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TESTO Commento Giovanni 20,19-31

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II Domenica di Pasqua (Anno B) (27/04/2003)

Vangelo: Gv 20,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

NESSO TRA LE LETTURE

Gli Atti degli apostoli (prima lettura) ci descrivono l'ambiente della prima comunità cristiana. Una comunità dove c'era comunione di pensieri e sentimenti; una comunità dove c'era un'intima predilezione per il prossimo e, soprattutto, una comunità che dava testimonianza della Resurrezione del Signore.

La prima lettera di san Giovanni, scritta verso la fine del primo secolo, quando già la comunità cristiana aveva attraversato diverse e dolorose prove, rammenta che "chi è nato da Dio", cioè, colui che ha fede, ha vinto il mondo. Per vincere il mondo, bisogna credere nel Figlio di Dio (seconda lettura). Il vangelo ci mostra la fede ancora incredula di Tommaso e il suo giungere ad una magnifica confessione della divinità del Signore. La "fede in Gesù risorto" può essere oggi il tema che unifica le letture, offrendo unità alla nostra meditazione.

MESSAGGIO DOTTRINALE

1) Chiunque è nato da Dio vince il mondo

La prima lettera di Giovanni guida in questo momento la nostra riflessione. La lettera, come si sa, è stata scritta per contrastare gli eretici che erano sorti all'interno della stessa comunità cristiana alla fine del primo secolo: i gnostici.

Questi presumevano di possedere la conoscenza di Dio, di essere al di sopra del peccato e aldilà di qualsiasi norma morale. Da un lato, i gnostici pensavano che Cristo fosse un essere celeste che si era unito a Gesù, ma che non era il Verbo di Dio incarnato: uno e medesimo. Dall'altro, pensavano di essere illuminati direttamente da Dio e che la loro condotta morale non avesse la benché minima importanza. La lettera di Giovanni reagisce fortemente davanti a tale visione.

Da un lato, sottolinea la fede della Chiesa, la "nostra fede", cioè che Gesù è il figlio di Dio. La lettera evidenzia la verità profonda dell'incarnazione del Verbo di Dio. Dall'altro, fa notare che la fede va accompagnata dalla vita e dalle opere. È un inganno credersi padroni della verità per poi vivere una vita moralmente dissoluta, come se non ci fosse relazione vincolante tra verità e libertà.

Possiamo dire che la prima lettera di san Giovanni è di grande attualità, vedendo la situazione della Chiesa e del mondo contemporanei. Sono sorti anche in questi tempi molti pensieri eretici all'interno della Chiesa. Pensieri eretici riguardo al dogma e alla morale della Chiesa.

Il Santo Padre Giovanni Paolo II nella sua enciclica Veritatis Splendor dice: "Oggi, però, sembra necessario riflettere sull'insieme dell'insegnamento morale della Chiesa, con lo scopo preciso di richiamare alcune verità fondamentali della dottrina cattolica che nell'attuale contesto rischiano di essere deformate o negate.

Si è determinata, infatti, una nuova situazione entro la stessa comunità cristiana, che ha conosciuto il diffondersi di molteplici dubbi ed obiezioni, di ordine umano e psicologico, sociale e culturale, religioso ed anche propriamente teologico, in merito agli insegnamenti morali della Chiesa. Non si tratta più di contestazioni parziali e occasionali, ma di una messa in discussione globale e sistematica del patrimonio morale, basata su determinate concezioni antropologiche ed etiche.

Alla loro radice sta l'influsso più o meno nascosto di correnti di pensiero che finiscono per sradicare la libertà umana dal suo essenziale e costitutivo rapporto con la verità" (Lett. Enc. Veritatis splendor, n.4). E più avanti il Papa aggiungerà che ci troviamo davanti ad una " vera crisi, tanto gravi sono le difficoltà che ne conseguono per la vita morale dei fedeli e per la comunione nella Chiesa, come pure per un'esistenza sociale giusta e solidale".

Questa domenica di Pasqua ci sprona, dunque, a rinnovare la "nostra fede che vince il mondo". Una fede che è soprattutto credere in Gesù Cristo, figlio di Dio che si fece carne nel seno della Santissima Vergine, che predicò, soffrì, morì e resuscitò per la nostra salvezza. Una fede che è stimare in tutta la sua profondità il mistero dell'incarnazione. Come la prima comunità viveva intensamente la sua fede in Cristo risorto, e dava testimonianza di essa davanti ad una società pagana e gnostica, così oggi sta a noi dare testimonianza di quella stessa fede.

