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TESTO Commento su Matteo 16,21-27

Suor Giuseppina Pisano o.p.

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (31/08/2008)

Vangelo: Mt 16,21-27 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 21Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. 22Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». 23Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

24Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? 27Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.

Pietro ha appena affermato, mosso dallo Spirito Santo, che Gesù, il Maestro al quale da tempo si accompagna, è il Cristo; un' affermazione, che, a prima vista, sembra esser segno di una raggiunta maturità nella fede; ma, in realtà, tanto Pietro quanto i suoi compagni, ne sono ancora lontani; essi devono ancora attraversare i giorni oscuri del dolore e della morte del loro Signore, prima di testimoniare, con autenticità la loro fede nel Figlio di Dio.

Gesù sta per iniziare il suo viaggio verso Gerusalemme, il culmine della sua missione di Redentore, e, prima che ciò avvenga, parla ai suoi discepoli di quelli che saranno i giorni ormai prossimi, giorni non certo felici.

Terminata l'esultanza delle folle, acclamanti ai suoi miracoli, e desiderose delle sue parole, ora, il Maestro incontrerà altri, per opera dei quali si compirà il suo destino:" Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli, scrive Matteo, che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno."

Sicuramente, quelle parole conclusive, che parlavano di resurrezione, non ebbero presa sui discepoli, quanto le altre, che parlavano di sofferenza e di morte; ed ecco la reazione pronta di Pietro:«Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai!».

E' la normale reazione dell'uomo di fronte alla prospettiva del dolore e allo spettro della morte; di più, è la reazione dell'amico, che difende l'amico, e che vorrebbe proteggerlo da qualunque pericolo; anche se, in questo caso, Pietro sembra aver dimenticato che, il suo amico, è colui che, poco prima, egli aveva definito:" il Cristo di Dio", non una persona qualunque, ma l'Inviato del Padre per la salvezza dell'uomo.

La mente del pescatore di Galilea, l'uomo generoso al quale Gesù aveva affidato la sua Chiesa, lui, la " roccia", si rivelava alla stregua di tutti gli altri in Israele, in attesa di un " messia" trionfatore, un capo politico, uno con cui dividere il potere, una volta liberati dall'oppressione nemica.

Sembra di tornare indietro, a quei quaranta giorni nel deserto, al termine dei quali, il Figlio di Dio affrontò il drammatico scontro con Satana, che gli proponeva un messianismo terreno, fatto di gloria, di potere e di ricchezze.

La tentazione diabolica, sembra ripresentarsi, con forza, in quelle parole di Pietro, che vorrebbero scongiurare la fine dolorosa del Maestro, proprio lì, nella città santa.

Ed ecco la risposta, forte, dura del Cristo, che, rivolto al suo discepolo, a colui che doveva succedergli nella guida del gregge, dice:«Lungi da me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!»

Al Tentatore, che, nel deserto, gli proponeva un messianismo fatto di prodigi, di potere e di ricchezze, il Figlio di Dio aveva detto:" Vattene, Satana!..."(Mt.4,10), ora, quello stesso appellativo, il Cristo lo rivolge a Pietro, che, per un momento, istintivamente e inconsapevolmente, cerca di distoglierlo dall'adempimento della volontà del Padre: dare la vita per la redenzione degli uomini;

una redenzione che comporta dolore e morte; una redenzione che è via di salvezza, una via da percorrere passo, passo sulle orme del Cristo.

E' la sequela del Figlio di Dio, una scelta, che l'uomo deve compiere in assoluta libertà:«Se, dice il Signore, qualcuno vuol venire, dietro a me....»; non dà un comando, fa solo un'ipotesi, che rispetta la libertà personale, come in quell'altra occasione, quando, dirà ai discepoli: «Volete andarvene anche voi?»(Gv.6,67); ma i discepoli capirono, che lontano da lui, non poteva esserci vera vita.

