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TESTO Sentinella che t’apposti, attenta, osserva, avvisa!

padre Mimmo Castiglione

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (07/09/2008)

Vangelo: Mt 18,15-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 18,15-20

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 15Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. 18In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.

19In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. 20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Accorgersi di ciò che avviene. Individuare tracce.

La sentinella legge la storia, scopre gli indizi, interpreta gli eventi.
Attenta ai pericoli in cui s’incorre, altrui e propri.

Avvisare è un’arte difficile che ha fondamento nella sensibilità del cuore.

Far intuire che s’interviene non per giudicare condannando ma per aiutare.

Per una civile religiosa convivenza: conciliare correzione e perdono.
La posta in gioco è molto preziosa!

Non si è perfetti!

È una grazia avere consapevolezza di ciò che si è e a cui si tende,
ed anche di ciò che si dovrebbe essere,
e di tutte le volte in cui “non si fa centro e si fallisce”

con se stessi, con gli altri, con il mondo e con Dio!

Non è una comunità perfetta la nostra!
Sappiamo come dovrebbe essere e non è.
Ma non ci scoraggiamo e continuiamo a sperare.

Desideriamo con tutto il cuore che la nostra comunità sia:

il luogo dove ci si condivide. Sì! Ma nel limite e nella piccolezza

e ci si commuove per tanta debolezza;

il luogo dove ci si accoglie orfani e abbandonati con delicatezza

e dove ci si consola nella sofferenza e ci si conforta nel dolore;

il luogo dove si invoca misericordia, ricevuta ed accordata si continua a vivere,

consapevoli che senza perdono non si va avanti e non c’è futuro;

il luogo dove si assolve per liberarsi dal peso del giudizio e della condanna

e si evita che il rancore cresca e la rabbia permanga;

il luogo dove si sta sempre al posto di osservazione,

attenti perché nessuno si perda;

il luogo dove si è accorti perché della storia di ciascuno

nulla si smarrisca e permangano radici;

il luogo dove si rispetta il fragile e non si disprezza il debole,

dove si solleva l’oppresso e si valorizza per promuovere;

il luogo dove ci si stima per non sprofondare nella solitudine,
un luogo povero e carico di miseria,

dove nessuno sa di essere migliore e si esercita compassione;

il luogo dove si cerca se stessi
e si impara ad avere pazienza con la propria povertà,

sopportando la propria fragilità e si ricercano quanti sono in difficoltà;

è il luogo dove si tenta di ascoltare per vivere,

il luogo dove pregare certi della Skekina, della sua presenza;

il luogo dove realizzare ciò che si desidera di buono e di bello e di utile

e dove ci si annuncia a vicenda la buona e bella notizia per rinnovare speranza;

il luogo dove il dare è gratuito perché si è già ricevuto,

basta solo far memoria e si è liberi di non aspettare il contraccambio;

il luogo dove ringraziare è segno di gratitudine,

come il chiedere scusa è segno di maturità e nulla è scontato;

il luogo dove chiedere per bisogno non è mortificante,

come non è umiliante rimanere nella propria condizione umana.

Difficile essere obiettivi e stabilire quando gli altri commettono una colpa,
senza dimenticarci della nostra trave!
È una colpa forse quando gli altri non ci condividono,
o non la pensano come noi o non fanno ciò che vogliamo?

O piuttosto è da considerare un peccato quando si fa del male?!

Ammesso che sussista la colpa, che altri o noi stessi si abbia sbagliato,

come fare per ricondurre alla ragione, senza fare processi?

Nel quarto discorso di Gesù, quello ecclesiale,

l’evangelista Matteo, che insegnando ammonisce incoraggia ed esorta,

propone tre livelli di intervento della comunità nei confronti del fratello peccatore,
del quale s’è come custodi e non detective o sbirri
ed al quale bisogna prima di tutto far capire l’amore.
Tutti e tre i gradi d’azione importanti per un buon governo,

frutti d’intelligenza e d’accortezza, di furbizia e di prudenza,

per arrivare alla fraterna correzione mossa dalla comprensione e dalla compassione.

La reazione di chi è ammonito o rimproverato è molto probabile che sia negativa.

D’altra parte non sempre quando si consiglia, si è mossi dal bene disinteressato.

Talvolta a guidare è l’orgoglio, il senso di superiorità, l’autoritarismo,

od anche la furbizia: approfittare della situazione di debolezza dell’altro,

ostentando di conoscere il suo errore per soggiogarlo alla nostra volontà,
ricattarlo anche se inconsapevolmente esercitando potere.

A volte, può capitare, ci si compiace dell’errore altrui, così da sentirsi migliori!
Niente supremazia dunque o arrivismo e sogni di grandezza!

Nessuno è santo o perfetto.

Comunque sia, alla fine, se chi sbaglia non vorrà sentire ragione ed ascoltare,
l’invito della buona e bella notizia è quello di perdonare,

non lasciare nulla di intentato e riservatezza, non umiliare,

alla presenza di testimoni per ribadire l’iniziativa il tentativo,
e che sia trattato come chi ha bisogno di essere accolto,

educato pazientemente, amato in ogni caso, anche quando s’è fallito,

anche quando agli incorreggibili si dovrà ratificare con la scomunica

il loro allontanamento dalla comunità, ch’essi si auto-escludono
e che il loro rifiuto non dipende da altri.
Non dimentichiamo e fare in modo che nessuno si perda,

sono compagni di viaggio, non solo nostri ma sopratutto del Signore!

PREGHIERA

Pietà Signore Gesù,
per tutte quelle volte che non ho voluto essere sentinella
stando attento alla mia vita e alla vita del mio fratello

ascoltando la tua parola che mi avvertiva dei pericoli.

Pietà Signore Gesù,

del mio menefreghismo quando ho lasciato gli altri alla loro sorte,
non interessandomi del loro bisogno e delle loro necessità,

non avvertendoli dei pericoli in cui si trovavano o a cui andavano incontro.

Pietà Signore Gesù,

per tutte quelle volte che non ho voluto avere alcun debito con l’amore.

Pietà, Signore Gesù,

per tutte quelle volte che non ho voluto guadagnare il fratello

e per tutte quelle volte che ho fatto pesare all’altro il suo errore
o uno sbaglio inesistente.

Pietà Signore Gesù,

per tutte quelle volte che non ho richiamato l’altro alla verità

perché continuasse a sbagliare ed io primeggiare nella “santità”
e sentirmi migliore.

Pietà Signore Gesù,
per tutte quelle volte che ho infierito
e sono stato cattivo nel rimproverare.

Pietà Signore Gesù,

per tutte quelle volte che ho approfittato dell’errore dell’altro,
che volontariamente non ho voluto correggere,
per primeggiare nella comunità

e sentirmi in diritto ed in dovere di giudicare.

Pietà Signore Gesù,

per tutte quelle volte che non ho accolto con umiltà l’ammonizione

che mi veniva fatta per il mio bene e per il bene comune.

Pietà Signore Gesù,

per tutte quelle volte che non ho creduto che eri in mezzo a noi
e che ci donavi quanto ti chiedevamo.

Pietà per tutta la delusione e la rabbia che ho avuto nei tuoi confronti
quando non ho ottenuto quanto ti chiedevo.

Grazie Signore,
perché confermi tutto ciò che di bene decidiamo di operare.
Grazie Signore,

perché sei sempre presente in mezzo a noi quando t’invochiamo

per ottenere sapienza nel giudizio e pace nella misericordia.

 

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