importante questo. Non diamo troppa enfasi al battesimo d’acqua.

Perché vero battesimo è quello di fuoco: è, cioè, generarsi, costruirsi, diventare ciò che si deve diventare.

E questo non può avvenire che nel fuoco. La parola fuoco (es, a-sc) è presente sia nella parola uomo (a-i-sc) che donna (a-sc-ha). Per diventare se stessi, uomini o donne, bisogna passare per il fuoco.

Gesù stesso dirà: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso. C’è un battesimo che devo ricevere; e come sarò angosciato, finché non sarà compiuto. Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, la divisione...”. E nel parallelo di Mt (10,34) Gesù dirà: “Non sono venuto a portare la pace ma una spada...”.

Il vero battesimo è la tua vita, il tuo forgiarti, il tuo costruirti, il tuo andare verso di te.

Allora dobbiamo smetterla di pensare o di credere che essere cristiani voglia dire essere battezzati. Quando fanno le inchieste e dicono che il 95% degli italiani sono cristiani, è falso. Saranno battezzati con l’acqua ma essere cristiani vuol dire passare attraverso il battesimo di fuoco.

La gente crede ancora che seguire Gesù sia qualcosa di comodo, di tranquillo e di indolore. Basta qualche pratica, andare alla messa ogni tanto o dire qualche preghiera.

Ma seguire Gesù è fuoco. E’ la passione che ti brucia dentro e che non ti può far tacere di fronte alle ingiustizie che vedi, di fronte ad una società che uccide l’anima degli uomini, di fronte a genitori inconsapevoli che trattano i propri figli come delle belle marionette o dei burattini.

E’ la passione che ti spinge ad uscire, ad esporti, a non stare zitto. Potresti startene in disparte e, farti gli affari tuoi (“Non sono mica problemi miei!) e, invece no, ti metti in gioco e rischi in prima persona.

E’ fuoco di purificazione che brucia tutto ciò che c’è di impuro dentro di te. Allora ti accorgi che tu, e non gli altri, sei invidioso, sei in competizione, sei geloso. Che tu e non gli altri non ami ma vorresti possedere, gestire, manipolare. Che tu e non gli altri hai bisogno dell’umiltà di cambiare, di crescere, di modificarti.

Non è facile cambiare. Non è piacevole vedere certe cose dentro di sé. Per questo seguire Gesù sarà sempre difficile, impegnativo, un lavoro continuo. “Padre è difficile seguire Gesù!”. “Ma chi hai mai detto che sia facile!”. Sarà entusiasmante, passionale, caldo, ti darà la sensazione di vivere in profondità, che la tua vita abbia un senso, ma nessuno ha mai detto che sia facile.

Dostoevskj dice: “Senza la sofferenza non potremmo capire la felicità. L’ideale passa per la sofferenza come l’oro per il fuoco. Solo con lo sforzo si raggiunge il regno dei cieli”.

E’ il fuoco della prova. Gesù ti saggia, ti prova con il fuoco, ti fa passare per incroci pericolosi ed esigenti. Gesù ti toglie tante tue illusioni, i tuoi miraggi e le tante bugie che ti raccontavi. Un vescovo disse: “Pensavo che fosse una forte fede e, invece, era solo una buona salute”.

La parola baptizein (yared in ebraico) vuol dire immergersi, entrare dentro. In due sensi: il primo è entrare dentro questa vita, non sottrarsi alle esigenze e alle chiamate della vita. Il battesimo di fuoco è dar forma, far uscire il fuoco, l’energia, la passione che ti anima dentro. In quante persone non c’è fuoco, non c’è anima, non c’è niente dentro. C’è solo l’inutilità di una vita che si trascina giorno dopo giorno, stancamente, nella routine delle solite cose.

Albert Schweitzer costruisce un ospedale a Lambaréné nel Gabon per curare tutti i malati della zona. Poi di tanto in tanto torna in Europa a raccogliere fondi per i suo ospedale.

Antonio Russo, giornalista, scopre l’utilizzo di armi chimiche e biologiche nella campagna russa in Cecenia. Per questo il 16 ottobre 2000, dopo essere stato torturato, viene ucciso.

Giorgio Perlasca, fingendosi ambasciatore spagnolo, salva 5218 ebrei durante la seconda guerra mondiale.

Peppino Impastato figlio di una nota famiglia mafiosa si dissocia dalla sua famiglia. Viene cacciato di casa dal padre. Si batte per giustizia e legalità. Viene ucciso nel 1978 dalla mafia.

