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TESTO Cristiani di frontiera

don Fulvio Bertellini

Ascensione del Signore (Anno A) (12/05/2002)

Vangelo: Mt 28,16-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 28,16-20

16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Senza proprietà, senza potere

Il Vangelo di Matteo si conclude sulla montagna scelta da Gesù, che subito richiama un altro monte santo e l'esperienza dell'Esodo. Allora si vedeva Mosè, nel deserto, fuori dalla terra promessa: una terra da conquistare. Qui invece il Risorto, in Galilea, ai confini della Terra Promessa, e il mondo davanti. Un mondo in cui camminare.

Gli Undici non hanno più un possesso in cui fermarsi, da coltivare e custodire. Il tempo della Terra Promessa è passato, e anche il numero degli apostoli non è più di dodici. Il nuovo gruppo non deve più necessariamente ricalcarsi su Israele.

Gli Undici non hanno neppure davanti un territorio da conquistare. Il loro orizzonte si è allargato fino al mondo, ma si ritrovano senza potere: ogni potere appartiene a Gesù. Piuttosto hanno una missione, un incarico: ammaestrare tutte le genti, letteralmente "renderle discepole".

La visione

Dobbiamo tener presente che il brano di questa domenica è la conclusione del Vangelo di Matteo: si tratta quindi di una scena chiave per comprendere il suo messaggio. Tutto riparte da dove era cominciato: i discepoli ritornano in Galilea, da dove molti erano partiti con Gesù. Ma non è un giro a vuoto, un ritorno alle origini: una radicale trasformazione è avvenuta nel popolo di Israele, nei discepoli, in Gesù.

Gesù innanzitutto: non è più solo il Maestro, non è più il Messia come l'intendevano i discepoli, non è più neanche il crocifisso: è il Risorto. Ovvero il Messia che nessuno si sarebbe aspettato. Per questo i discepoli da un lato lo adorano, dall'altro dubitano. Lo riconoscono, e riconoscono in lui la potenza di Dio, e si prostrano come un buon israelita fa soltanto nei confronti di Dio; ma il progetto divino resta oscuro ai loro occhi. E' allora che Gesù si fa avanti e lo spiega.

I discepoli e Israele

Anche i discepoli sono diversi: sono passati dall'entusiasmo al rinnegamento, per arrivare alla gioia della risurrezione, mista allo stordimento per l'ignoto che li attende. Però si fidano di Gesù: vanno al monte da lui indicato, sono in attesa della sua Parola. Non sono più i Dodici, ma gli Undici. Questo numero è il segno di una mancanza, di una ferita. Dodici era il numero delle tribù di Israele, undici è un numero imperfetto. I Dodici rappresentano il nuovo Israele, quello che ha seguito il Messia, Gesù; ma una parte di Israele lo ha rifiutato. Non è più il popolo che deve aspettare il Messia. E' il popolo atteso dal Messia, in vista della conversione. Ma non è più l'unico popolo di Dio; o meglio, non è più il popolo di Dio in maniera esclusiva.

La missione

Il Risorto estende infatti la missione a tutte le genti, a tutti i popoli, a tutto il mondo. Neanche il mondo è più lo stesso: è diventato il campo d'azione del Risorto: "mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra". Questa affermazione mira a risolvere i dubbi dei discepoli. Gesù ha un potere assoluto, anche se non visibile. Un potere reale, anche se non si manifesta con la forza. In forza di questo potere, i discepoli devono "andare", e "rendere discepole tutte le genti". Gli unici mezzi di questa pacifica conquista sono il battesimo "nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo", e l'insegnamento, che riguarda "tutto ciò che Gesù ha comandato".

La frontiera

A partire dall'Ascensione, il discepolo diventa quindi uomo di frontiera. Non può coltivare il suo orticello, ma è spinto dal Risorto a pensare in grande. Il suo campo d'azione ideale è tutto il mondo, anche se si concretizza nell'incontro quotidiano con le persone. La missione che Gesù gli ha affidato è esigente: permettere agli uomini di entrare in contatto con il Dio di Gesù, il Dio uno e trino (è questo il significato profondo del battesimo). Il discepolo non può restare fermo: deve andare, muoversi, incontrare. E neppure può disporre di grandi mezzi: può solo insegnare Gesù, con le parole e con i fatti.

