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TESTO Commento su Matteo 22,34-40

don Maurizio Prandi

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (26/10/2008)

Vangelo: Mt 22,34-40 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 34i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 37Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38Questo è il grande e primo comandamento. 39Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Un verbo al centro della liturgia di oggi: il verbo amare. L’ideale continuazione della scorsa domenica. Questo verbo mi dice anche che la nostra lingua imprigiona in un’unica parola questa esperienza così fondamentale per l’uomo e al tempo stesso così ricca e complessa. In greco ci sono quattro parole per dire l’amore: l’amore è agape (il nostro caso), ma è anche filia (amicizia), eros l’amore degli innamorati che porta alla fisicità, alla corporeità, oppure storge, semplice affetto, ovvero la più umile e modesta forma dell’amore, quella che più si avvicina al mondo degli animali.

La Scrittura, per mezzo dell’evangelista Giovanni, ci dice che Dio è amore, Dio è agape: è questo l’amore che va al di là di ogni misura umana, è soltanto questo l’amore che ha la pienezza, la profondità, la sconfinata grandezza dell’amore di Dio. E’ questo che dobbiamo ricordarci ogni volta che ci sentiamo richiamare il comandamento dell’amore perché ci viene richiesta la totalità dell’amore, non un semplice affetto, un’amicizia, una passione o un amore a metà.

Amerai il Signore Dio tuo... amerai il prossimo... amerai te stesso... ecco che il vangelo ci dà tre indicazioni importanti, tre direzioni fondamentali: amare se stessi, amare gli altri e amare Dio.

Amare se stessi non è facile, volersi bene non è facile, accettarsi non è facile, eppure questo è il primo passo necessario ed è un passo che non muoveremo mai fino a che non ci sapremo amati da Dio, da quel Dio che non cessa di ripeterci: Tu sei importante per me. Tu sei importante anche quando nessuno ti considera importante. Amare sé è riconoscere il dono, la preziosità, il valore che Dio ha posto in noi con il suo amore. Amare sé è provare gioia e gratitudine.

Amare gli altri dopo che si è riconosciuto il dono allora siamo pronti a metterlo in circolo quel dono; mi piace condividere con voi un distinguo che fa un sacerdote di Milano e che sento, almeno per me molto importante: Siamo chiamati ad amare gli altri non per amore di Dio, ma con tutto l’amore di Dio. Le due espressioni sono segnate da una profonda differenza. Se si ama per amore di Dio si corre il rischio di servirsi delle persone che noi amiamo come strumento per dimostrare la nostra virtù. Allora l’altro non è più amato in se stesso, ma solo in quanto ci permette, esercitando la carità, di acquistare dei meriti davanti agli altri e davanti a Dio. Non dobbiamo amare per amore di Dio, ma con l’amore di Dio, con quella pienezza, con quella disinteressata tenerezza con cui Dio ci ama. (don L. Pozzoli)

Amare il Signore Dio. amare Dio, per la Scrittura, non vuol dire che Dio deve diventare l’oggetto del nostro amore. Amare Dio, per la Scrittura significa sostituire il suo volere al nostro, accogliendolo e facendone, nell’obbedienza, il principio del proprio essere e del proprio agire. La prospettiva della Bibbia è davvero molto radicale. Dio non è semplicemente oggetto della ricerca dell’uomo o del desiderio dell’uomo; Dio è Colui che entra nella vita dell’uomo ponendola in crisi come struttura razionale, ma allo stesso tempo la rigenera come recettività, accoglienza cui affidare un compito. Amare Dio vuol dire aderire al suo volere dicendo no al proprio. Amare Dio con tutto cuore allora non vuole dire ama Dio e basta... vuol dire ama Dio senza mezze misure, senza mediocrità (E. Ronchi) Amare vuol dire non essere indifferenti, amare è capire che Dio e il mio prossimo sono simili proprio come il secondo comandamento è simile al primo. Ama Dio con tutto il cuore, solo così potrai moltiplicare l’amore, perché c’è ancora posto nel cuore per la moglie, i figli, i fratelli, l’amico e (dice sempre E. Ronchi), per i discepoli veri, per il nemico! Dio non ruba il cuore ma lo moltiplica!

Che Dio ci aiuti a non separare mai i due comandamenti, ma come Gesù ha detto possiamo sempre tenerli uniti in noi nella consapevolezza che non basta amare Dio, perché anche i farisei lo facevano nel tempio di Gerusalemme, ma poi disprezzavano i fratelli e non basta amare il prossimo impegnandosi per i poveri, per la giustizia, per la pace, perché Dio certamente è nei piccoli, ma resta l’unico capace di cambiare, nutrire ed orientare il cuore moltiplicato dal suo amore!

 

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