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TESTO Il deserto e la Voce

padre Gian Franco Scarpitta  

III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (14/12/2008)

Vangelo: Gv 1,6-8.19-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

19Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». 20Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». 21Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. 22Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23Rispose:

«Io sono voce di uno che grida nel deserto:

Rendete diritta la via del Signore,

come disse il profeta Isaia».

24Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

A chi gli domanda chi egli sia, Giovanni risponde: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore”. Il profeta Isaia, a cui il Medesimo si richiama afferma: “Nel deserto, preparate la via del Signore”; e questo ci invita ad una riflessione sentita e profonda, che è quella della nostra situazione di deserto, nella quale Dio intende innanzitutto manifestare la sua VOCE per poi invitarci all’ascolto della sua Parola, che, soprattutto nel Verbo Incarnato, sarà un dato definitivo e articolato.

Guardiamoci attorno: la situazione di questo nostro secolo presente è proprio quella del deserto, ossia dell’angoscia e della dispersione personale nella quale ci troviamo, sia pure inconsapevolmente, in conseguenza della nostra lontananza da Dio. Il deserto, che nella Bibbia si configura come luogo di precarietà e di sofferenza, è anche allusivo alla nostra debolezza e al malcontento che ci procuriamo noi stessi con la scelta del peccato, o se vogliamo che ci procura la struttura sociale stessa che molte volte si configura come “struttura di peccato” in quanto dimensione nella quale, inevitabilmente, siamo costretti a procedere contro corrente e ad adeguarci a una morale subdola e tendenziosa.

Il nostro tempo è infatti quello della moda dell’anticostume e dell’anticlericalismo, nella quale sembra che sia diventato scontato avversare il clero, ma quello che è più grave pare sia giustificata e razionalizzata la tendenza a screditare l’importanza dei valori e della formazione etica, sacrale e religiosa. E’ mia esperienza personale che vi sia anche chi “evangelizza in senso contrario”, predicando in modo artificioso e precostituito l’ateismo e la miscredenza come valori effettivi da sostituirsi alla fede e alla trascendenza poiché si ritiene che la religione e la via ecclesiale siano solo una sorta di illusione psicologica e molte volte questo avviene nella forma più fanatica e intollerante, come nel caso di certe propagande anticattoliche che invitano tutti allo “sbattezzo” (comunicare alla parrocchia che non ci si vuol definire più credenti).

C’è chi tende ad inficiare l’idea (meschina e infondata) che il cristianesimo sia nient’altro che una vecchia religione pagana già professata secoli prima di Cristo e che lo stesso Gesù altri non sia che una di queste divinità fittizie (vedi il Mitraismo) e non è rara poi la formulazione, da parte di certi gruppi intolleranti ed estremisti, di una sorta di “ultimatum” alla Chiesa Cattolica perché si appresti a rivedere le proprie concezioni in campo di morale sessuale ai fini di ottenere una minore “rigidità” nella purezza e nella castità e questo non per ragioni razionalmente attendibili o per motivazioni che abbiano una qualsiasi fondatezza logica, ma semplicemente per una volontà di emancipazione presunta in vista di un libertinaggio sessuale e di una sregolatezza quanto al piacere e all’effimeratezza.

Come affermava tempo addietro il Card Bagnasco, la persecuzione dei cristiani non è affatto terminata e non si verifica solamente in India o nell’Oriente cristiano. I “nemici” e gli “avversari” li abbiamo proprio a casa nostra.

Tutto questo ci rende l’idea di come il peccato oltre che essere un dato di fatto molte volte è una cultura, una risorsa alla quale ci sia affida, un partito preso ma non ci si rende conto di come esso comporti rovinio e distruzione nella persona del singolo e nella nostra collettività odierna che infatti presenta tutt’oggi non pochi esempi di libertinaggio autolesionistico e di distruzione, sempre dovuti alla conseguenza del peccato: da cosa provengono, infatti, le continue “morti bianche” sul lavoro se non dalla mancata considerazione della tutela dei diritti e dell’incolumità del lavoratore, inteso come persona e come soggetto umano prima ancora della sua utilità professionale? Anche le riviste laiche hanno dato colpa al profitto e alla volontà di guadagno immediato quanto al verificarsi di simili fenomeni incresciosi; da dove scaturisce il morbo dell’aids se non dalla sregolatezza dei rapporti sessuali contro etica e molte volte contro razionalità? Da dove derivano i continui conflitti sociali e le mancane di ogni tipo, aberranti episodi di violenza e di cattiveria se non dalla volontà di affermare se stessi al di sopra degli altri e di imporre le proprie volontà?