Con noi sempre

Per questo il Risorto promette una presenza costante: "Io sono con voi sempre, fino alla fine del mondo". Questa presenza dà fiducia, dà forza, anima la missione. Questa presenza invade ogni nostro gesto, anche il più piccolo e insignificante. La sua presenza di Risorto illumina ogni nostro incontro umano: lui si lascia incontrare nel fratello, gli altri lo possono incontrare in noi, nelle nostre parole, nei nostri gesti. Ma noi accetteremo di vivere alla presenza del Risorto, o vorremo farci la nostra vita?

Flash sulla I lettura

"Nel mio primo libro...": la storia di Gesù non finisce nel punto in cui si conclude il secondo libro. L'autore del prologo ha la chiara consapevolezza che la storia di Gesù non si può considerare conclusa con l'ascensione al cielo: si tratta solo di un inizio. La storia di Gesù si prolunga nella storia della sua Chiesa: dopo il secondo libro, siamo noi i continuatori del Vangelo. L'evangelista combatte la rassegnazione e il rimpianto del passato: colui che è morto e risorto è ancora oggi vivo e operante nelle nostre esistenze.

"Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?... Gesù tornerà allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo". Gesù non è nel passato, ma nel futuro, e l'attesa della sua venuta riempie il nostro presente. La prima tentazione degli apostoli era di "ricostruire il Regno di Israele": la ricerca di un risultato immediato e visibile; la seconda tentazione non è meno pericolosa: "rimanere a guardare al cielo": ovvero la fuga dalle responsabilità, l'immobilismo disincarnato. Esiste una terza via, quello che il Risorto chiede ai suoi discepoli: "essergli testimoni fino agli estremi confini della terra". Che da un lato significa essere impegnati attivamente nel mondo. Dall'altro significa avere un qualcosa che va oltre l'impegno mondano. Essere portatori di una speranza, di uno stile di vita, di una qualità di esistenza nuova.

Flash sulla II lettura

"Vi dia uno spirito di sapienza e rivelazione...": la conoscenza di Gesù non è mai terminata e coinvolge sempre più il credente. Il rischio di molti credenti è diventare statici, rigidi sulle proprie convinzioni, senza più nessun cammino spirituale. E' vero che diventare adulti significa anche acquisire certezze, fare scelte definitive, trovare una stabilità. Ma non significa inaridirsi, perdere la curiosità e la voglia di imparare. Il rapporto con Gesù deve crescere, e l'apostolo indica anche le direzioni di questo progresso spirituale.

"... a quale speranza vi ha chiamati": il credente vive nell'attesa della venuta del Risorto, del ritorno del Cristo. E' questa la nostra speranza, che deve animare tutta la nostra esistenza. Fino a che punto però le scelte quotidiane sono ispirate dalla speranza? Vissute nell'orizzonte dell'eternità? Non si tratta di fuggire dal mondo, ma di vivere in pienezza nel mondo, sapendo che c'è qualcosa che va al di là della vita mondana. Non basta saperlo: è un atteggiamento che si costruisce giorno per giorno.

"quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità tra i santi": l'eredità è ciò che ci attende al termine dell'esistenza. Per esprimere di che cosa si tratta, per questo l'apostolo ricorre alla metafora del "tesoro", della ricchezza. Come se fosse un forziere, ripieno di cose preziosissime, che ci viene aperto solo dopo la morte. Ma già fin d'ora possiamo, giorno per giorno, cominciare a intuirne le potenzialità.

"quale la straordinaria grandezza della sua potenza...": se la speranza e la gloria si collocano più nel futuro, la potenza riguarda il presente. Nel presente Dio è in azione nella storia. Si tratta però di una potenza particolare, che opera nello stesso modo in cui ha operato in Gesù, secondo una dinamica di morte-risurrezione-nascondimento. Per questo solo il credente maturo, dopo un paziente cammino, impara giorno per giorno a riconoscerla

 

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