Seguire Cristo, camminare sui suoi passi, tradurre in esperienza quotidiana, concreta le sue parole, non è un percorso agevole, non è una passeggiata tra i boschi o sulla spiaggia; camminare con Cristo è scalare il simbolico monte di Dio, è attraversare anche le tenebre del dolore, perché quella via culmina sul Calvario, terribile tappa, prima della resurrezione.

Ora, egli dice ai suoi, e, in loro ad ogni uomo, che vorrà sceglierlo come Maestro e Pastore, che c'è una croce da portare, una croce, il cui peso non è prevedibile, perché si conosce nel momento in cui si porta, ed è una croce fatta su misura, per ognuno, non è interscambiabile; ma, per quanto dolorosa e pesante, essa è garanzia della salvezza, e non tanto perché è croce, quanto, perché associa e assimila al Figlio di Dio Redentore.

«... chi vorrà salvare la propria vita, sono le parole di Cristo, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.»

E' questa la fede di chi ha scelto di seguire Cristo, meglio, ha accettato la scelta che Dio, nel Figlio, ha fatto di ogni uomo.

E' Paolo a dirci che Dio da sempre ha scelto ciascuno di noi, lo ha amato con amore di predilezione, in Cristo, perché vivesse, per sempre, al suo cospetto, nell'amore.(Ef.1,4); ora, la scelta di Dio attende la risposta dell'uomo, di ogni singolo uomo o donna, cui giunga il messaggio del Vangelo.

Così Gesù, in questo momento, veramente cruciale, della sua vita, rinnova ai discepoli la sua proposta di sequela, senza nasconderne le difficoltà, e i discepoli lo seguiranno, a fatica, tra sgomenti e paure, ma lo seguiranno.

E' il fascino della chiamata di Dio, e, solo chi ne fa esperienza ne conosce il gaudio profondo, tra seduzione e dolore: una forza d' attrazione irresistibile, alla quale si consente, pur con umana trepidazione.

E' l'esperienza del profeta Geremia, sulla quale, oggi, la liturgia eucaristica ci fa riflettere, nel passo della prima lettura:" Mi hai sedotto, Signore, io mi sono lasciato sedurre; sono le parole del Profeta, mi hai dato forza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di scherno, e ogni giorno ognuno si fa beffe di me... Mi dicevo: «Non penserò più a lui, non parlerò più in suo nome!». Ma nel mio cuore c'era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo."

Si, nonostante le difficoltà, nonostante l'umana ripugnanza per l'aspetto crocifiggente di una vita in fedeltà, chi è entrato nel fuoco dell'amore di Dio, non può che rispondere alle esigenze pressanti di questo amore.

E' quel che Paolo, con altre parole ci dice:" Fratelli vi esorto, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio...."

La sequela è, dunque, l' offerta totale di sé a Dio, in Cristo redentore, un'offerta senza riserve, così come fu quella di Maria di Nazareth, che ripeté quel primo " Si " della sua giovinezza, anche nell'agonia del Calvario.

E' l'offerta generosa e totale di Paolo, il quale afferma:"Tutto ho stimato una perdita, pur di conoscere Cristo e partecipare alle sue sofferenze, conforme a lui nella morte."(Fil.3,8-9); e, con lui di quanti scriveranno, con la vita, la storia della Chiesa.

Tuttavia, se la sequela di Cristo ci parla di dolore e morte, e la Storia è ricca di esempi, ciò non è per la distruzione, ma in vista di una speranza che non muore, poiché, lo stesso Signore Gesù ci dice:"... il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni."

Nessuno, gode della tribolazione, per la tribolazione, si accetta per amore, si percorre il lungo, faticoso cammino della sequela, dietro al Cristo, perché la prospettiva ultima è quella di contemplare, per sempre, il suo volto, con la certezza, anche nei momenti più oscuri, che tutto è grazia, anche l'amarezza del dolore.

Sr Maria Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisano@virgilio.it

 

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