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TESTO Tutti chiamati ad essere missionari

mons. Antonio Riboldi

XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (19/10/2008)

Vangelo: Mt 22,15-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 15i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». 18Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 20Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». 21Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Se c’è un aspetto nella nostra vita di cristiani, che ci rattrista, e tanto, è il ‘silenzio’ sulla Parola di Dio. Non è più ‘di casa’.

Pare che l’unica parola che domina in tante case e diventa poi ‘il vangelo’, o meglio ‘l’antivangelo’, siano i modelli di vita delle comunicazioni TV, che offrono idolatrie senza alcuno scrupolo o rispetto della bellezza dell’uomo, donataci da Dio e che siamo chiamati a coltivare e donare.

È vero che, per fortuna, ci sono ancora tanti che si accostano alla Mensa Eucaristica la domenica, giorno del Signore, ma anche per molti di questi cristiani, l’annuncio della Parola e l’omelia sembrano ‘un di più’.

Ma si può davvero essere cristiani senza la Luce della Parola di Dio?

Ci fu chi affermò che se S. Paolo fosse tornato, avrebbe viaggiato con in una mano il Vangelo, come guida della vita, e nell’altra il giornale, come realtà con cui confrontarsi.

Oggi c’è rimasto tra le mani solo il giornale, che - come la TV - pare consideri tutto ciò che è espressione di fede, come ‘non notizia’, perché non fa ‘tiratura’. In altre parole prevale il commercio del ‘punto di vista personale’ - quando non addirittura la falsità - sull’offerta di ciò che è luce e sale. Chi di noi non dedica un tempo del suo giorno o alla lettura del quotidiano o al telegiornale? Possono - quando va bene - raccontarci le vicende del mondo in cui viviamo: vicende che il più delle volte spengono la speranza, rattristano o ci confondono.

Ma quanto tempo dedichiamo alla lettura di una pagina del Vangelo o della Bibbia?
E si può amare Dio senza conoscerlo?

Per questo la Chiesa ogni anno, in modo particolare, dedica un mese - questo di ottobre - alle missioni e, oggi, è la Giornata missionaria.

Scrive il S. Padre, nel suo Messaggio per la Giornata missionaria: “Vorrei invitarvi a riflettere sull’urgenza che permane di annunciare il Vangelo, anche in questo nostro tempo. Il mandato missionario continua a essere una priorità assoluta per tutti i battezzati, chiamati ad essere servi e apostoli di Gesù Cristo, in questo inizio del nuovo millennio. Affermava Paolo VI nella Esortazione apostolica ‘Evangelii nuntiandi’, che evangelizzare è la grazia, la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda”.

E questo vale per tutti, vescovi, sacerdoti, religiosi e laici.
Diversa è la forma, uguale la missione e la responsabilità.
“Guai a me - diceva S. Paolo - se non evangelizzassi”.

La Chiesa sempre evangelizza, ma vi sono momenti più significativi della vita, in cui si preoccupa di realizzare una evangelizzazione ‘più forte’.

Quando un bambino deve ricevere il Battesimo ed entrare così a ‘far parte’ della famiglia di Dio, si chiede ai genitori di fare un ‘cammino’ di fede più consapevole, perché, con il Battesimo del figlio, ricevono il mandato di educarlo cristianamente.

Al momento di accostarsi ai grandi Sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucarestia, la Chiesa, attraverso i suoi catechisti, per un lungo tempo prepara gli aspiranti alla Prima Comunione, e così pure per la Cresima o Confermazione.

Purtroppo ci si accorge con dolore che, la maggioranza dei Comunicandi o dei Cresimandi, celebrata ‘la festa’, lasciano alle spalle quella che avrebbe dovuto essere un’esperienza spirituale forte e non continuano il cammino missionario, di cui quei momenti dovrebbero essere ‘tappe’ di avvio. Semplicemente non li vedi più. Cosa è mancato?

Mi sembrano lontani i tempi in cui i nostri catechisti viventi erano i genitori.

Mamma, dopo la Prima Comunione, voleva che, ogni mattina, come faceva lei, prima di andare a scuola, mi recassi in Chiesa per la Comunione. A digiuno. Tornando a casa, giusto in tempo per andare a scuola, la trovavo con in una mano la cartella e nell’altra un pezzo di pane. Al mio reclamo rispondeva: “Meglio una buona comunione che una povera colazione”. Aveva ragione.

Ho conosciuto tanti missionari che amavano la loro missione più della loro vita, ansiosi di portare la Parola, aiutando i fratelli meno fortunati. “L’unico desiderio che ho è di essere sepolto in terra d’Africa, tra i miei fedeli”. Saranno loro a ‘fare strada’ al cospetto di Dio.

Ma anche noi saremo giudicati da Dio sul nostro ‘silenzio’ su di Lui o sul nostro ‘annuncio’ di Lui.

È un vero peccato che, a volte, conosciamo ogni pettegolezzo su ‘personaggi’, che non meriterebbero tanto, ma poco o nulla su Chi è l’Unico da conoscere: Dio, che ci educa e si fa conoscere attraverso la Sua Parola, la S. Scrittura.

Quale sarà la nostra difesa riguardo al poco spazio che si dà ai tanti martiri di oggi, in alcune regione dell’India e in tante altre nazioni?

Non abbiamo forse notato che durante le Olimpiadi in Cina, poco o nulla si è detto dei vescovi in prigione per la fede e dei tanti fratelli cristiani costretti a vivere come nelle catacombe? È come se molto poco contasse o importasse il grande problema della libertà religiosa, della fede.

