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TESTO FAMIGLIA, piccola chiesa domestica

mons. Antonio Riboldi

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno B) (28/12/2008)

Vangelo: Lc 2,22-40 (forma breve Lc 2,22.39-40) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,22-40

22Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – 23come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – 24e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

25Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. 26Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 27Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, 28anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

29«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola,

30perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,

31preparata da te davanti a tutti i popoli:

32luce per rivelarti alle genti

e gloria del tuo popolo, Israele».

33Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. 34Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione 35– e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

36C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, 37era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. 38Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

39Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. 40Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Se c'è un immenso bene per tutti noi - genitori e figli - una vera scuola di vita, con la V maiuscola, è il dono della famiglia.

Chi di noi non ha nostalgia della sua famiglia? Del papà, della mamma, dei fratelli?

Nella mia famiglia, con la severità di papà, vera autorità che fa crescere, c'era la dolcezza di mamma (quanta pazienza con noi!) e la gioia turbolenta di essere in sette fratelli.

C'era tanta povertà, che difficilmente oggi si può immaginare, ma compensata da tanto, tanto affetto e tanta fede e rispetto, per cui la famiglia era davvero il bene insostituibile per ciascuno. Quante volte, nelle mie riflessioni, parlo di mamma!

Una famiglia che aveva la sua solidità nel sincero e profondo amore che c'era tra i genitori, anche se provati da tante difficoltà: un amore che non si affidava, come spesso accade oggi, al solo sentimento, che svanisce presto, lasciando quel vuoto che poi uccide l'amore, ma un amore che era decisione ferma di 'amare l'altro, volerlo amare, più di se stessi'.

Ci si svegliava al mattino e tutti, anche se singolarmente, recitavamo subito le preghiere del mattino e terminavamo il giorno con il S. Rosario. Oggi pare che tutto sia divorato dalla TV, dalla corsa al consumismo e Dio trova poco spazio nelle nostre giornate.

Nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, all'articolo 16 si dichiara: “La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto a essere protetta dalla società e dallo Stato”. Già siamo molto lontani dall'attuazione di questo principio etico, universalmente accettato, o almeno così dovrebbe essere!

Ma, soprattutto, da quando la famiglia ha cessato di essere una 'piccola Chiesa domestica', si è approfondita quella crisi che tutti soffriamo.

Ecco dunque che la Chiesa celebra oggi - e molto opportunamente - la Festa della Sacra Famiglia, ossia di Giuseppe sposo, Maria Mamma e Gesù Figlio.

Così la Chiesa descrive mirabilmente la famiglia - al di là di tutte le pericolose sciocchezze che si scrivono oggi -: “L'Autore di tutte le cose (Dio) ha costituito il matrimonio quale principio e fondamento della umana società e con la sua grazia l'ha reso grande sacramento, in riferimento a Cristo e alla Chiesa. I coniugi cristiani sono cooperatori della grazia e testimoni della fede reciprocamente e nei confronti dei figli e di tutti gli altri familiari. Sono essi i primi araldi della fede ed educatori dei loro figli; li formano alla vita cristiana e apostolica con la parola e l'esempio, li aiutano con prudenza nella scelta della loro vocazione e favoriscono con diligenza la sacra vocazione eventualmente in essi scoperta" (AA 11).

Non possiamo nasconderci come lo sbando di tanti ragazzi o giovani, che eufemisticamente si definisce 'sballo', abbia la sua radice proprio da quello che si insegna e testimonia nelle famiglie. Ogni figlio che nasce, dono del Padre e, prima ancora Suo figlio, è un preziosissimo 'racconto di bellezza di animo' che, lentamente, con l'età, sarà chiamato, responsabilmente a formare lo stupendo scenario della santità.

Il giorno in cui un bambino viene presentato alla Chiesa, perché, con il Battesimo, divenga figlio di Dio e quindi membro della grande famiglia celeste, che domani si riunirà in cielo, ai genitori si chiede la promessa di un'educazione alla fede.
Compito primario di mamma e papà non delegabile.