Uomini di fuoco, che non si sono sottratti alle esigenze e ai richiami della vita.

Solidarietà vuol dire immergersi nelle situazioni. Quando succede un fatto molte persone dicono fra sé (senza che nessuno le senta): “Non è affare mio, si arrangino. Non è un problema mio, non mi riguarda”.

Solidarietà, invece, vuol dire: “Ciò che è toccato a te mi riguarda, mi interpella, non mi può lasciare indifferente, non posso chiudere gli occhi e far finta di niente”. Di fronte a ciò che succede nella mia scuola, nella mia scuola materna, nel mio territorio, posso infischiarmene? Di fronte ai 5.000.000 di bambini che muoiono di fame (570 all’ora) posso far finta di niente?

Solidarietà vuol dire: “Io ci sono. Io ti aiuto. Io mi metterò dalla tua parte”. Solidarietà vuol dire: “Io ho un cuore che pulsa e che batte, che ama e che s’appassiona. Io non posso rimanere indifferente di fronte a tutto ciò. Tutto questo mi tocca, mi interpella”. Io scendo!

Un giorno in classe decidemmo di fare sciopero (non lo si era mai fatto in seminario minore). Bene: io non andai in classe e fui l’unico (con inevitabile conseguenze). Mi lasciarono solo, mi sentii tradito. Solidarietà vuol dire non tirarsi indietro quando le cose ci espongono.

Il secondo di immergersi è entrare, scendere, dentro i propri demoni, conoscerli, vederli, confrontarsi con essi.

Subito dopo il battesimo e prima dell’attività pubblica, i vangeli mettono l’episodio delle tentazioni. Anzi dicono che è lo stesso Spirito del battesimo a spingere Gesù nel deserto (Mc 1,12).

Gesù deve immergersi nei suoi demoni e deve confrontarsi con essi.

Anch’io mi devo immergere nei miei demoni e mi devo confrontare con loro. Questo è battesimo vero, di fuoco.

Ciascuno ha i propri demoni. In casa erano in sei sorelle, tutte belle eccetto lei (mica brutta, ma non bella!). Così lei si è sempre sentita di meno rispetto alle sue sorelle. Tutt’ora oggi vive un complesso di inferiorità, di disistima e attacca tutti. Sembra che solo lei sappia fare bene le cose; che solo lei sia brava; che solo lei capisca. Al lavoro è davvero insopportabile. Il suo demonio è l’antica invidia (e quindi il confronto) per essere meno bella delle sorelle. “Mi viene da piangere a dover riconoscere che i miei genitori stimavano di più le mie sorelle”, dice. “Lo so, è duro, è difficile, è come passare per il fuoco. Ma bisogna passare per di lì”. Immergiti nel tuo Giordano (nel Giordano c’erano i peccati, le sozzure di tutti gli uomini) e confrontati con i tuoi demoni interiori. Finché non li avrai affrontati ti domineranno.

Un uomo è stato educato così rigidamente (nessuna carezza, anzi il contatto era peccato) che adesso non riesce neppure a toccare le persone. Quando ci si scambia gli auguri di Natale, lui, al massimo, ti dà la mano ma rifiuta in maniera categorica ogni contatto guancia a guancia. Dentro di lui c’è il freddo, il ghiaccio, e una paura folle dei sentimenti e delle emozioni. Un uomo così è terrorizzato dal sentire, dall’amore, dall’affetto o dalla tenerezza. Eppure non c’è altra strada: si deve immergere nel tuo ghiaccio per scioglierlo con il calore. Gli farà tanta paura e lo destabilizzerà; scoprirà di aver ricevuto un amore mentale (che non è amore) e questo lo farà arrabbiare. Avrà paura della sua rabbia e avrà paura di accusare chi lo ha amato così. Non sarà affatto piacevole, anzi sarà come scendere all’inferno. Ma bisogna passare per di lì.

Una donna soffre di ansia, prende tutta una serie di pastiglie. Ma si sa, l’ansia è solo un sintomo di qualcos’altro. Vorrebbe uscire dalla sua situazione ma non vorrebbe farsi aiutare, non vorrebbe guardarsi dentro, non vorrebbe fare questa fatica. Non c’è altra strada: devi immergerti dentro di te.

Un uomo non riesce a dormire di notte. Si gira e si rigira ma non prende sonno. Solo con le pastiglie dorme. Ma non riposa mai per davvero. E’ chiaro che c’è qualcosa che lo agita, qualcosa che non esce di giorno e che esce, invece, di notte. Ma finché si accontenta di prendere le pastiglie non risolve la questione. Immergiti nel tuo buio per vedere cosa ti agita.