Così scrive il S. Padre: “Dinnanzi allo scenario del nostro tempo, sentiamo il peso dell’inquietudine, tormentati tra la speranza e l’angoscia e preoccupati ci chiediamo che ne sarà dell’umanità e del creato. C’è speranza per il futuro o meglio c’è un futuro per l’umanità? E come sarà questo futuro? La risposta a questi interrogativi viene a noi credenti dal Vangelo. È Cristo il nostro futuro e il Suo Vangelo è comunicazione che ‘cambia la vita’, dona la speranza, spalanca la porta oscura del tempo e illumina il futuro dell’umanità e dell’universo. S. Paolo aveva ben compreso che solo in Cristo l’umanità può trovare benedizione e speranza. Perciò avvertiva impellente ed urgente la missione di annunciare la promessa della vita in Cristo, nostra speranza, perché tutte le genti potessero partecipare alla stessa eredità ed essere partecipi della promessa per mezzo del Vangelo. Era cosciente che, priva di Cristo, l’umanità è senza speranza. È dunque impellente per tutti annunciare Cristo e il Suo messaggio evangelico. ‘Guai a me - affermava S. Paolo - se non predicassi il Vangelo’” (dal Messaggio del S. Padre).

Quello che mi impressiona sempre - chiamato da tante parti a testimoniare la fede ed invitare ad uscire dal buio delle false parole del mondo, con la luce che solo viene dalla Parola - è la grande partecipazione della gente.

Tante volte i parroci, per fare in modo che anche chi non crede possa partecipare, scelgono, come luoghi di incontro, le sale pubbliche. Mi stupisce la grande attenzione di molti, come se scoprissero, per la prima volta, ‘qualcosa’ che fa luce nell’anima.

In una cittadina, dove anche il parroco aveva difficoltà a radunare ‘credenti’, invitato, a sera, nella grande sala non vi erano più di 20 persone. ‘E’ tutto quello che riusciremo a mettere insieme’, fu l’affermazione avvilita del responsabile. Volli che si attendesse ancora un poco per iniziare, con speranza. E lentamente, sbucando da ogni parte, furtivamente, la grande sala si riempì, al punto che tanti dovettero accontentarsi di sentire, affacciati alle finestre, dall’esterno. Il tema era: “Gesù è il solo che dà gioia alla vita”. Ascoltarono per un’ora, in grande silenzio, come affascinati. Quando credevo fosse giunta l’ora di licenziare quella folla, si alzò uno e gridò: “Non ci lasci, continui. Fuori c’è gran buio, qui abbiamo intravisto la luce”.

Tornai l’anno dopo, con il prof. Zichichi, in quel grande teatro. Il tema era “Scienza e fede”. La sala si era riempita già un’ora prima e tanti attendevano fuori, con pazienza, per trovare un posto. Quanto bisogno c’è di Dio, oggi, nel nostro mondo ‘ricco’, ma anche tanto confuso!
E Lui è lì a parlarci con il Vangelo.

Ma oggi la mia attenzione va in particolare ai missionari, sparsi in tutto il mondo.

Conosciamo poco delle loro fatiche e sofferenze, tranne per i ‘casi’ clamorosi, legati alle persecuzioni e ai veri e propri martiri, e, anche questi, non abbastanza, troppo sono lasciati soli e nel ‘silenzio’. È proprio il caso di prendere tutti coscienza del dono della profezia, che fa parte del nostro Battesimo. Guai ad essere indifferenti o tacere!

Ma voglio ancora dare la parola al S. Padre: “Cari fratelli e sorelle, ‘duc in altum!’. Prendiamo il largo nel vasto campo del mondo e, seguendo l’invito di Gesù, gettiamo senza paura le reti, fiduciosi nel suo costante aiuto. Ci ricorda S. Paolo che non è un vanto predicare il Vangelo, ma un compito e una gioia. Cari fratelli vescovi, seguendo l’esempio di Paolo, ognuno si senta prigioniero di Cristo per i Gentili, sapendo di poter contare nelle difficoltà e nelle prove sulla forza che ci viene da Lui. Il vescovo è consacrato non soltanto per la sua Diocesi, ma per la salvezza di tutto il mondo.

Voi cari presbiteri, primi collaboratori del vescovo, siate generosi pastori ed entusiastici evangelizzatori. Non pochi di voi, in questi decenni, si sono recati in territori di missione a seguito dell’Enciclica ‘Fidei donum’. Chiedo che non venga mai meno questa tensione missionaria nelle chiese locali.

E voi cari religiosi e religiose, segnati per vocazione da una forte connotazione missionaria, portate l’annuncio del Vangelo a tutti, specialmente ai lontani, mediante una testimonianza coerente di Cristo e una radicale sequela del suo Vangelo.

Alla diffusione del Vangelo siete chiamati a prendere parte, in maniera sempre più rilevante tutti voi, cari fedeli laici, che operate nei diversi ambiti della società. Si apre così davanti a voi un areopago complesso e multiforme da evangelizzare: il mondo. Testimoniate con la vita che i cristiani ‘appartengono a una società nuova’, verso la quale si trovano in cammino e che, nel loro pellegrinaggio, viene anticipata.

La colletta, che nella Giornata Mondiale viene fatta in tutte le parrocchie, sia segno di comunione e solidarietà vicendevole tra le Chiese” (Messaggio del S. Padre).

Se c’è qualcosa nella mia vita di cristiano, sacerdote e vescovo, che avverto come un grande dono, che mi rende felice e fa felici tanti, è proprio la gioia di comunicare l’Amore del Padre, nella missione. Vedere un fratello o una sorella che, sentendo il Vangelo, si illumina, è immensa gioia. E sono davvero felice di poter ‘andare in tutto il mondo’, per mezzo di Internet, come pure con le trasmissioni di RAI UNO al venerdì: ‘Ascolta si fa sera’.

Auguro a voi la stessa gioia di essere missionari dove siete, con chi vivete e in quello che fate.

 

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