La Chiesa, nelle tappe della vita - la Cresima, il Matrimonio - cerca di verificare e colmare i vuoti educativi. Ci si accorge, tante volte, della grande ignoranza, come se negli anni passati non avessero ricevuto nessuna educazione di 'figli di Dio'.

E per quanti sforzi possa fare la Chiesa, nella catechesi, non potrà mai supplire all'educazione della famiglia. Che grande responsabilità dei genitori!

Sono sempre stato del parere che l'educazione religiosa, che i genitori impartiscono, sia l'atto di carità più grande si possa esercitare, perché si dà 'forma divina alla vità.

Cosi come, venir meno a questo grande compito, è il più grande danno alla vita dei figli ed il più grave peccato, di cui si dovrà rendere conto a Dio e ...ai figli stessi!

È davvero sulla sacralità della famiglia, sul suo compito di catechesi e, quindi, di formazione alla vita secondo Dio, che si gioca la bontà e bellezza di ogni famiglia, ripeto, insostituibile e non delegabile ad altri, neppure all'opera dei catechisti che, pur facendo di tutto per dare un senso spirituale alla vita, non basteranno.

È istruttivo, allora, ciò che l'Evangelista Luca racconta oggi: “Quando venne il tempo della loro purificazione, secondo la Legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino Gesù a Gerusalemme, per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombe. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto di Israele. Lo Spirito Santo che era sopra di lui gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte prima di avere veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò nel tempio: e mentre i genitori vi portavano il Bambino Gesù, per adempiere alla Legge, lo prese fra le braccia e benedisse Dio dicendo: Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele. Il padre e la madre di Gesù si stupirono delle cose che si dicevano di lui. Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazareth. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza e la grazia di Dio era sopra di Lui” (Lc 2, 22-40).

Cerchiamo di imitare l'esempio della Sacra Famiglia, come è descritta dal caro Paolo VI:
“Le lezioni che ci dà Nazareth

lezione di silenzio: rinasca in noi la stima del silenzio, ammirabile e indispensabile atmosfera dello spirito; rinasca in noi questa stima, circondati come siamo da tanti frastuoni e voci clamorose nella nostra vita moderna e supersensibilizzata.

O silenzio di Nazareth, insegnaci il raccoglimento interiore, dacci la disposizione ad ascoltare le buone ispirazioni e le parole dei veri maestri. Insegnaci la necessità del lavoro di preparazione, dello studio, della vita interiore personale, della preghiera che Dio solo vede nel segreto.

Lezione di vita di famiglia: Nazareth ci insegni che cos'è la famiglia, la sua comunione di amore, la sua austera e semplice bellezza, il suo carattere sacro ed inviolabile. Impariamo da Nazareth com'è dolce e insostituibile la formazione che essa dà. Impariamo come la sua funzione stia all'origine e alla base della vita sociale.

Lezione di lavoro: o Nazareth, casa del 'figlio del falegname'. Vorremmo qui comprendere e di qui celebrare la legge severa e redentrice della fatica umana. Qui ricomporre la dignità del lavoro, richiamare qui che il lavoro non può essere fine a se stesso, ma che a garantire la sua libertà e dignità, sono, al di sopra dei valori economici, i valori che lo finalizzano” (5/1/1964 a Nazareth).
Con Madre Teresa di Calcutta preghiamo:

“Padre dei Cieli, ci hai dato un modello di vita nella Sacra famiglia di Nazareth.

Aiutaci, Padre d'amore, a fare della nostra famiglia un'altra Nazareth,
dove regnano l'amore, la pace e la gioia.
Che possa essere profondamente contemplativa,
insensatamente 'eucaristica' e vibrante di gioia.

Aiutaci a stare insieme nella gioia e nel dolore, grazie alla preghiera in famiglia.
Insegnaci a vedere Gesù nei membri della nostra famiglia,
soprattutto se vestiti di sofferenza.

Che il Cuore eucaristico di Gesù renda i nostri cuori mansueti e umili come il Suo.
Aiutaci a svolgere santamente i nostri doveri familiari.
Che possiamo amarci come Dio ama ciascuno di noi,
sempre, ogni giorno,

e saperci perdonare i difetti come Tu perdoni i nostri peccati”.

 

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