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TESTO Commento su Matteo 25,14-30

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XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (16/11/2008)

Vangelo: Mt 25,14-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 25,14-30

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito 16colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. 17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 22Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. 23“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 24Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. 25Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. 26Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. 28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. 30E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.

Forma breve (Mt 25,14-15.19-21):

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

NESSO LOGICO TRA LE LETTURE

Lavorare per dare frutto nel Regno di Dio: in questa frase si condensa la liturgia di questa domenica. Far fruttificare i talenti ricevuti, qualunque ne sia la quantità, per realizzare l'incarico del quale ci si chiederà conto poi (vangelo). Lavorare per fare il bene nel timore di Dio, come la donna buona e attiva del libro dei Proverbi (prima lettura). Lavorare, non dormire, poiché siamo figli del giorno e della luce, (tempo in cui si può lavorare), e non della notte ne delle tenebre (seconda lettura).


MESSAGGIO DOTTRINALE

1. La spiritualità del lavoro

Il lavoro non è un castigo divino, né un'attività imperiosa di sopravvivenza, ma un dono di Dio perche l'uomo si realizzi nella sua piena umanità. Il lavoro non è nemmeno opzionale, ma un dovere e un diritto, una legge inscritta da Dio nel nostro certificato di uomini e di battezzati. Il cristiano lavora, a immagine di Dio e a immagine di Gesù Cristo, che sempre lavorano (Gv 5,17). Di Gesù ci dirà il Concilio Vaticano II: "Lavorò con mani d'uomo". Ecco come il lavoro mette in luce la superiorità e la signoria dell'uomo sulla creazione, e la subordinazione della creazione al bene materiale e spirituale dell'uomo; è un peccato di lesa umanità anteporre la creazione all'uomo, senza, tuttavia, che cessi di essere una verità il fatto che l'uomo debba agire sulla creazione con responsabilità e tenendo conto del bene integrale di se stesso e dell'umanità presente e futura. Se il lavoro è un dono, lo sono anche gli strumenti (qualità, abilità, attitudini, circostanze, relazioni...) che Dio concede a ciascuno per portare a compimento il proprio lavoro. La spiritualità del lavoro ci permette di vedere la vita come missione, come il tempo limitato da Dio per realizzare il compito che Egli ci ha affidato.

2. Le dimensioni del lavoro

C'è la dimensione credente del lavoro: lavoro perché credo. Credo che Dio mi ha dato un lavoro da realizzare per vivere; credo soprattutto nel valore redentore del lavoro, unito al mistero di Cristo redentore. Altra dimensione è quella psicologica: il lavoro è la via di sviluppo delle proprie attitudini e qualità, è via di soddisfazione dopo il lavoro ben fatto, è, in definitiva, via di realizzazione personale. Non può mancare la dimensione etica, cioè la sottomissione volontaria e, se è possibile, gioiosa, alla legge "naturale" del lavoro, al dovere di porre in gioco tutti i nostri "talenti" per servire meglio la società e i nostri fratelli, gli uomini, senza distinzione di credo né di razze.

Infine, teniamo conto della dimensione spirituale. Il lavoro non è soltanto abilità e fatica, è innanzitutto fonte di virtù e cammino di santità. Mediante il lavoro, lo spirito umano si affina sempre di più, si apre alla provvidenza divina che non cessa di agire nel mondo, riconosce la sua competenza e allo stesso tempo la propria limitazione e piccolezza di fronte alla grandezza dell'opera di Dio creatore e di Gesù Cristo redentore.


SUGGERIMENTI PASTORALI

1. Nemico della pigrizia

Ogni uomo, e a maggior ragione ogni cristiano, deve essere nemico della pigrizia. Pigrizia intesa come non fare ciò che si ha l'obbligo di fare, come perdita volontaria e irresponsabile del tempo, come lasciarsi trascinare dall'inclinazione all'inattività: "Questo riposare dalla stanchezza di aver riposato". Una cosa è il legittimo riposo, che ciascuno deve cercare di procurarsi, e altra è la pigrizia, che ciascuno deve cercare di sfuggire con decisione. Il legittimo riposo è volontà di Dio, la pigrizia è un vizio. Il legittimo riposo restaura le forze perdute col lavoro, la pigrizia non fa altro che incrementare la tendenza alla pigrizia. I campi in cui possiamo lasciarci trasportare dalla pigrizia sono molteplici: gli studenti, soprattutto nel lavoro e nei compiti scolastici, con il risultato di esami non fatti o sospesi e il conseguente dispiacere dei genitori; e i membri della famiglia mostrandosi poco disposti ad effettuare i lavori domestici, che ciascun membro svolge secondo un programma espresso o tacito nell'ambito di una determinata famiglia; i funzionari e i professionisti, nel loro lavoro professionale: giungere tardi al lavoro, fare il meno possibile nel massimo tempo, scuse e giustificazioni "illegali" per non andare qualche giorno in ufficio...

2. Lavorare per aiutare e condividere

Si lavora per condividere, innanzitutto, con la propria famiglia, la paga ricevuta o i beni prodotti. Inoltre, si pub condividere e aiutare la società, soprattutto i più bisognosi e abbandonati dalle istituzioni sociali. Lavorare anche studiando, istruendosi, facendo corsi di catechesi ed altro per condividere la propria fede (qualcosa a cui non possono rinunciare senza danno per i figli i padri di famiglia, gli educatori dei bambini e degli adolescenti...). Lavorare nella parrocchia, che è la famiglia di tutti coloro che ad essa appartengono, e in cui tutti sono necessari e hanno un compito da svolgere. Lavorare in grandi e piccoli progetti, propri o di altre persone, per cambiare in meglio quanto ci circonda mediante uno sforzo comune e costante per raggiungere il livello di ecologia morale e spirituale che si desidera. Lavorare per cercare, creare fonti di lavoro per tanti giovani che non lo trovano e desiderano avere il loro primo lavoro.

 

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