Insomma, siamo più che mai nel deserto reso ingannevole dal frastuono dei nostri tempi.

Nel deserto però Dio continua a manifestare la sua voce, cioè la sua presenza, non si stanca mai di provocarci e di indurci alla considerazione del suo amore nei nostri riguardi, alla presa di coscienza che e sue vie sovrastano le nostre vie e i suoi sentieri non sono paragonabili ai nostri; egli ci predispone a renderci conto che l’effimero non è affatto utile e che l’essenziale è sufficiente per noi e per gli altri e ci invita ad uscire da noi stessi per trovare Lui, comunque sempre a portata dell’uomo. Dio vuole partecipare della nostra vita e della nostra esperienza quotidiana, entrare nelle dimensioni del vissuto di tutti i giorni non per essere considerato un importuno ma per mostrare che il peccato è inopportuno e quindi convincerci di Lui.

Siamo invitati ad uscire dal deserto e dello smarrimento che noi ci prefiggiamo per ambire alla Luce. Giovanni, che ripetutamente nel suo brano di Vangelo e nella sua Prima Lettera ricorre ai termini “testimoniare” e “confessare” vuole appunto rendere testimonianza alla Luce che è Cristo, la Voce nonché la Parola che si è fatta uomo e invitarci a considerare la Voce per ascoltare la Parola; egli ci predispone Cristo Verbo del Padre nonché alla sapienza che procede solo da Dio. La sua testimonianza è verace ed è determinante per la nostra vita e per la nostra salvezza perché, come dicevamo anche la volta scorsa, dalla conversione scaturisce la nostra fede e da questa la vita piena.

A Giovanni non si attribuisce superiorità alcuna nei confronti di Cristo e la sua comparsa non assume connotati di grandezza né carattere alcuno di preponderanza sul mondo; piuttosto la sua funzione è subordinata e vicaria, essendo egli mandatario di Dio del compito definito di "rendere testimonianza alla luce" ossia indicare a tutti Colui che conduce alla verità e alla vita vera essendo il Verbo eterno di Dio che si rende carne per entrare nella storie e divinizzarla.

In assenza di una fonte luminosa che ci orienti mentre al buio stiamo camminando verso un determinato luogo, procederemmo sempre a tentoni rischiando di urtare contro stipiti e corpi contundenti, rimediando ecchimosi e contusioni senza raggiungere di fatto il sito che ci interessa: analogamente senza la luce di Cristo non si può arrivare a Dio e familiarizzare con lui, poiché Cristo, Verbo del Padre si incarna ai fini di condurci al Padre attraverso un linguaggio del tutto umano e comprensibile.

Proprio come adesso Giovanni rende testimonianza della luce, Gesù affermerà di essere venuto a rendere testimonianza alla verità" (Gv 18, 37) e questo rende ancora più, marcata l'idea della necessità del Battista in rapporto alla conversione in vista dell'accoglienza del Salvatore.

Accompagnati e spronati dal Battista, anche noi comprendiamo l'importanza della conversione interiore per comprendere la priorità di Cristo nella nostra vita e di tale processo ci viene offerta l'opportunità in questo tempo di Avvento ormai vicino alla Festa del Natale, nel quale siamo invitati ad abbandonare le nostre presunzioni personali di autosufficienza e di salvezza riconoscendo il carattere vano e illusorio della vita nel peccato e la vacuità e insensatezza a cui conduce la nostra lontananza da Dio; a convincerci che solo nel Trascendente (appunto perché non terreno e illusorio) è possibile raggiungere ideali, obiettivi e mete di salvezza e a predisporre il nostro spirito nell'accoglienza della verità che verrà a visitarci nello stesso Dio che si rende Bambino per condividere la nostra storia e aiutarci a superarne le lacune e le miserie.

 

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