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TESTO Imparzialità e giustizia nell'amore di Dio

padre Gian Franco Scarpitta  

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (21/09/2008)

Vangelo: Mt 20,1-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: 1Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. 3Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, 4e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. 5Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. 6Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. 7Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.

8Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. 9Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 10Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. 11Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone 12dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. 13Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? 14Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: 15non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. 16Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

Se stiamo al sistema remunerativo tutelato dai nostri sindacati odierni, effettivamente le ragioni di questa protesta parabolica sono legittime: chi ha lavorato un’intera giornata non può essere pagato come chi ha svolto una sola ora di servizio e chi ha affrontato il caldo, la sete, la fatica stremandosi per oltre 10 ore va pagato ben più di chi si è affannato solamente un’ora e per di più nei periodi più confortevoli della giornata, per quanto riguarda il clima.

Così in effetti, obiettivamente, le rimostranze di questi lavoratori nei confronti del padrone della vigna hanno le loro giustificazioni, tuttavia non si tratta di un’ingiustizia se si vuole guardare il sistema remunerativo vigente per il quale una dramma al giorno era probabilmente la paga che si fissava per ogni prestazione lavorativa, almeno stando a quanto afferma Tobia 5, 14 – 15 e in ogni caso la pedagogia del racconto parabolico verte a ragguagliarci di una sola cosa certa: come il padrone della vigna è indulgente con tutti allo stesso modo e remunera ciascuno nella stessa misura di tutti gli altri, non importa se siano venuti all’ultima ora di lavoro, così il Signore concede la salvezza senza riserve e senza particolarismi a quanti, in qualunque momento, si ravvedano e decidano di “lavorare nella sua vigna”, cioè di prendere parte alla dinamica del Regno vivendo la familiarità con il Padre attraverso il Figlio nello Spirito Santo.

Per essere più concreti, non è raro che succeda tante volte quanto si descrive nel capolavoro manzoniano de “I promessi sposi” quando il Card. Borromeo alla presenza di Don Abbondio elogia e incoraggia l’Innominato convertito di recente esultando con lui per l’avvenuto cambiamento radicale di vita, ma provocando in questo la gelosia del timido curato che in ciò vede una discriminazione nei suoi confronti (“Lo tratta con molte più attenzioni di me, che sono sempre stato suo fedele servitore...”) perché preferiamo non rallegrarci per quanti giungono alla Chiesa dopo una lunga esperienza di errore e di peccato nel mondo del male e dei compromessi: siamo soliti molte volte ergerci in atteggiamento di ostile superiorità su quanti si convertono di recente, giudicando male chi approda al Signore tardivamente e deprezzando coloro che, dopo un passato penoso nel peccato e nella droga, bussano alla porta della comunità ecclesiale e molte volte avendo noi l’assurda pretesa che il Signore (e anche la parrocchia) ci favorisca più di loro solo.

Non prestiamo mai attenzione al fatto che coloro che approdano a Dio dopo un lungo passato triste hanno molto da comunicarci e da insegnarci e che essi molte volte meritano più di noi quanto alla salvezza al presente e al futuro, perché il loro entusiastico zelo verso il Signore e verso il prossimo non è paragonabile ai nostri pregiudizi e alle preclusioni nei nostri confronti.

Il Signore usa lo stesso metro con tutti quanto alla salvezza e alla nell’ascolto e nella vita della sua Parola e non è mai troppo tardi aderire a lui guadagnando la vita alla pari di tutti gli altri; anche giungendo in ritardo al lavoro nella vigna del Signore non è affatto impossibile ottenere il premio proporzionato alla nostra fedeltà e alla sola qualità del nostro lavoro perché quello che conta è la qualità non la quantità, parimenti all’esclusiva dell’amore di Dio e della Sua imparzialità e gratuità nei nostri confronti e giungere all’ultimo momento con un cuore ben disposto molte volte merita di più ch aver lavorato alacremente ma senza spirito di partecipazione e di spontanea apertura verso Colui che ci vuole operai perché ci vuole salvi.

Quello che conta è che la conversione sia sincera e motivata e che il nostro zelo verso Dio sia sempre alimentato dal lo spirito fervoroso di seguire il Signore in ogni passo motivati dalla gioia di appartenere a lui.

Dio è imparziale con tutti e nella sua giustizia retributiva intende garantire a ciascuno il premio proporzionato delle nostre fatiche nonché la gioia di vivere sempre nel suo nome insomma intende proporsi a tutti come il Dio della gioia e della salvezza universale che chiama tutti alla riconciliazione con sé e alla comunione nella gioia e nella vita piena espressamente definite dal libro del Profeta Isaia (I Lettura): "Chi non ha denaro venga ugualmente", poiché la salvezza non è questione di interessi commerciali né scaturisce da un rapporto fra datore di lavoro e dipendente, ma si attua a partire dalla sola benevolenza di Dio, i cui criteri di giudizio e di ricompensa superano le aspettative umane ed è molto bello e conveniente che si possa riporre fede in un Dio che si presta all'uomo totalmente fino a raggiungere l'umanità assurda e peccatrice che attende di essere riscattata e di avvertire la garanzia di trovarsi riammessa nell'ordine della grazia; e da parte di tutti bisogna che tale prerogativa di salvezza divina universale venga accettata a cuore aperto e senza condizioni.

 

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