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TESTO Commento su Matteo 25,31-46

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XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) - Cristo Re (23/11/2008)

Vangelo: Mt 25,31-46 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 25,31-46

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Con questa solennità termina l’anno liturgico e a partire dalla prossima domenica inizieremo il cammino di preparazione alle festività del Natale del Signore con il tempo che la liturgia chiama di Avvento, cioè dell’attesa del Messia.

A prima vista può sembrare un po’ fuori del tempo parlare di Gesù come re, soprattutto oggi che questa immagine, in particolare per noi occidentali, ha assunto un valore di secondo piano, più legato alla cronaca mondana che ad una vera e propria figura giuridica di esempio e di guida. E’ però significativo che la chiesa abbia voluto chiudere un ciclo, quello dell’anno liturgico, con la figura di Cristo, quasi a voler consegnare tutte le fatiche e le gioie a Lui che, come ci ricorda s. Paolo nella sua lettera ai Corinzi, “è la primizia” che riconduce al nulla ogni potestà e potenza.

La prima lettura e il Salmo 22 ci presentano un re che si prende cura delle pecore disperse, e dice il profeta che questo vale per tutti, indistintamente, con amore e dedizione, sia verso quelle forti e ben nutrite, che verso quelle deboli e che necessitano cura ed attenzione. La lettura del Salmo ci stimola a non perdere la speranza, poiché per chi abita nella casa del Signore e non si lascia tentare dai falsi profeti o da chi promette cose che non è in grado di dare, non può che avere felicità e grazia come compagne. Anche s. Paolo, contrariamente alle volte che prende un tono di rimprovero nei confronti delle sue comunità, qui usa parole di conforto: chi crede in Gesù e si affida a lui vince anche la morte, cioè la cosa che ci crea più problemi come uomini, ma non solo, è suo tramite che diventeremo realmente, e compare nuovamente il “tutti”, figli di Dio, fratelli in Gesù Cristo.

Il vangelo di Matteo ci presenta invece un re glorioso che giudica (come ci aveva ricordato Ezechiele dicendo: “io giudicherò tra pecora e pecora, fra montoni e capre”), e due sono le cose che colpiscono in modo particolare: il metro di giudizio è l’amore verso il prossimo e la gratuità. Gesù infatti non chiede quante preghiere sono state fatte, quanti corsi di teologia, quanti incontri in parrocchia, ma chiama “benedetti del Padre mio” coloro che hanno servito i bisognosi senza chiedersi il perché. Sono invece “maledetti” coloro che non hanno saputo riconoscere nelle esigenze del prossimo Gesù, cioè le esigenze evangeliche.

Ecco allora il messaggio che possiamo trarre per noi dalle letture di oggi: come Gesù si è fatto “buon pastore” nel cercare, curare, proteggere noi, povere pecorelle disperse nel mare delle vicende quotidiane, anche noi siamo chiamati ad essere vigilanti ed attenti, perché questo è lo specifico del cristiano.

Per la riflessione di coppia e di famiglia:

• Siamo capaci, in famiglia, a dare attenzione ad ogni componente secondo le sue esigenze ed educarci alla reciprocità?

• Il camino fatto in questo anno liturgico quale crescita e sensibilità ha portato in noi, anche in considerazione della crisi economica che stiamo vivendo?

Commento a cura di Anna e Carlo Beltramo di Torino

 

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