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TESTO Il dolore innocente

don Romeo Maggioni  

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Vangelo: Mt 2,13b-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Il fatto è una tragedia tra le tante, purtroppo: la prepotenza del tiranno che non risparmia neanche i bambini. Del resto Erode aveva già ucciso figli e mogli per paura gli portassero via il trono.

La morte di questi innocenti è collegata con Gesù, il quale viene miracolosamente scampato dalla strage. L‘avvenimento è letto dall’evangelista Matteo sullo sfondo delle molte tragedie di Israele, più volte perseguitato, profugo e oppresso, ma sempre salvato da Dio.

Tocchiamo qui il mistero del male, della sofferenza provocata dalla violenza e il dolore innocente che è l’ingiustizia più grande.

Vediamo le risposte di Gesù.

1) DALL’EGITTO HO CHIAMATO MIO FIGLIO

Perseguitato da Erode, Gesù deve fuggire in Egitto; e da lì, morto il tiranno, ritorna salvo in patria. Già Israele, ai primordi della sua storia, era dovuto fuggire in Egitto, e da lì – per opera di Mosè – “dall’Egitto – dichiara il Signore – ho chiamato mio figlio”, ho liberato il mio popolo. Altra volta, deportato schiavo in Babilonia, il Signore aveva fatto ritornare Israele, un Resto almeno, che riprendesse la fedeltà al proprio Dio. Dentro le tragedie e le prove della vita l’uomo che si fida di Dio trova la liberazione e la salvezza; ed anche una sicura giustizia – come afferma Maria nel Magnificat: “Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia” (Lc 1,51-52.54).

Sono già due elementi decisivi. Il primo: Dio salva, Dio opera per la vita, riscatta dalla morte. L’uomo non è solo nelle tragedie; sulla barca sbattuta dalla tempesta Cristo è compagno di viaggio; appena lo si chiama dice: “Taci, calmati!” (Mc 4,39). “E‘ forse la mia mano troppo corta per riscattare oppure io non ho la forza per liberare? Dice il Signore” (Is 50,2). Anzi dalla morte Dio riscatta e fa risorgere: “Chi crede in me, anche se muore, vivrà” (Gv 11,25). Tutta l’opera di Dio è riscatto, persino per il cosmo: “La stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione” (Epist..). Dio è salvatore, purché, naturalmente, l’uomo vi si rivolga, vi si affidi, e non presuma di salvarsi da sé. Qui sta la vera tragedia: nell’autosufficienza e nel peccato!

Secondo elemento: una giustizia - un giudizio inequivocabile – è garantito sopra le violenze e le malvagità della storia. Quella sete di giustizia che alimenta molta anima del mondo - e che spesso viene frustrata da ingiustizie peggiori, magari di segno opposto - è solo Dio ad assicurarla e realizzarla. “Beati voi poveri..., guai a voi ricchi” (Lc 6,20-26). “La mietitura è la fine del mondo.. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente” (Mt 13,39-42). Gesù è esplicito: “Viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna” (Gv 5,28-29). E’ la speranza dei poveri e degli oppressi, e la loro gloria (e rivincita) nel Signore!

2) PER PARTECIPARE ALLA SUA GLORIA

Il dolore stesso in sé ha un valore positivo, nel quadro globale del disegno di Dio. Dio sa, Dio conosce, Dio non è estraneo al dolore dell’uomo, l‘ha provato sulla propria pelle, e soffre come un padre davanti al figlio: “Non è un figlio carissimo per me Efraim, il mio bambino prediletto?..Per questo il mio cuore si commuove per lui e sento per lui profonda tenerezza” (Lett.). Se permette il male è per una purificazione e ne tiene conto come di una prova d’amore meritevole di ricompensa: “Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi” (Epist.); come essenzialmente è stata la prova di Cristo che gli ha meritato la risurrezione. Si tratta, naturalmente, di vivere con lui e come lui la sofferenza: diverremo “coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per parteciparte anche alla sua gloria” (Epist.).

Si inserisce qui il valore del dolore innocente, quale strumento – sempre in unione con Cristo - di corredenzione e salvezza anche per gli altri. Scrive san Paolo: “Do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24). Egli, Cristo, è “l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29), l’innocente “per le sue piaghe noi siamo stati guariti” (Is 53,5). A questa missione di espiazione vicaria chiama il Signore, nell’innocenza e nella immolazione del cuore, quanti vivono la solidarietà soprannaturale propria della “comunione dei santi”, essendo membra di un unico corpo. Don Gnocchi ne aveva fatto il cuore della sua missione: valorizzare il dolore innocente dei suoi mutilatini quale tesoro prezioso di corredenzione in unione con la croce di Cristo. Cose difficili, ma sono le uniche capaci di riscattare l’inutilità e l’assurdità della sofferenza umana.

Si giunge così anche a dire grazie – nel prefazio – a Dio che sa trarre il bene anche dal male: “Veramente infinita è la bontà del Signore che non permette venga meno la ricompensa a coloro che, pur senza saperlo, sono stati uccisi per lui; nel sangue in cui sono immersi si compie il lavacro che li rigenera, e viene donata loro la corona del martirio”. Si tocca così un altro tema misterioso: “pur senza saperlo”, il dolore innocente è salvifico. O anche il solo dolore stesso, per il fatto che Cristo s’è unito all’uomo e ha fatto suo ogni momento dell’uomo, riscattandolo. Forse non è solo saggezza popolare quella che dice: “Ha tanto sofferto, .. Dio non può non tenerne conto!”. Il che offre prospettive di grande speranza anche a chi non sempre giunge alla consapevolezza esplicita di essere congiunto al Getsemani di Gesù! Forse il Capo supplisce le membra.

Il Natale è festa di un Bambino che nasce, è festa di ogni bambino che – nonostante tutto – Dio non si stanca di donare al mondo. Ci richiama la loro dignità, l’innocenza da rispettare, perché Dio è loro padre e tutore, come lo è di Gesù, “primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29). In tempi in cui si scoprono con sorpresa nuove forme di strage degli innocenti, il Natale mobiliti i credenti a difesa di ciò che di più prezioso l’umanità possiede, il suo domani posto in radice nei bambini che nascono oggi.

 

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