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TESTO Padre nostro che sei nei cieli

don Daniele Muraro  

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (07/09/2008)

Vangelo: Mt 18,15-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 18,15-20

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 15Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. 18In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.

19In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. 20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Il verbo italiano "ascoltare" ha due significati: il primo è mentre si sente "fare attenzione" e quindi "seguire con la mente", il secondo è, dopo aver capito "mettere in pratica", cioè "obbedire".

Quando si parla con uno, non si può ricevere sensazione più frustante dell'impressione che in quel momento l'altro sia assente col pensiero e non ascolti quello che gli diciamo.

Rivolti verso Dio il desiderio di essere ascoltati si esprime con la preghiera fiduciosa e insistente, l'ansia invece che il prossimo ci dia retta prende la forma dell'ammonizione e poi anche del richiamo.

Dio Padre, lo sappiamo, sta a sentire tutti, ma non sempre esaudisce. Nel Vangelo di oggi Gesù ci dice cha la preghiera che Dio ascolta più volentieri, addirittura infallibilmente, è quella che proviene dai fratelli che si amano. "Se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà."

Dio apprezza i credenti che non si ignorano a vicenda, ma ascoltano uno i suggerimenti dell'altro. I loro propositi e le loro richieste parlano con una voce sola. È facile dunque che essi trovino udienza presso Dio.

Certo che se in una comunità uno chiede a Dio il bel tempo e un altro contemporaneamente che piova, Dio non può ascoltare e accontentare entrambi.

Così san Giacomo ci dice che noi non otteniamo da Dio perché chiediamo male, per accontentare il nostro egoismo. In effetti il bene maggiore che Dio ci vuole concedere, quello che Lui ritiene più necessario a noi in quanto uomini e credenti è proprio la concordia e la collaborazione fraterna.

Non avremmo bisogno di chiedere a Dio tante cose per le nostre necessità naturali se in mezzo a noi regnasse l'amore fraterno e il sostegno reciproco. Allora ci resterebbe più tempo per ringraziare Dio e per lodarlo, ci sentiremmo in dovere di rivolgerci con riconoscenza a Colui che è la sorgente della bontà e della carità reciproca e ci verrebbe quasi spontaneo di farlo.

San Paolo al principio della seconda lettura ci lascia intravedere la possibilità di un mondo in cui non esiste alcun altro debito fra uomo e uomo se non quello di dell'amore vicendevole, questa è la descrizionoe del paradiso in terra.

Sappiamo invece che nel mondo le cose vanno ben diversamente. Nel salmo responsoriale, rivolto al popolo ebreo Dio esorta: "Non indurite il cuore!". Egli continua a ripetere la sua invocazione anche adesso rivolto verso di noi e attuale è anche il commento a queste parole da parte dell'autore del salmo: "Se ascoltaste oggi la sua voce!"

Facciamo un passo avanti. Sia la prima lettura sia il Vangelo ci assicurano che anche noi possiamo essere voce di Dio per il nostro prossimo. Nella prima lettura il profeta Geremia lo è per incarico ufficiale. Dio gli dice: "Io ti ho posto come sentinella per la casa di Israele". Il compito della sentinella o guardia è quello di anticipare l'arrivo del nemico o di un malanno, mettiamo una tempesta, avvertire in tempo tutti quanti del pericolo in modo da poter mettervi rimedio o in ogni caso di portarsi in salvo.

È chiaro che ricevere l'incarico di stare di sentinella vuol dire ottenere attestato di grande fiducia per una nobile incombenza, ma significa anche assumersi una grande responsabilità: la salvezza o la rovina di un'intera comunità può dipendere dalla tempestività dell'allarme.

Se poi la sentinella non viene ascoltata nei suoi appelli, allora chi si trova rovinato non può addossare la colpa delle disgrazie capitategli a chi doveva stare di vedetta, proprio perché lo aveva avvertito per tempo.

Solo l'uomo che coltiva un sincero dialogo con Dio nella preghiera però sarà capace di instaurare un costruttivo dialogo con il suo fratello. È facile puntare il dito in segno di giudizio e di disprezzo e ancora più facile è criticare di nascosto le magagne del prossimo.

Più difficile è affrontare personalmente chi sbaglia per farlo ragionare e invitarlo pacatamente a rivedere i suoi comportamenti negativi. Il dialogo a quattrocchi però deve rimanere la prima istanza da non evitare se si vuole veramente il bene del proprio fratello e se ci si considera parte della stessa comunità che è la Chiesa. Ce lo dice Gesù stesso.

Riguardo al perdono delle offese ricevute Gesù è esigente: il vero discepolo non si può fermare a perdonare sette volte al giorno, deve arrivare a perdonare fino a settanta volte sette, cioè non deve mai smettere di mostrarsi misericordioso.

Riguardo alla correzione fraterna Gesù si accontenta di molto meno, gli basta che il peccatore venga ammonito una sola volta personalmente, dopo di che si può passare a prendere con sé uno o due testimoni, alla terza volta si può rimettere tutto al giudizio della comunità e dei suoi responsabili. Infine chi non ascolta neanche la comunità se la vedrà con la sua coscienza, non esiste più nessun obbligo nei suoi confronti.

Però almeno una volta si deve provare a far ragionare chi scantona dalla retta via, senza girarsi dall'altra parte, e ciascun cristiano credente almeno per una volta nella vita si deve considerare il custode del suo fratello. Non vale trincerarsi dietro ad un falso riserbo.

La preoccupazione di non mescolarsi agli empi per non imparare le loro opere non può essere una scusa, davanti alla prescrizione di Gesù.

Dio non è soltanto il mio Dio, né solo il Dio dei giusti, perché Egli vuole essere il Padre di tutti, anche dei lontani. Costoro prima di separarsi definitivamente hanno il diritto di sentire almeno una volta la voce di qualcuno dei loro vecchi amici che li richiama a ristabilire la concordia fraterna. Gesù ci ha detto che è importante al punto che Dio si lega ad una richiesta fatta di comune accordo e per questa comunione fraterna Lui stesso ha pregato.

 

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