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TESTO Devo occuparmi delle cose del Padre Mio

don Romeo Maggioni  

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Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno B) (25/01/2009)

Vangelo: Lc 2,41-52 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,41-52

41I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. 43Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 49Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». 50Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.

51Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. 52E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

É, questa di Gesù, Maria e Giuseppe, una famiglia e una vicenda umana del tutto normale; vissuta però dal Figlio di Dio, da Gesù, e perciò esemplare e paradigmatica. Infatti “egli doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, ..per diventare degno di fede nelle cose che riguardano Dio” (Epist). Che riguardano cioè la riuscita piena, o la verità, dell’unico progetto di Dio sull’uomo e sulla famiglia.

Un Gesù adolescente è quanto mai lezione provocatoria e attuale, per registrare stile e contenuti di quella realtà così decisiva - ma al tempo stesso così tentata di assoluto soggettivismo - quale è la famiglia nella nostra cultura secolarizzata.

E’, fondamentalmente, richiamato il riferimento a Dio, dei figli come dei coniugi, come forma e senso ultimo d’ogni vocazione umana e d’ogni amore coniugale.

1) OGNI VOCAZIONE UMANA

“Scese con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso”. Trent’anni e più Gesù vive la vita quotidiana feriale d’ogni famiglia, la più normale e comune: ragazzo che cresce “in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”. Casa, lavoro, sinagoga, studio.. come tutti. “Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi?” (Mt 13,55-56). Il Verbo si è fatto carne ed è diventato veramente uno come noi: “I figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe” (Epist.). Scrive il Concilio: “Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato” (GS 22).

Questo è il punto: fuorché nel peccato. Cioè a differenza di noi, non emancipato da Dio, ma pienamente obbediente e confidente in lui in tutto. Ne ha già qui piena coscienza, da adolescente: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Momento magico per questo adolescente che si accende d’entusiasmo per la scoperta di Dio e del suo disegno. Gesù è a Gerusalemme ad ascoltare i maestri e a interrogare: “Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava”. Ne rimane entusiasta, si perde in questa ricerca nella gioia di una scoperta affascinante. E’ la scoperta di una identità profonda ben oltre il legame fisico coi genitori. Una predestinazione iscritta nel cuore di ogni uomo – la sua più vera identità di Figlio di Dio - struttura “cristica” che è nel DNA vero della creatura fatta a immagine e somiglianza di Dio. Questo naturalmente avviene in modo sublime in Gesù, che nel suo profondo essere personale è l’autentico “Figlio di Dio”.

“Cresceva in sapienza e grazia”. E’ frutto di un ambiente che lo ha tenuto sano, che lo ha preparato, nella limpidità, alla responsabilità libera di sé. E’, per quel che concerne Gesù, risultato della famiglia di Giuseppe e Maria, come l’ambiente religioso che frequentava, la sinagoga: Gesù è portato a Gerusalemme e scopre la Città santa, il Tempio, le Scritture, delle quali aveva sentito parlare con entusiasmo da piccolo. Ora le scopre lui personalmente fino a rimanerne affascinato. Questo dice tutto lo sforzo che ogni famiglia cristiana deve compiere per tener libero il cuore del ragazzo dal fascino fasullo della televisione e delle mode: è premessa indispensabile per scoprire poi il Dono di Dio. Importanza, quindi, dell’educazione ai valori umani di disincanto e di sensibilizzazione religiosa (cioè apertura al Trascendente come parte essenziale della vita personale). Questa è la “sapienza” che prepara la scoperta e il lavorio della Grazia.

2) VOCAZIONE DI OGNI FAMIGLIA

Del resto la famiglia cristiana, consacrata col sacramento del matrimonio, ha questo radicamento profondo nel mistero stesso di Cristo: “Voi, mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa.. Questo mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa” (Ef 5,25.32). L’amore tra un uomo e una donna nasce.. da un innamoramento, si sostanzia di un atto di libertà come ricerca del bene del coniuge, nella fedeltà e nel dono totale, ma va poi inserito nel disegno di Dio che lo carica di tutta la capacità d’amore e di vita che è in Cristo, perché i coniugi divengano l’uno per l’altro veicolo e strumento di salvezza. Il matrimonio, appunto, come sacramento dell’amore di Cristo per la sua Chiesa; in concreto, in quella chiesa domestica che è la famiglia cristiana.

“I genitori del Signore Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua”. Gente fedele alle pratiche religiose. Più di tutti, avranno detto di Gerusalemme: “Solo in te è Dio; non ce ne altri, non esistono altri dei” (Lett.). Maria e Giuseppe, casalinga lei, artigiano lui, non hanno fatto nulla di straordinario, ma la loro casa era un santuario di Dio. Gente di profonda fede personale: Maria è “la serva del Signore”; Giuseppe è “l’uomo giusto”, sempre attento ad ogni segnalazione dell’angelo a seguire il volere di Dio. Di Maria poi si dice essere donna molto interiore: “Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cure”. Docili a Dio in ogni vicenda domestica, facile e difficile, pieni cioè di fiducia nella sua Provvidenza.

“Ma essi non compresero”. Viene il momento in cui l’adolescente si stacca da casa e rivela una sua vocazione o una sua strada. E’ momento difficile per i genitori, ma è anche il momento del rispetto e del favorire i passi del figlio. La madre non nasconde un rimprovero forte: “Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”. E’ un mistero la vita di ogni uomo, che va rispettato nella sua singolarità, anche quando un figlio lo si ritrova diverso da come lo si sognava. Anche Maria e Giuseppe “non compresero ciò che aveva detto loro”, tanto insospettabile era il destino di quel Figlio così straordinario. Gesù è docile, ma qui rivela anche una sua autonomia, tanto che “si perde” nel tempio. Dice forse la larghezza di vedute di questi genitori, che sanno commisurare richiami e libertà nell’educazione del figlio.

Dio chiama i genitori a questo compito altissimo: di fare dei figli loro affidati, dei figli ed eredi di Dio. A mediare cioè l'azione salvifica di Dio. Non si ribadisce mai abbastanza questa responsabilità.. "destinale" dei genitori nei confronti del proprio figlio. Un giorno il figlio potrà volgersi indietro e dire: "Cari genitori, mi avete dato tanto, ma non l'unica chiave che apre l'eternità, la fede. Voi mi avete imbrogliato sulle cose che contano!". Oltre, naturalmente, ad essere ben coscienti di dover rispettare una "vocazione" dei figli, non visti come proprio possesso ma come dati in affidamento da parte di Dio!

 

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