Tocca a noi trasmettere alle future generazioni la purezza della dottrina e la rettitudine delle abitudini. "Chiunque è nato da Dio vince il mondo". In questa affermazione dell'epistola di san Giovanni troviamo un invito profondo a ritornare alla radice della nostra fede. Nascere da Dio significa ricevere la fede, ricevere il battesimo e con esso la grazia e la filiazione divina.

Il mondo si presenta qui come quella serie di atteggiamenti, comportamenti, modi di pensare e di vivere che non provengono da Dio, che si oppongono a Dio. Cristo stesso aveva detto ai suoi apostoli: "voi siete nel mondo, ma non siete del mondo". Perciò, vincere il mondo significa "conquistarlo per Dio", significa "restaurare tutte le cose in Cristo, pietra angolare"; significa dare il giusto valore al mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio.

Per Incarnazione intendiamo il fatto che il Figlio di Dio abbia assunto natura umana per portare a termine per essa la nostra salvezza. In Cristo, Verbo di Dio fatto carne, noi cristiani vinciamo il mondo. Egli ha stabilito un "admirabile commercium": egli prese da noi la nostra carne mortale, noi abbiamo ricevuto da lui la partecipazione alla natura divina.

Come san Giovanni invitava la comunità primitiva ad affermare la sua fede nel Figlio di Dio, che è venuto realmente nella carne, così oggi noi siamo invitati a riaffermare la nostra fede in Cristo, nel quale ci è concessa la salvezza (cfr. 1Ts 5,9), e l'accesso al Padre (cfr. Ef 2,18), perché non c'è un altro nome sotto il quale possiamo essere salvati, (cfr. At 4,12). D'altra parte, Giovanni invita i suoi lettori a non separare la loro fede dalla propria vita e dalle proprie opere, pericolo che viveva la comunità di allora, e rischio che corre oggi la nostra comunità cristiana. Si tratta, dunque, di amare Dio e osservare i suoi comandamenti.

Tentiamo di scoprire nella norma morale che viene da Dio, e si manifesta a noi attraverso la Chiesa, non una imposizione esteriore, bensì la "verità più profonda delle nostre vite". Quel che ci condurrà ad una piena vita cristiana, quello che trionferà sul mondo.

SUGGERIMENTI PASTORALI

1) L'impegno cristiano

La figura di Tommaso, detto l'"incredulo" ci stimola nella nostra vita cristiana a vivere con un maggiore impegno. Tommaso ha difficoltà a credere che Gesù sia resuscitato. È una verità di tale grandezza e così piena di implicazioni che non riesce ad accettarla sia per paura, sia per l'immensa gioia che gli provocava. Tuttavia, Tommaso fece un'esperienza meravigliosa: "poté toccare Cristo", poté sentirlo vicino alla sua propria vita, vicino ai suoi affanni, vicino alla sua missione. Tommaso comprese che quello che stava di fronte a Lui, non era un semplice uomo: era il Verbo di Dio incarnato.

Era Cristo stesso che era resuscitato e non moriva più. Evidentemente, questa esperienza è necessaria per assumere un impegno cristiano: chi non comprende chi è Cristo e che cosa ha fatto per lui, non può impegnarsi davvero. La sua fede sarà sempre qualcosa di periferico. Ma chi si riconosce salvato dalla morte eterna, dalla "seconda morte", dalla perdizione eterna, non può far altro che "cantare la misericordia di Dio" che ci ha amato quando eravamo peccatori, e ci ha inviato suo Figlio come espiazione per i nostri peccati.

E così, Tommaso non poté rimanere uguale a se stesso, dopo l'esperienza di Cristo. Divenne un apostolo convinto, uscì dal cenacolo per annunciare Cristo ai suoi fratelli. Quanto bisogno abbiamo di fare l'esperienza di Tommaso! Magari tutti potessero sentire l'amore di Cristo con intensità tale da poter reagire allo stesso modo.

Quando Massimiliano Kolbe si trovava in piedi davanti agli ufficiali nazisti, vedendo che condannavano un padre di famiglia a morire nel "bunker" della fame, il suo cuore non rimase passivo. Sperimentò che egli doveva dare la vita, come Cristo l'aveva data per lui. Chiediamoci oggi tutti: quale è e fino a dove arriva il mio impegno cristiano? Cosa sto facendo per "vincere il mondo", per "conquistarlo per Cristo", per aiutare tutti a raggiungere la salvezza?

 

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