Battesimo di fuoco, allora, è confrontarsi con i propri demoni, con i propri mostri e, con la forza di Dio, dopo anche lunghe battaglie, uscirne vittoriosi. Non solo vittoriosi ma trasformati e più forti.

Quando Gesù esce dall’acqua, dice il vangelo, dopo essersi immerso come tutti nel Giordano, nel mare dei peccati, dopo cioè aver fatto opera anche lui di umiltà, i cieli si aprirono e lo Spirito discese su di lui. Divino, grande, non è essere perfetti ma riconoscere i propri demoni. Divino, grande, non è non sbagliare mai, ma avere l’umiltà di riconoscere i propri errori. Divino, grande, non è andare sempre avanti ma avere il coraggio di cambiarsi. Dio non ti ama perché sei perfetto, Dio ti ama per quello che sei.

Il centro del vangelo è la voce: “Tu sei il mio figlio prediletto”.

Il centro del battesimo di Gesù non è lo “smacchiamento” dal peccato originale, ma l’esperienza della Voce. Questa è stata per Gesù l’esperienza decisiva della sua vita, la svolta: l’essersi percepito figlio amato, prediletto, unico del Padre.

Quando Gesù avrà un’altra esperienza forte di Dio, la trasfigurazione, risentirà questa identica voce. Quando si rivolgeva al Padre lo faceva dicendogli: “Padre, Abbà, papino, padre mio...”. Gesù aveva un rapporto confidenziale con Dio perché si sentiva amato da lui. Non lo sentiva come un superiore, come uno da temere e a cui tenere nascoste certe cose o fargli vedere solo la faccia bella e buona. Era suo padre e Gesù si sentiva amato e al sicuro con Lui.

Quello che qui è detto per Gesù vale per tutti noi. Tutti noi siamo i figli prediletti e amati di Dio. “Tu sei amato... tu ai miei occhi sei grande... tu sei mio figlio prediletto... non ti lascerò... tu sei importante per me... ho dato la mia vita per te... non ti abbandonerò... non sfuggirai dalla mia mano... nessuno ti rapirà da me... non mi devi raggiungere: sono già tuo... tutto ciò che esiste l’ho fatto per te... mi appassiono a te, sei nei miei pensieri... non cadrai mai al di fuori dal mio sostegno... non mi devi dimostrare nulla, il mio amore è per il solo fatto che sei mio figlio... non devi conquistarti qualcosa che hai già... non te lo devi meritare... per quanto tu vada lontano io rimarrò sempre tuo padre e tua madre, e tu sarai sempre mio figlio... tu non sei come nessun altro: tu sei unico per me... qualunque cosa ti succeda: mai temere, mai aver paura, mai condannarsi perché io sono tuo padre... per quanto lontano tu vada io rimarrò sempre qui ad aspettarti: ti voglio bene, ti voglio bene, ti voglio bene... qualunque cosa tu faccia io non ti rifiuterò mai... ci sono io... va bene così... non aver paura, non aver paura, non aver paura...”.

Di cos’altro dovremmo aver paura se potessimo credere a queste parole? Se ci potessimo sentire amati così, incondizionatamente, cosa avremmo da temere?

L’amore umano, anche il più grande, pone delle condizioni. Quello di Dio no.

Quando andremo di là, il Gran Capo, qualunque cosa ci sia scritta nel libro della nostra vita ci dirà: “Vuoi venire con me? Vuoi accedere alla felicità, alla festa, alla luce, alla pienezza eterna?”. E basterà dirgli: “Sì”. Nient’altro. Ma per molti di noi, quando vedremo tutto il libro della nostra vita, e ci vergogneremo di essa, sarà terribilmente difficile dire di “sì”.

Quando facevo il bravo, seguivo mio fratello che era più piccolo di me, gli facevo da baby-sitter e così mia madre poteva andare a lavorare. Quando tornava mi diceva: “Che bravo che sei stato!”. Era orgogliosa di avere un bambino così bravo. Allora io ho imparato che se si è bravi si ha l’amore. Ma Dio non è così. Dio non ti ama perché sei bravo, Dio ti ama perché sei tu.

Quando andavo a scuola, se studiavo prendevo dei bei voti e la maestra parlava bene di me ai miei genitori. E siccome ero disciplinatissimo, ero additato come esempio dalla maestra. Allora ho imparto che l’amore si merita: si fanno alcune cose e si riceve stima, approvazione, riconoscimento dalle figure importanti della tua vita. Ma Dio non è così. L’amore di Dio non si merita, è gratuito, è im-meritato.

