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TESTO Dacci oggi il nostro pane quotidiano

don Daniele Muraro  

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XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (21/09/2008)

Vangelo: Mt 20,1-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 1Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. 5Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. 6Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. 7Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.

8Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. 9Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 10Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. 11Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone 12dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. 13Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? 14Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: 15non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. 16Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

La parabola di oggi e quelle delle prossime domeniche ci offrono lo spunto per fermarci a meditare una per una sulle diverse richieste della preghiera del Signore, il Padre nostro. Insieme con il Credo, il Padre Nostro è la risposta dei fedeli alla Parola di Dio proclamata, e unicamente per il Padre nostro dobbiamo tenere presente che esso stesso è Parola di Dio.

Lo recitiamo ogni Domenica, ed è è stato definito “la sintesi di tutto il Vangelo”. Collocato tra la Preghiera eucaristica e la liturgia della Comunione, il Padre nostro da un lato ricapitola tutte le domande e le intercessioni espresse fino a quel punto, e, dall'altro, bussa alla porta del Banchetto del Regno, di cui la Comunione sacramentale è un anticipo.

La parabola dei lavoratori nella vigna di quest’oggi ci aiuta riflettere insieme sulla prima invocazione della seconda parte del Padre nostro, ossia: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”.

Ricordiamo ancora le parole del nostro papa Benedetto... Affacciandosi alla loggia della cappella sistina, il giorno della sua elezione il nuovo papa disse: ''Dopo il grande Papa Giovanni Paolo II i signori Cardinali hanno eletto me pontefice, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore”.

Secondo la divisione della parabola di oggi possiamo riconoscere in lui un operaio della prima ora nel Regno di Dio. Esistono però tante altre possibilità di entrare nell’organico dei lavoratori. Infatti dopo la chiamata delle sei del mattino il padrone di casa torna sulla piazza alle nove, a mezzogiorno, alle tre e perfino alle cinque del pomeriggio.

La giornata lavorativa dell’antichità durava dodici ore, iniziava presto, con l’alba e terminava più o meno all’ora del tramonto, da buio a buio, come si dice, cioè dalle sei del mattino alle sei del pomeriggio. Dunque agli ultimi interpellati resta un’ora sola di lavoro prima della paga.

Notiamo anche che nel racconto Gesù fa riferimento all’uso dell’epoca secondo cui le chiamate le chiamata erano nominative e giornaliere. Su uno sfondo tradizionale di lavoro agricolo salariato e senza protezioni sociali, come diremmo oggi, Gesù innesta una novità sorprendente: tutti ricevono lo stesso denaro promesso ai lavoratori del sei del mattino.

Un denaro al giorno poteva considerarsi un compenso equo per il lavoro di una giornata in quanto era sufficiente al mantenimento di una famiglia appunto per un giorno. Non si può dire però che questo salario fosse meritato da chi aveva lavorato la metà (gli operai del mezzogiorno) o addirittura un dodicesimo di quello che avevano lavorato primi.

D’altra parte anche gli ultimi dovevano mangiare, anche loro avevano famiglia. Il racconto ci fa capire bene che non si tratta di oziosi scansafatiche, ma di gente che era rimasta esclusa da altre chiamate, magari perché arrivata in quella precisa piazza tardi dopo aver provato inutilmente presso altri padroni. Il logorìo di questa gente era stata l'attesa, il loro sudore il non sentirsi scelti da nessuno, il loro caldo quello della delusione delle ore che passavano inerti.

Dalla misericordia del padrone che intende sollevarli dal bisogno quotidiano non è assente il riferimento alla giustizia, quello che solleva però le proteste degli operai messi subito al lavoro è la mancanza di proporzionalità: il padrone tratta tutti alla stessa maniera.

Forse avrà pensato qualcuno: “Avendolo saputo prima avrei anch’io potuto uscire alle quattro e mezza e aspettare l’ultimo turno!”

A queste e ad altre obiezioni non dichiarate il padrone risponde: “Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché sono buono?”

Gli operai dell’ultima ora non avanzano pretese, ricevono con riconoscenza, per questo, conoscendo in anticipo la loro disposizione d’animo, il padrone li premia.

Davanti a Dio noi rimaniamo tutti dei mendicanti. La cognizione della fragilità della condizione umana sottoposta a mille condizionamenti e necessità può condurre o alla disperazione o all’umile affidamento.

A lunga scadenza tutto è precario, meno il legame con Dio. Per questo Dio vuole che ogni giorno ci ricordiamo di Lui per chiedergli il nostro pane quotidiano.

Dio non ci spinge alla passività, “chi non vuol lavorare neppure mangi” dice san Paolo, ma vuole liberarci da ogni affanno solo materiale.

Al primo posto nelle preoccupazioni di un credente ci deve essere non il proprio benessere e basta, ma la venuta del Regno di Dio. A chi cerca il Regno di Dio e la sua giustizia, Dio promette di dare tutto in aggiunta. In realtà, tutto appartiene a Dio, nulla manca all'uomo che possiede Dio, mentre chi è privo di Dio anche se abbiente è privo del bene più necessario.

È un onore lavorare nel Regno di Dio fin dal primo momento e in una impresa tanto c’è sempre posto per tutti coloro che sono animati da buona volontà. Pane dell’Eucaristia.

L’Esortazione Apostolica “Christifideles laici” afferma: “La chiamata non riguarda soltanto i pastori, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, ma si estende a tutti. Anche i fedeli laici sono personalmente chiamati dal Signore. I fedeli laici appartengono a quel popolo di Dio che è raffigurato dagli operai della vigna... Andate anche voi nella mia vigna. La parabola evangelica spalanca davanti al nostro sguardo l’immensa vigna del Signore e la moltitudine di persone, uomini e donne, che da Lui sono chiamate e mandate perché in essa abbiano a lavorare. La vigna è il mondo intero...”

La salvezza è puro dono, perché anche quel poco di bene che facciamo è suo regalo: "Quando Dio premierà i nostri meriti - diceva sant'Agostino -, non farà nient'altro che coronare i suoi doni". Per questo abbiamo bisogno di chiedere anche noi ogni domenica il pane quotidiano, quello materiale per il sostentamento nostro e dei nostri cari e quello spirituale dell’Eucaristia per avere la forza di lavorare con vantaggio per il Regno di Dio.

 

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