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TESTO Commento su Giovanni 3,13-17

Omelie.org (bambini)  

Esaltazione della Santa Croce (14/09/2008)

Vangelo: Gv 3,13-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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13Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. 14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

Sapete che oggi è una festa? Ha un nome lungo: l’Esaltazione della Santa Croce. Un nome strano, per una festa...

Cos’è che celebriamo oggi? La Croce? Ma la Croce non è qualcosa di bello, anzi: è orribile!

I non cristiani dicono che siamo strani perché onoriamo uno strumento di tortura, perché nelle nostre case, nelle nostre scuole, appendiamo al muro l’immagine di Gesù Crocifisso. Hanno ragione a dire così?

Chiariamo bene le idee: non ci rallegriamo per la croce, non celebriamo uno strumento di morte, non onoriamo certo quei legni incrociati che sono serviti a far morire tanta gente!

Ma ci riempie di gioia e di meraviglia vedere come l’Amore di Dio è riuscito a trasformare uno strumento di morte in una sorgente di vita eterna!

Questa è la logica d’amore di Dio, questo è il potere di Vita che Lui ha in sé!

Non facciamo festa alla Croce, ma facciamo festa al Signore Gesù che per amore è morto sulla Croce e ha distrutto la morte con la sua risurrezione!

Facciamo festa alla Vita Eterna che ci viene offerta proprio a partire da quella triste croce di legno piantata sul Calvario.

Sapete? Una delle cose che Dio sa fare meglio è proprio trasformare la morte in vita! Il racconto che abbiamo ascoltato nella Prima lettura, tratta dal Libro dei Numeri, ci mostra un esempio di questo agire di Dio, che trasforma la morte in vita.

Che cosa succede agli Israeliti che stanno attraversando il deserto dopo essere fuggiti dall’Egitto? Le fatiche sembrano non finire mai, manca il cibo, manca l’acqua, e persino la manna che il Padre Buono invia dal cielo, sembra aver stancato il popolo in fuga.

Tutti si lamentano, brontolano, sono scontenti e se la prendono con Mosè e con Dio.

A tanti problemi se ne aggiunge un altro: i serpenti velenosi. Molti e davvero pericolosi, cominciano a circolare tra le tende dell’accampamento, proprio come serpeggia lo scoraggiamento nel cuore degli Israeliti.

Ben presto i serpenti diventano una minaccia terribile per tutti: uomini, donne, bambini, anziani, muoiono in gran numero per colpa del morso velenoso. Tutti sono spaventati, anzi di più, proprio terrorizzati!

Allora si rivolgono a Mosè: “Prega Dio, per noi! Anche se ci siamo arrabbiati con Lui, anche se ci siamo lamentati ingiustamente, chiedigli di aiutarci, di venire in soccorso e di liberarci da questi serpenti che ci stanno uccidendo!”

Mosè prega a nome di tutto il popolo e il Signore Dio gli risponde, spiegandogli cosa deve fare: “Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita”.

È una cosa semplice da fare e Mosè obbedisce prontamente: costruisce un serpente di bronzo e lo mette su un’asta, su un bastone alto, al centro dell’accampamento, ben sopra le tende, in modo che lo si possa vedere anche da lontano.

Stavolta gli Israeliti non cominciano a criticare e a lagnarsi, non dicono: “Ma che aiuto può darci un serpente di metallo? A che può servire?”

Sono ormai allo stremo, sempre minacciati dai silenziosi nemici striscianti e allora si fidano, si fidano di Dio e della sua parola, senza fare tante storie.

E accade quello che quasi non speravano: il gesto di fede in Dio, ridona la vita. Il gesto di fede, il gesto così semplice di guardare verso il serpente sull’asta, blocca l’azione mortale del veleno!

Chiunque viene morso da un serpente, se rivolge lo sguardo al serpente di bronzo, si ritrova in buona salute: il veleno smette di ucciderlo!

