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TESTO Il banchetto della vita

don Marco Pratesi  

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (12/10/2008)

Brano biblico: Is 25,6-10a Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 22,1-14

In quel tempo, 1Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

 

Forma breve: Mt 22,1-10

In quel tempo, 1Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.

La sezione rappresentata dai capitoli 24-27 di Isaia risale al postesilio. Detta, in modo alquanto colorito ma non molto preciso, "grande apocalisse", è divisa in due parti. Nella prima (c. 24) si descrive una devastazione di portata universale; nella seconda (cc. 25-27) si parla della nuova salvezza che in essa Dio fa emergere. Tale salvezza - e siamo al nostro passo - è rappresentata da un banchetto prelibato e abbondante offerto a tutti i popoli sul monte Sion. In questa visione è infatti Gerusalemme il luogo dove Dio opera la salvezza, che però non è solo per Israele, ma per tutti: particolare e universale si fondono in una unica prospettiva.

La gioia e la festa sono accompagnate, o piuttosto date, da tre sparizioni importanti: il velo sui popoli, la morte e il dolore, la vergogna di Israele. I primi due elementi sono accomunati dall'uso di una espressione un po' strana: Dio "inghiotte" il velo che copre i popoli e la coltre stesa sulle nazioni (CEI: "strapperà", v. 7), e "inghiotte" la morte (CEI: "eliminerà", v. 8). Che cosa è questo velo? Non è facile rispondere, data la concisione del testo. Questo non sembra tanto un velo che sta "sulla faccia dei popoli" (traduzione CEI), quanto che sta sopra i popoli, disteso su di essi, che li copre completamente. Si può ragionevolmente pensare che tutte e due le cose "inghiottite" da Dio siano la stessa cosa. Il velo è allora la morte stessa, che pesa come cappa sull'umanità, oppressa dalla morte come sotto una coltre soffocante, una opprimente colata che le toglie il respiro. Si ritrova qui anche l'interpretazione che legge questo velo come il velo dell'afflizione e del lutto. Del resto è detto chiaramente: ogni lacrima sarà asciugata. Perché la cappa di morte sarà rimossa.

Non solo. Ci sarà anche un'altra importante conseguenza: il popolo di Dio, Israele, risplenderà in piena luce appunto come popolo di Dio, portatore della sua luminosa salvezza. Il Dio di Israele sarà riconosciuto come il vero Dio, e allora ecco scomparire anche "l'ignominia del suo popolo" (v. 8), ossia l'essere umanamente irrilevante, povero, insignificante, come era Israele dopo l'esilio. Questo popolo che adesso le nazioni ignorano, risplenderà in piena luce come vessillo del vero Dio nel mondo. In questa linea si recupera anche l'interpretazione che vede nel velo l'ignoranza di Dio, dalla quale i popoli sono liberati.

Il banchetto annunziato è il banchetto della vita finalmente libera dalla morte, da ogni tristezza e da ogni ignoranza di Dio; è la festa dell'incontro dei popoli che si scoprono uniti nella salvezza, ed esultanti lodano e acclamano Dio insieme a Israele.

Il Nuovo Testamento, folgorato dalla luce della risurrezione di Cristo, ha naturalmente dato risalto a questo passo. San Paolo, mentre parla del destino ultimo dell'uomo, la risurrezione integrale, lo cita esplicitamente (1Cor 15,54; cf. 2Cor 5,4 ). Anche l'Apocalisse lo richiama in due passi, che presentano l'umanità redenta, liberata dal pianto e dalla morte (7,17; 21,4); e vi accenna nel famoso segno della donna vestita di sole: la terra le viene in soccorso e inghiotte il fiume che era stato vomitato dal drago per trascinarla via (Ap 12,16). La morte, che brama tutto inghiottire, sarà essa stessa divorata.

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.

 

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