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TESTO La professione di fede a Cesarea di Filippo

don Daniele Muraro  

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XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (24/08/2008)

Vangelo: Mt 16,13-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 16,13-20

In quel tempo, 13Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». 14Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». 15Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». 16Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». 17E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. 18E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. 19A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». 20Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

Ai nostri giorni ci sono molte opinioni, ma poca fiducia. Si cerca di costruirsi un'opinione su molti argomenti, ma si è disposti a concedere fiducia a poche persone. I mezzi di comunicazione sociale permettono di sentire il parere di un esperto praticamente su tutti gli avvenimenti di attualità, ma, lo dicono i sondaggi, nella gente cresce la sensazione di smarrimento a riguardo dei prossimi passaggi epocali.

Di fronte alla varietà di posizioni sociali culturali e morali, è necessario prendere posizione ed esprimere un giudizio personale. Altrimenti si finisce per lasciarsi trascinare dalle chiacchiere senza costrutto o dalle sbandate della novità del momento.

Se gli apostoli avessero dovuto esaminare tutte le opinioni dei loro contemporanei, che passavano di bocca in bocca, sulla persona di Gesù, non ne avrebbero mai trovato la fine.

Come abbiamo sentito dal resoconto di Matteo, alcuni vedono in Gesù il Giovanni Battista redivivo, "per questo la potenza dei miracoli opera in lui". Questa per esempio fu la reazione di Erode davanti ai suoi cortigiani, quando gli fu riferito per la prima volta della popolarità di Gesù. Dovette aver pensato più o meno così: "Non faccio in tempo a disfarmi di un profeta, che subito ne spunta un altro e per giunta più forte quanto a miracoli e a consenso popolare. Deve trattarsi proprio di un interferenza soprannaturale sulle vicende del mio regno!".

I più raffinati fra il popolo, che non condividevano la mentalità magica del loro tetrarca Erode, pensano invece ad Elia, il grande profeta dell'Antico Testamento. Secondo la testimonianza dei testi sacri Elia concluse la sua permanenza terrena senza morire, direttamente rapito in cielo su un carro di fuoco.

Era convinzione comune che prima dell'arrivo del Messia Dio avrebbe mandato di nuovo sulla terra Elia. Questa attesa era alimentata dal passo finale del libro di Malachia, "Ecco io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore: così che io venendo non colpisca il paese con lo sterminio.".

A questo proposito, parlando di Giovanni Battista, dopo la morte di lui, Gesù aveva chiarito: "In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battistà. E se lo volete accettare, egli è quell'Elia che deve venire."

Identificando Gesù con Elia invece l'opinione comune dimostrava di aspettare ancora un altro Messia, probabilmente come dice Ezechiele, uno che sarebbe venuto a fare giustizia e a sistemare le cose.

Nella collezione dei giudizi dei contemporanei, gli apostoli riportano una terza identificazione di Gesù con un personaggio conosciuto, si tratta di Geremia. Siamo sempre nella linea dei profeti.

Geremia era stato profeta di sventura, che aveva preannunciato l'umiliazione e la rovina di Gerusalemme, e che aveva molto dovuto soffrire durante la sua missione, perciò nell'attribuzione di una somiglianza con Geremia poteva rientrare anche il convincimento che a Gesù sarebbe toccata una brutta sorte, più o meno come Geremia, se avesse perseverato nei suoi richiami verso le autorità del Tempio.

Gesù non perde tempo a smentire queste congetture sulla sua persona, ma incalza gli apostoli, chiedendo non più il parere della gente, ma quello loro personale. Risponde Simone il pescatore: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!". Di fronte ad una professione di fede così limpida e precisa Gesù risponde in maniera solenne. Dopo questa dichiarazione la persona di Simone non sarà più la stessa: Gesù rimane il Figlio di Dio, ma Simone diventerà la pietra di fondamento della sua Chiesa, si chiamerà Pietro e a lui saranno affidate le chiavi del Regno del cieli.

Sono tre le immagini che adopera Gesù rivolto al suo fedele discepolo: la prima quella della pietra (Kefàs), la seconda quella delle chiavi e la terza quella del legare e sciogliere. Sentiamo che come le commenta papa Benedetto in una delle catechesi del mercoledì: "Le tre immagini a cui Gesù ricorre sono in se stesse molto chiare: Pietro sarà il fondamento roccioso su cui poggerà l'edificio della Chiesa; egli avrà le chiavi del Regno dei cieli per aprire o chiudere a chi gli sembrerà giusto; infine, egli potrà legare o sciogliere nel senso che potrà stabilire o proibire ciò che riterrà necessario per la vita della Chiesa, che è e resta di Cristo. E' sempre Chiesa di Cristo e non di Pietro".

Tutte e tre le immagini parlano di fede e di fiducia, della fede di Simone e della fiducia di Gesù. La pietra o roccia mette in evidenza la stabilità del credere come il verbo ebraico amen che significa appunto "sto saldo".

La consegna a uno delle chiavi di casa propria (in questo caso il Regno dei Cieli) va da sé che indicano fiducia, semmai è da sottolinearne il peso. Anticamente le chiavi delle porte delle città o dei palazzi erano gigantesche tanto che si dovevano tenere a tracolla. Nella prima lettura quando Dio si rivolge al nuovo prefetto della casa reale Eliakìm che Egli aveva scelto al posto di Eliakim, dice che la chiave della casa di Davide gliela metterà sulle spalle, tanto era grande e difficile da portare e anche questo può avere un significato simbolico riferito al ruolo di Pietro come custode della fede.

Alle chiavi del Regno dei cieli si contrappongono le porte degli Inferi. La nuova traduzione preferisce dire: "potenze". Si tratta dell'Inferno nel suo sforzo di straripare dalle sue porte e di proiettarsi verso l'esterno. Gesù assicura che il regno del male non potrà averla vinta sulla Chiesa; malgrado i suoi sforzi ostili contro la Chiesa esso non prevarrà .

Sul legare e sciogliere poi ha detto bene papa Benedetto: stabilire o proibire ciò che ritiene utile per la vita della Chiesa, ma sempre in una prospettiva di fede.

E' la fede che salva, la fede in Gesù Figlio di Dio Salvatore, la fede di san Pietro, la fede dei primi Apostoli e dei loro successori.

 

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