Chiunque, dopo essere stato morso, si fidava di Dio e rivolgeva lo sguardo al serpente, continuava a vivere come se non fosse successo niente!

È un racconto molto bello, un episodio in cui, ancora una volta, vediamo come l’amore di Dio sa trasformare una situazione di morte, in una sorgente di Vita.

Se ci avete fatto caso, nel Vangelo di questa domenica, Gesù, parlando con Nicodemo, ricorda proprio questo episodio del Libro dei Numeri.
Vi ricordate chi era Nicodemo?

Lo abbiamo già incontrato: è il dottore della Legge che va da Gesù di notte per parlare con lui senza che gli altri se ne accorgano. Gesù lo accoglie volentieri e tra i due c’è un lungo dialogo nella notte, che l’evangelista Giovanni ci riferisce nel suo Vangelo.

Oggi ne abbiamo ascoltato solo un pezzettino, in cui Gesù parla proprio di quando il popolo di Israele, nel deserto, viene attaccato dai serpenti: “come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”.

Il Maestro di Nazareth spiega a Nicodemo che, come Mosè ha innalzato il serpente sull’asta, nel deserto, così lui stesso, Gesù, sarà innalzato sulla Croce.

E come si salvavano dal morso dei serpenti coloro che rivolgevano lo sguardo al serpente di bronzo, così troveranno vita e salvezza coloro che non avranno timore di rivolgersi al Dio Crocifisso.

Noi, che siamo qui, siamo tutte persone che non hanno vergogna di rivolgersi con fiducia al Crocifisso! Anzi! Il segno della Croce accompagna tutta la nostra vita!

Viene tracciato addosso a noi fin dal giorno del battesimo e una delle prime preghiere che impariamo è proprio il segno della Croce.

Ogni giorno cominciamo la giornata e la concludiamo con un segno di croce fatto bene... Quando ci sediamo a tavola ringraziamo la bontà di Dio che non ci fa mancare nulla per vivere, facendo un segno di croce... Quando ci troviamo in difficoltà, quando dobbiamo affrontare qualcosa che ci spaventa, oppure che è molto impegnativo, allora ci facciamo il segno della Croce: è un modo per invocare silenziosamente l’intera Trinità!

È un segno che tracciamo su di noi per dire che ci fidiamo dell’Amore del Padre, che ci fidiamo della forza del suo Amore! una forza così grande che ha sconfitto la morte!

E quando pensiamo questo, niente ci può spaventare o scoraggiare!

Ecco cos’è che celebriamo oggi: la forza dell’Amore di Dio che trasforma la morte in vita!

Per questo siamo lieti di avere nelle nostre case il Crocifisso! Per questo appendiamo la Croce nel soggiorno o in camera da letto o anche nella nostra aula!

Perché in ogni momento di difficoltà, di dolore, di tristezza, anche noi possiamo alzare gli occhi verso la Croce, proprio come gli Israeliti guardavano verso il serpente di bronzo. Per loro significava bloccare il veleno mortale dei serpenti. Per noi, guardare la croce quanto siamo preoccupati o spaventati, significa bloccare il veleno mortale dello scoraggiamento, della tristezza, della sfiducia, della paura...

Quando guardiamo il Crocifisso o quando tracciamo sul nostro corpo il segno della Croce ci ricordiamo di quanto ci ama il Signore Dio, ci ricordiamo di tutti i segni del suo amore che già abbiamo sperimentato, e subito possiamo trovare consolazione, forza, coraggio.

In questa settimana vogliamo fare sempre bene, con molta attenzione, il segno della Croce, come una preghiera fatta con le mani, in cui mettiamo tutto il nostro cuore, tutta la nostra fede. Sentiamoci avvolti, protetti, sostenuti dall’ Amore di Dio che ha sconfitto la morte sulla Croce e ci ha spalancato la vita eterna!

Commento a cura di Daniela de Simeis

 

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