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TESTO Comunità talentuose

Paolo Curtaz  

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (16/11/2008)

Vangelo: Mt 25,14-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito 16colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. 17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 22Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. 23“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. 24Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. 25Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. 26Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. 28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. 30E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.

Forma breve (Mt 25,14-15.19-21):

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

Verrà, il Signore, nella pienezza dei tempi.

Tornerà solo quando noi tiepidi discepoli saremo riusciti a costruire un pezzo di Regno, senza presunzione, senza chiusure, senza arroccamenti.

Verrà e regnerà nella pienezza, su di noi che ora viviamo nella parzialità.

In questo tempo fra ora e allora, possiamo diventare succursali del Regno, testimoni del risorto. Mettendo a frutto i doni che ci sono stati donati, mettendo a frutto i nostri talenti.

Talenti

La parabola di oggi ci svela come il vangelo abbia talmente inciso il pensiero occidentale da modificarne il linguaggio. Quando una persona è capace, ha delle risorse, diciamo che ha "talento", senza sapere che il talento è la famosa moneta affidata ai servi della parabola.

Abbiamo dei talenti, dunque, e questa è una bellissima notizia: chi più, chi meno, ad ognuno è affidato un capitale da far fruttare, una risorsa da mettere a disposizione.

Tutti, senza eccezioni, possediamo dei talenti: anche quelle persone che non riescono ad accorgersene o che - peggio - passano il tempo ad invidiare i talenti degli altri nascondendo il proprio sottoterra.

È difficile accorgersi dei propri talenti, siamo tutti pronti a sottolineare i nostri difetti, ma facciamo fatica a guardare con obiettività alle nostre qualità.

Eppure il Signore è categorico, su questo tema. È ovvio che possediamo dei talenti, non ci sono ragioni per dubitarne. Spesso, tra i cattolici, trovo persone che confondono l'umiltà con la depressione, e che giocano a fare i modesti seppellendo, di fatto, il proprio talento nel terreno.

Il Signore ci chiede di prendere coscienza delle nostre qualità per metterle a servizio degli altri, per metterle a servizio del Regno che avanza.

Mettiamo a frutto i nostri talenti, individuiamoli e poi doniamoli ai fratelli.

Non si tratta di diventare dei premi Nobel della medicina, per carità!

Magari riconosco come un dono la capacità di pazientare, o di ascoltare, o di perdonare, il mio buonumore, la mia sincerità, la mia capacità di accorgermi degli altri, e, con semplicità, ne faccio dono agli altri. Ricordate Giovanni il Battista? Il più grande tra gli uomini (giudizio di Gesù!) dice di sé, interrogato dai farisei: "Io sono voce". Un po' pochino, no?

No: Giovanni ha scoperto di essere "voce", voce prestata alla Parola di Dio, voce messa a sua disposizione. Bellissimo!

Grandi donne, grandi uomini

La splendida pagina del libro dei Proverbi ci dipinge il modello di una donna virtuosa secondo i canoni dell'antichità ebraica. A noi, oggi, specialmente alle donne lettrici!, questa descrizione fa sorridere, e, forse, urta. Eppure c'è una profonda verità dietro il ritratto della donna virtuosa dedita al lavoro: il mondo ebraico, diversamente da come ci immaginiamo, valorizza il ruolo della donna e chiede al marito (duemilatrecento anni fa!) e ai figli di riconoscerne il talento.

Di più: i talenti da far fruttificare non consistono solo in eventi strepitosi, in gesti eclatanti.

Ci sono persone completamente assorbite dalla propria vita che non hanno la possibilità o la capacità di mettersi a servizio dei poveri e dei malati: nel loro modesto impegno quotidiano, dice la Scrittura, realizzano il proprio talento.

Possiamo realizzare il Regno senza compiere nulla di strepitoso, perché, agli occhi di Dio, vale il cuore, non il risultato.

Animo sorella che hai vissuto tutta la vita per i figli! Coraggio sorella inchiodata ad un letto di sofferenza! Gioisci fratello che hai sempre dovuto accettare gli scarti dalla vita!

Il nostro mondo, falso e ipocrita, ci fa credere di contare, di potere, di riuscire. E i giovani spesso si illudono, credendo che il futuro e il mondo siano loro.

Si sbagliano: il futuro e il mondo sono di quattro arroganti che non vogliono cederne neanche un millimetro.

La Parola, allora, ci sprona: metticela tutta per riuscire a realizzare il tuo sogno, ma sia che tu ci riesca, sia che tu lo fallisca, sarai giudicato sull'amore. E tutti possiamo amare. Tutti.

È significativo il fatto che la pagina del vangelo di oggi precede quel gigantesco affresco che è il giudizio universale, dove Gesù chiede di essere riconosciuto nell'affamato, nel povero, nel carcerato. È un talento enorme quello di riconoscere Gesù nel volto dei fratelli!

Di più: san Paolo ci invita a vegliare, a stare desti. In un mondo narcotizzato e sazio, stanco e convulso, è già una gran cosa non omologarsi, ragionare con la propria testa.
E con il vangelo in mano.

Comunità di talentuosi

Nell'attesa del ritorno del Signore corriamo il rischio di stancarci, di tenere basso il profilo, di attendere senza operare. Come il servo idiota della parabola, spesso seppelliamo i nostri talenti o li mettiamo in contrapposizione gli uni con gli altri. Siamo ancora lontani dal valorizzare, nelle nostre stanche comunità, i talenti di ognuno.

La logica del mondo chiede di essere produttivi, aggressivi, decisi, forti, per spaccare il mondo, per conquistare mercati e danari. Nella logica del Regno ciò che conta è amare e ciascuno, anche la persona anziana, anche il fratello inabile, diventa una risorsa estrema nel mercato del cuore inaugurato dal Maestro, là dove sono beati i poveri e i sofferenti.

Gesù non sopporta un atteggiamento rinunciatario e lamentoso da parte delle nostre comunità, ma ci invita ad essere operosi e fecondi, non nella logica del mondo (non siamo una holding del sacro!) ma nella direzione della condivisione evangelica e della Profezia.

È possibile, amici: le nostre Parrocchie, smarrite nelle profondità della provincia o anonime tra anonimi caseggiati delle nostre periferie, sono chiamate a diventare volto povero della presenza di Dio.

Povero perché fatto da noi, perché composto da fragili discepoli, ma piene di speranza perché orientate alla venuta dello sposo...

Buona settimana, intenti a far fruttare i nostri talenti, amici!

Esce in questa settimana nelle librerie cattoliche il terzo e ultimo volume di raccolta dei commenti di Paolo Curtaz apparsi su questo sito, dal titolo "La Parola incarnata", per le edizioni san Paolo.

Uno strumento utile per chi vuole avere in cartaceo un aiuto per prepararsi e preparare alla celebrazione domenicale.

Libri di Paolo Curtaz

 

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