Quando ero adolescente ho capito che i belli erano visti dalle ragazze e che i ricchi erano corteggiati da loro. Ho capito che solo se si avevano delle qualità si poteva essere “visti” o tenuti in considerazione. Allora cercavo di “mostrarmi”, di “farmi vedere”, di mettere in luce le mie doti, perché qualcuno mi vedesse. Ma Dio non è così. Non bisogna diventare chissà cosa o chissà chi perché Dio ci ami. Non dobbiamo aver successo per andare bene a Dio né diventare qualcosa di diverso da noi stessi.

Quando ero in seminario ho imparato che se ci si comportava bene e non si creavano problemi, allora i superiori ti stimavano e ti apprezzavano. Se non creavi problemi ne avresti guadagnato in stima. Così (solo all’inizio!) non creai nessun problema e fui bravissimo, un modello. Ma Dio non è così. Non mi devo comportare bene perché Dio mi ami; non devo rinunciare a me perché Dio mi ami; non devo fare il buono perché Lui mi ami.

Quando andavo dal padre spirituale, in seminario minore, bastava non raccontargli certe cose e lui era contento. Ma Dio non è così. A Lui puoi raccontare tutto, anche ciò di cui più ti vergogni, anche ciò che più ti fa male, ti ripugna, ti fa schifo. Lui ti ama lo stesso. Anzi ti ama di più, un po’ come una madre che ama tutti i suoi figli, ma dà più cure a chi è ammalato.

E’ difficile per me credere che Dio mi ami così, al di là di tutto, ma proprio di tutto! Io vorrei che Lui mi amasse ma non vorrei fargli vedere i miei lati deboli: le cose di cui mi vergogno... gli errori del passato... le infedeltà... i peccati... l’odio che covo per molte persone... la rabbia furiosa che mi abita... le mie piccolezze o meschinità... il mio rifiuto nei suoi confronti....

Una storia: un giorno un discepolo si macchiò di una grave colpa. Tutti s’aspettavano che il maestro lo punisse in maniera esemplare. Ma passò un anno e il maestro non diede segno di reazione. Allora un altro discepolo protestò: “Non si può ignorare ciò che è accaduto: dopo tutto, Dio ci ha dato gli occhi!”. E il maestro replicò: “E’ vero, ma Dio ci ha dato anche le palpebre!”.

Mi accorgo che il problema non è il suo amore, ma io che non voglio farmi amare per quello che sono. Non lui che non mi accetta ma io che non mi accetto per quello che sono. Insomma, mi rendo conto che è proprio difficile lasciare che Dio ci ami. E’ proprio difficile per me credere ad un amore in-condizionato, ad un amore fedele per sempre, ad un amore in cui non c’è niente fare, ad un amore granitico che non ci tradirà e non ci abbandonerà mai. Eppure è così!. “Io, proprio io, proprio io con tutto ciò che sono (e a volte che schifo che sono!), proprio io sono il figlio prediletto di Dio”. Dio è mio Padre; io sono suo figlio.

Pensiero della settimana

Il re Erode aveva sentito dai Re Magi che a Betlemme era nato un re.
Divorato dalla gelosia, immaginò un piano feroce:
uccidere tutti i bambini della città.

Giuseppe e Maria presero il Bambino Gesù e si incamminarono in fretta verso l’Egitto. La sera del primo giorno di fuga, stanchi e affamati, cercarono rifugio in una grotta. Faceva freddo, la terra era bianca di brina. La famigliola si sistemò in un angolo. Stavano stretti per scaldarsi.

Un piccolo ragno si dondolava attaccato ad un filo all’entrata della grotta. Quando vide il Bambino Gesù, volle fare qualcosa per lui.

Decise di tessere la sua tela di fronte all’entrata della caverna
per fare una delicata tendina.
Improvvisamente, lungo il sentiero, un drappello di soldati
venne a cercare il bambino per ucciderlo.

Quando stavano per entrare nella grotta dove c’era la famigliola
il comandante notò la ragnatela:

“Lasciate stare lì”, disse, “non vedete che c’è una grossa ragnatela ancora intatta Se qualcuno fosse entrato nella grotta, l’avrebbe certamente rotta”.
I soldati passarono oltre.
Così il piccolo ragno salvò la vita a Gesù,

facendo l’unica cosa che sapeva fare: tessere la ragnatela.

 

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