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TESTO Trattenere o offrire?

don Maurizio Prandi

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno B) (28/12/2008)

Vangelo: Lc 2,22-40 (forma breve Lc 2,22.39-40) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,22-40

22Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – 23come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – 24e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

25Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. 26Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 27Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, 28anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

29«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola,

30perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,

31preparata da te davanti a tutti i popoli:

32luce per rivelarti alle genti

e gloria del tuo popolo, Israele».

33Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. 34Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione 35– e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

36C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, 37era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. 38Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

39Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. 40Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Torna anche oggi il tema della luce... gli occhi di Simeone, capaci vedere la salvezza, la luce necessaria perché Dio possa rivelarsi alle genti. Se la prima e la seconda lettura parlano della promessa, il vangelo ci dice un compimento, perché i verbi non sono al futuro (vedranno la salvezza) ma al passato (hanno visto la salvezza). La speranza è ormai compiuta, il Messia è qui, anche se non ancora completamente svelato. Il bambino che Maria e Giuseppe portano al tempio è la luce di cui tutti i popoli hanno bisogno. E se ci sarà chi non accoglierà Gesù, Simeone rappresenta coloro che desiderano fare spazio a Dio nella loro vita: anch’egli lo accolse tra le braccia...

Torna anche quello che dicevo la notte di Natale sulla luce, luce che è bellezza ma luce che è responsabilità, luce che splendendo illumina certamente, ma splendendo svela e illumina anche le nostre contraddizioni, il nostro rapporto con Dio spesso così laterale, marginale. Il bambino sarà segno di contraddizione, forse è segno di contraddizione proprio oggi nella mia vita, nella vita della chiesa. E’ la luce del mondo, ma una luce contraddetta: cercato e rifiutato, amato e crocifisso, sconfitto e vittorioso, ascoltato e zittito, ascoltato e frainteso, ascoltato e usato per giustificare le nostre scelte. Forse è per questo che nella liturgia di oggi il brano di vangelo è preceduto da due letture nelle quali si insiste in modo particolare sulla fede, perché questa luce, per poter essere accolta, domanda una vita capace di abbandonarsi, di affidarsi.

E’ davvero bella la sintesi della vita di Abramo così come la liturgia oggi ce la propone: dopo aver ascoltato Dio e le sue parole, dopo averle obbedito, ora il suo cammino giunge ad una nuova ed importantissima tappa: Abramo, in questo momento accetta di camminare non solo verso una terra, ma verso un incontro personale con il Signore, un andare in Lui. Entra nella relazione misteriosa con qualcuno che lo chiama, gli parla, lo guida per poi dirgli che non deve avere altra garanzia che Lui, altro desiderio che Lui... o meglio, ogni cosa va desiderata in Lui (comunità SS. Trinità in Dumenza). Ed è bello anche che la promessa giunga in un momento di difficoltà per Abramo, nel quale non gli viene detto che tutto andrà semplicemente bene, perché il luogo della promessa è fuori, nella notte. “Poi lo condusse fuori e gli disse: guarda in cielo e conta le stelle...” solo se abbiamo il coraggio di uscire fuori, nelle nostre notti, possiamo fare la sorprendente esperienza del cielo stellato, e per flebile che sia la luce di stelle così distanti ci è possibile un orientamento persino nel buio dell’incertezza.

La seconda lettura ci ricorda oggi fino a che punto può arrivare la fede di una persona: messo alla prova offrì Isacco, il suo unigenito figlio... lo riebbe come simbolo... bello che anche l’autore della lettera agli Ebrei ci ricordi che nel momento in cui Abramo non trattiene per sé il figlio, ma lo ridona, lo restituisce a Dio, diventa quel padre nella fede punto di riferimento per tanti popoli e religioni.

Questa idea è talmente importante che il vangelo la ribadisce nel raccontarci l’offerta che fanno a Dio anche Maria e Giuseppe: offrendo il loro maschio primogenito al Signore, non solo obbediscono alla Legge, ma più profondamente accolgono la stessa logica di Abramo (comunità SS. Trinità in Dumenza), che come abbiamo detto è la logica della fede. Se è vero, come è vero, che Gesù è un dono gratuito di Dio, loro non possono trattenerlo per sé, per questo lo restituiscono al Signore in gesto che significa anche salvezza per tutta l’umanità. Lo restituiscono a Dio, e adagiandolo tra le braccia di Simeone lo consegnano a tutti gli uomini capaci di attendere, nella luce dello Spirito Santo, la salvezza, la consolazione, la redenzione di Israele.

Mi pare bello anche che nel giorno dedicato alla Sacra Famiglia la chiesa abbia scelto questo brano di vangelo dove si sottolinea la docilità allo Spirito Santo, lo Spirito che fa nascere il desiderio di Dio ed è capace di sostenere un’attesa lunga tutta una vita, Simeone ed Anna sono due anziani al tramonto della loro vita, eppure dentro sono rimasti abbastanza giovani da attendere ancora. Può essere, a volte, che accadano fatti che ci saziano un po’, che ci fanno dire: Ah! Questo è proprio il massimo per me! Nella vita di Simeone ed Anna niente è stato tanto bello da riempirla completamente così da impedire loro di attendere il Messia del Signore. Hanno vissuto non accontentandosi di niente di meno del Signore e della sua consolazione (comunità SS. Trinità in Dumenza).

Possa essere così anche per ognuno di noi, capaci di essere docili allo Spirito, capaci di attendere la visita di Dio, capaci di non accontentarci mai, per non anteporre niente a Lui, l’unico essenziale per la nostra vita.

 

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