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TESTO Il potere appartiene a Dio

don Marco Pratesi  

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (26/10/2008)

Brano biblico: Es 22,20-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 22,34-40

In quel tempo, 34i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 37Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38Questo è il grande e primo comandamento. 39Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Il passo fa parte del "codice dell'alleanza" (Es 20,22-23,33), così detto da quanto si legge in 24,7: in occasione della stipulazione, Mosè "prese il libro dell'alleanza e lo lesse al popolo". Si tratta di una raccolta di leggi varie, religiose e civili, che sono estensione e applicazione del decalogo, che immediatamente precede (Es 20,1-17).

In questa sezione si prescrive il comportamento da tenere di fronte a persone di categorie svantaggiate: l'immigrato, la vedova, l'orfano, chi chiede un prestito, chi lascia qualcosa in pegno. Sono situazioni di debolezza, che facilmente suscitano nel "forte" la tentazione di approfittarne in vario modo. A costui Dio ordina di non opprimere, sfruttare e maltrattare. La motivazione di questo comando è duplice. La prima: anche voi siete stati deboli, quando eravate immigrati in Egitto. La seconda: se il debole oppresso grida contro Dio, egli ascolterà la sua preghiera, cosa che implica la punizione dell'oppressore. In realtà le due motivazioni sono una sola, perché quando Israele era oppresso in Egitto ha fatto appunto questa esperienza: ha gridato a Dio, e Dio è intervenuto, liberandolo dall'oppressione egiziana; perché è un Dio "clemente", uno che si piega verso il misero (nella rivelazione del nome di Dio è uno dei suoi attributi, cf. 34,6). Non c'è tanto, quindi, una motivazione di tipo psicologico ("ripensa a quando eri tu al suo posto"), ma teologico: se Dio è così pietoso, così disposto ad ascoltare la preghiera dell'oppresso, tu non diventare suo oppressore, altrimenti ti troverai ad affrontare Dio stesso e la sua ira. Anche per questa strada si arriva a legare amore di Dio e amore del prossimo: Dio, il più forte, è alleato del più debole.

È un messaggio molto semplice, ma altrettanto fondamentale, ieri come oggi. Qui si apre il vasto problema del potere, inteso in senso ampio, come capacità di portare l'altro - a volte volontariamente! - a essere mezzo dei miei interessi. Il potere ha bisogno di strumenti. Nella nostra lettura essi sono la famiglia e la nazione (che è un ampliamento della famiglia): nella società antica, molto più di ora, il mancato inserimento nella trama dei rapporti sociali faceva automaticamente di una persona un povero. La lettura presenta anche il denaro, e su questo non occorre spendere parole. Ma ogni tipo di bene è sorgente di potere, dà potere: forza, bellezza, fascino, cultura, abilità.

Di fronte a chi non ha potere, o meglio a chi ne ha meno di te, di fronte al debole e all'indifeso, viene fuori chi sei veramente, perché puoi sfruttarlo e maltrattarlo, addirittura per semplice "divertimento", senza conseguenze. La Parola di Dio non fa qui alcun "alto" discorso morale, dice solo questo: tieni presente che esiste un potere più grande del tuo (piccolo!) potere umano. Si tratta di una percezione che dovremmo mantenere sempre ben lucida e che, laicamente, può essere così formulata: niente che - a ogni livello - sia fondato sull'oppressione, può durare a lungo; perché si scontrerà con un potere più forte.

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.

 

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