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TESTO Regnare è servire e morire

padre Gian Franco Scarpitta  

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) - Cristo Re (23/11/2008)

Vangelo: Mt 25,31-46 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Gesù si definisce “re” e questo è il motivo per cui i Romani accettano le decisioni giudaiche di vederlo a morte. Probabilmente vedono in lui un possibile sobillatore, un rivoluzionario atto a rovesciare il sistema vigente con il grandissimo seguito di discepoli che si è creato attorno.

Eppure il regno di Gesù si allontana moltissimo dalle concezioni politiche proprie di questa terra. Egli stesso aveva affermato che il regno di Dio non è una esperibile per mezzo della conoscenza sensoriale e nessuno può affermare a proposito di esso: “Eccolo lì ed eccolo là”, giacché questo Regno non è di questo mondo. Gesù lo afferma categoricamente quando viene interrogato da Pilato che gli domanda: “Tu sei re?”. In quell’occasione egli infatti risponde: “Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei” (Gv 18, 37 - 38). Se infatti il Regno si configurasse con i modelli della politica terrena secondo i sistemi e i modelli di potere a noi ben noti, a Gesù sarebbe stata garantita l’incolumità fisica e la libertà e sarebbe stato certamente liberato dalle insidie di coloro che lo stavano arrestando perché avrebbe usufruito di tutte le protezioni e le garanzie che una collocazione di alto livello è sempre stata in grado di offrire; invece, nonostanete avesse avuto modo di difendersi e di debellare i suoi avversari, Lui adesso è stato catturato e condotto davanti al procuratore romano e al cospetto dei Sommi Sacerdoti Giudaici appunto perché perché il suo Regno è ben lungi anche dal mostrare le sicurezze di questa terra poiché appartiene alla sfera del divino. Esso ottempera al disegno di salvezza che il Padre ha impostato su di Lui: quello di dare la vita per gli altri non disdegnando le amarezze della tortura, del flagello, degli insulti e anche della morte cruenta sulla croce.

Che tipo di regno è allora quello di Gesù, se non appartiene a questo mondo? Che significa insomma per Lui regnare?

Lo spiegano le stesse opere compiute da Gesù a beneficio degli infermi, degli storpi, dei non vedenti e dei morti e anche i suoi atti di dominio sul male e sulle tenebre che si realizzano nella pratica degli esorcismi: tutte opere che attestano l’amore del Padre nei confronti dei suoi figli, la liberazione dal peccato e il riscatto dell’uomo per il recupero della sua dignità personale e che descrivono il regno di Dio come la presenza di Dio negli atti di Cristo. In queste opere Gesù si rende servitore dell’uomo ed esercita un governo fondato sulla giustizia universale, la pace, l’amore, la concordia il quale possa instaurarsi non già per mezzo della lettera morta dei codici e delle leggi ma nella dimensione interiore dell’uomo, nel cuore dell’uomo. Il suo regno riguarda insomma la nuova dimensione di pace e di giustizia che Lui è venutro ad apportare con la sua incarnazione e che interpella nient'altro che lo spirito umano imprimendo nella nostra sola sensibilità. Cristo regna insomma perché ama, serve, dona e comunica se stesso in ogni atto e in ogni singolo insegnamento e il banco di prova di questo regno sono le sue opere.

Massima espressione di questo servizio di Cristo è l’immolazione sulla croce che lo rende reale ed effettivo poiché proprio in questo evento avviene che la sua regalità assume connotati definitivi di salvezza per tutti; ecco perché avviene l’opposto di quanto si verifica per tutti coloro che assumono un ruolo di guida e di governo: Gesù non viene difeso dalla ferocia dei suoi aguzzini ma il Padre consente che vi venga esposto affinché proprio la tortura, il supplizio, l’umiliazione e finalmente la morte di croce possano palesare a tutti la vera identità di Cristo Re dell’universo come il Signore che regna nel servizio e nell’immolazione di se stesso per i suoi sudditi e non già come il tiranno che spadroneggia o come il monarca elevato a grandezze e altezzosità. E’ appunto proprio nei momenti della passione – facciamoci caso – che Gesù si mostra re incontrastato e invitto secondo i disegni divini e proprio lo spirare della croce conseguente alle agonie e alle vessazioni lo vedono esercitare il suo regno, perché è appunto nella misura in cui si serve che si regna, ma quale espressione di servizio più eloquente del consegnarsi alla morte deliberatamente e senza reazioni o repulsioni?

Cristo è re in quanto Dio e Signore sotto il quale ogni cosa si ricapitola e verso il quale convergono tutti gli elementi cosmici, essendo egli l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine di ogni cosa e trovandosi al centro della creazione, tuttavia il suo regnare è un’attitudine a servire fino a dare la propria vita per tutti.

Anche noi siamo chiamati a partecipare di questa regalità di Cristo e come afferma San Paolo siamo anche introdotti nello stesso regno come regnanti insieme a lui, per l’esercizio del dominio della pace e della giustizia e per dirla con Grun questo avviene quando noi siamo disposti a rinunciare al nostro regno mondano e a scongiurare anzi che il mondo possa impossessarsi di noi: “ Anch’io posso dire: ‘Il mio regno non è di questo mondo’. Esiste una parte di me sulla quale il mondo non ha potere. Esiste dentro di me una dignità regale, che nessuno mi può prendere: il mio ‘regno interiore’. La dove sono completamente me stesso, la sono invulnerabile. Là infatti c’è Cristo con la sua potenza regale”. per regnare con Cristo occorre quindi allontanare da noi stessi quella tendenza che ci propria in quanto soggetti umani che ci induce a far prevalere in noi tutto quello che è proprio dell’effimeratezza e della caducità mondana soprattutto il peccato, la cattiveria, l’orgoglio e la presunzione che inducono a costruire attorno a noi l’antitesi al regno di Dio.

Il che corrisponde ad immedesimarci nello stesso Cristo mentre serve e si dona e soprattutto mentre viene messo in croce e sparge il suo sangue: servire il prossimo è infatti regnare con lui e in conformità di lui e conseguire poi la meta medesima della resurrezione.

L'esercizio dell'autorità e di qualsiasi incarico politco, amministrativo e comunque riguardante la collocazione di alcuni al di sopra della massa non può prescindere dalla figura di Gresù Re Universale che si sacrifica per gli altri poiché chi ha responsabilità di governo non può esulare dai propri doveri di respondsabilità in vista del bene comune soprattutto del procacciamento della giustizia e dell'armonia fra i cittadini o fra i membri di un gruppo o di una associazione a loro affidata: il governo è immolazione per la tutela degli interessi altrui e per la ricerca del vero e del bene anche attraverso legiferazioni appropriate che rispettino l'equità e l'uguaglianza e peima ancora la salvaguardia della vita sin dal primo concepimento e la tutela della dignità dell'uomo poiché nessuna autorità è mai legittima fintanto che esclude ogni sforzo per il bene degli altri.

 

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