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TESTO La festa e lo sposo

padre Gian Franco Scarpitta  

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (28/09/2008)

Vangelo: Mt 22,1-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

 

Forma breve: Mt 22,1-10

In quel tempo, 1Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.

Un invito a nozze è sinonimo di spensieratezza, serenità nella festa e gioia e per questo non si rifiuta mai. Coloro che partecipano ad un banchetto nuziale infatti nel prendervi parte dimenticano problemi, difficoltà, tensioni di tutti i giorni e si concentrano esclusivamente sulla festa anche per esaltare la coppia di sposi resa oggetto di onore. Questo poi specialmente a proposito delle nozze giudaiche veterotestamentarie che duravano ben nove giorni e nelle quali (come più volte abbiamo rilevato) era indispensabile il vino per rinsaldare la gioia mentre i piatti erano fra i più eccellenti e prelibati.
Come si poteva non andare ad una festa di nozze?
Si era ingiustificati in tutti i sensi.

Ora, vini eccellenti, cibi genuine, carni grasse e altre prelibatezze della buona cucina, nella Bibbia, esprimono simbolicamente il banchetto nuziale di salvezza al quale noi tutti siamo invitati. La salvezza è rivolta a tutti i popoli e a tutti gli uomini e accanto ad essa anche la gioia infinita espressiva del banchetto nuziale perché nel Signore l'unica attitudine possibile è la pace nella serenità personale e collettiva. Guai a rifiutare un invito così eloquente alla gioia poiché il non parteciparvi vertirebbe solo a nostro svantaggio come infatti il rifiuto della parola di Dio è sempre lesivo nella vita dell'uomo e accogliere la salvezza è nutrirsi dell'abbondanza di Dio; ecco perché non si può non prendere parte al banchetto di salvezza e di letizia.

Tuttavia Gesù avverte che non si può entrare nella sala trattenimento senza vestire "l'abito nuziale", ossia senza che la nostra coscienza si sia mondata dalle scorrettezze morali e abbia rifuggito la volontà di perfezione. Il che è anche lecito e convincente: se accogliamo l'invito, sappiamo che quella a cui parteciperemo è una festa e pertanto non potremo che abbigliarci secondo costumi adeguati o almeno consoni al clima che stiamo per condividere con gli altri. Vestire a festa durante una cena di nozze è indice di condivisione e di compartecipazione alla gioia degli sposi, solidarietà con il loro entusiasmo e approvazione della loro letizia momentanea e futura. Così pure la partecipazione alle nozze del Regno vuole che l'uomo attraverso la sua attitudine alle opere buone e alla perfezione morale sia nelle condizioni di condividere e partecipare la gioia dell'incontro con Dio.

Non si può vivere la gioia se la coscienza ci rimprovera l'irresponsabilità e la malizia delle nostre azioni e il male commesso o il rancore e l'odio che coviamo interiormente non può concederci la serenità di una festa di nozze e pertanto, seppure ammessi nel Regno, non possiamo pretendere di persistervi se non dopo aver emendato il nostro comportamento verso una logica e una direttiva di onestà, amore e correttezza morale. Insomma se non dopo aver vestito l'abito pulito e consono alla circostanza.

Ma in tutto questo vi è un incoraggiamento a che noi possiamo progredire e questi lo si riscontra in Gesù Cristo Figlio di Dio che nell'ecclesiologia a buon diritto noi definiamo come il "nostro sposo", colui che ha voluto abbracciare amorevolmente l'umanità appunto accostandosi ad essa nelle sfaccettature di una comunione sponsale per la quale lui ci sceglie e noi aderiamo.

Come nella domenica precedente avevamo riscontrato di lui una vite che ci innesta nella comunione inesorabile con sè, così adesso noi ci sentiamo ulteriormente incoraggiati ad un clima di festa e di letizia per il quale Gesù ci si propone come sposo poiché egli è Dio, ebbene Dio di noi è sempe stato innamorato.

Cristo è il suggello dell'amore eterno e indefinito di Dio nei nostri confronti che si era rivelato dapprima nei termini di innamoramento e che adesso si riversa come vero e proprio amore sacrificale, quello proprio di uno sposo che si rispetti e che abbia a cuore il benessere della consorte e della famiglia.

 

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