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TESTO Coraggio sono io, non aver paura

Marco Pedron  

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (10/08/2008)

Vangelo: Mt 14,22-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 14,22-33

[Dopo che la folla ebbe mangiato], 22subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.

24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». 31E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». 32Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».

Questo vangelo segue quello della moltiplicazione dei pani di domenica scorsa. Questo brano descrive in immagini un'esperienza molto forte che i primi discepoli hanno fatto. Non possiamo dire quale esperienza, ma certamente che è qualcosa che riguarda tutti noi. Possiamo solo dire che qui viene descritto come dalla paura si possa passare alla fiducia. Il vangelo dice: "Se tu confidi solo in te affonderai, ma se tu confidi in Dio ce la farai".

Il vangelo inizia con un ordine di Gesù. Il verbo greco dice che "li costrinse a salire sulla barca". Perché? Dopo la moltiplicazione dei pani Gesù ha un'ondata di grande successo: è diventato un "mito di uomo".

Ma Gesù sa quanto il consenso e il successo possano essere un grave pericolo per lui, per i discepoli e per la nostra vita. Perché più è forte la necessità di essere accettati dagli altri e più ci allontaniamo dal nostro destino e dalla nostra personalità. Più seguiamo gli altri e meno seguiamo noi (il piano di Dio).

Essere importante, essere famoso, è ovvio, ti fa piacere, ti fa sentire qualcuno, ti fa sentire amato, voluto, desiderato. E se non stai attento "ti dà veramente alla testa". Non vivi più ciò che devi vivere e ciò che devi essere, ma tutto diventa in funzione del mantenere il successo e la fama. E' per questo che ai suoi discepoli ordina di andare via da lì; lui stesso se ne va in un luogo solitario.

Il vangelo mostra la contrapposizione fra Gesù e i discepoli.

Gesù se ne sta da solo mentre i discepoli sono insieme; Lui è sulla terra ferma, sul solido, sul sicuro, mentre loro sono nell'acqua, nell'instabile, sul mobile, nell'insicurezza. Lui è calmo, tranquillo e sta, mentre loro si agitano, si affannano e lottano senza combinare niente.

Allora questo vangelo è un grande invito: ritagliati e vivi spazi di solitudine. Osa restare di fronte a te stesso.

C'è una solitudine che è frutto di isolamento, di incapacità di relazionarsi, di dirsi e di aprirsi. C'è una solitudine che è frutto di un carattere difficile, egocentrico, narcisista, di chi vede solo sé al centro dell'universo e così tutti lo lasciano da solo (cioè isolato). Questa si chiama chiusura.

Ma c'è una solitudine buona, anzi necessaria. E' quando l'uomo si mette di fronte e davanti quello che lui è, quello che è il mondo, il senso della vita, le paure, il desiderio d'infinito. Questa è preghiera.

L'uomo matura solo nella solitudine, solo mettendosi di fronte a se stesso e guardandosi in faccia, guardandosi negli occhi e guardandosi nel cuore, guardandosi veramente senza nascondersi la verità.

Può essere un momento molto duro e doloroso ma è il momento della verità. E' il silenzio, il deserto, lo smarrimento, quando smetti di raccontarti bugie.

Mentre noi ci mettiamo davanti alla tv o andiamo in discoteca, in piazza, al mercato, per le strade affollate, dove c'è caos, confusione, rumore e molta gente, Gesù se ne andava da solo in montagna, in luoghi solitari, separati e isolati. E' questa solitudine che ti dà solidità e che ti permette di non agire invano. Perché la solitudine è la capacità di stare bene con sé (anche senza gli altri).

Noi abbiamo molta paura di fermarci e guardarci in faccia. Siamo ancora dei bambini infantili e immaturi. Siamo come un bambino che non vive senza qualcuno al suo fianco, che ha sempre bisogno di qualcuno, di appoggiarsi, di conferme, di assensi, di lodi e di riconoscimenti. Tanta gente sta insieme non perché ama la compagnia, ma perché non riesce a stare da sola. Molte persone si sposano non per amore, ma per paura di rimanere da sole. Ma un uomo che non sta con sé non può stare bene con nessun altro.

Per gli ebrei che non erano un popolo marinaro, le acque erano il simbolo del caos, del pericolo, dell'ignoto, di tutto ciò che fa paura, del disordine, della confusione, del buio all'inizio della creazione.

Il potere di Dio, invece, è quello di dominare le acque. Giobbe descrive Dio come "colui che ha camminato (calpestato) la schiena del mare" (Gb 9, 8). Il grande evento del popolo ebreo è il passaggio del Mar Rosso. Dio domina le acque e divide il Mar Rosso. Il Siracide descrive Dio che cammina sulle acque del mare (Sir 24, 5-60).

Le acque sono i problemi, le nostre paure, tutto ciò che non siamo in grado di dominare e di controllare.

Nella vita ci capiteranno delle situazioni più grandi di noi e allora ci sentiremo come i discepoli. Ci sembrerà, come i discepoli, di essere nella bufera, e per quanto ci impegneremo a remare non basterà. Sentiremo di non farcela; sentiremo di non essere in grado di gestire o di controllare le cose. A noi piacerebbe gestire tutto, tenere tutto sotto controllo, avere la vita nelle nostre mani: ma non è così. In certe situazioni ci sembrerà di affogare, di annegare, di colare a picco. E che ci rimarrà da fare? Ci dovremmo fidare.

Come Pietro avremo paura di non farcela. Magari usciremo dalla nostra barca, faremo qualche passo, ma poi ci verrà il dubbio e affonderemo.

Pietro qui gli dice: "Signore, se sei tu, comanda". "Quel se sei Tu" è il dubbio. Noi mettiamo al mondo dei figli ma poi ci chiediamo: "Ce la faremo a educarli? Saremo delle brave mamme? O gli trasmetteremo tutte le nostre ansie, le nostre paure e i nostri difetti?". Oppure: "Ce la faremo a stare insieme una vita? Diventerò ciò che devo diventare? Riuscirò a cambiare? Sarò felice? Arriverò fino in fondo? Perderò la fede, magari nella difficoltà? Mi accontenterò? Mi adatterò? ".

Pietro affonda perché dubita. Pietro affonda perché cerca la sicurezza. La certezza vorrebbe controllare tutto, vorrebbe garantirsi prima di iniziare il viaggio, vorrebbe non aver paura. Ma non si può.

Allora ci sono due alternative: il dubbio o la fiducia. Se guardi a te, tu affondi. Tu, invece, non guardare alle tue forze, a quello che sei capace, a ciò che sei: tu inizia, cammina, vai avanti e tieni lo sguardo fisso su di Lui, su Dio. Tu fidati di Dio e della Vita e camminerai sulle acque, passerai attraverso il fuoco e affronterai l'Everest.

Un giorno, durante una ferrata, uno dei ragazzi ebbe un attacco di panico e l'animatore gli disse: "Non guardare giù e non guardare su; tu guarda me e seguimi". E ce la fecero.

Nella barca si sta bene, si è protetti, ci si crede al sicuro. Ma ad un certo punto la vita ci chiama ad uscire perché altrimenti lì si affonda e non ci si può più barcamenare.

Nella barca ci sei tu e la tua famiglia: hai 30 anni, in casa hai tutto, non ti manca niente. I tuoi genitori non ti chiedono niente, né ti assillano; sono buoni e generosi con te. Ma c'è qualcosa che non va. C'è un inquietudine che ti prende, non sei contento della tua vita. Giorno dopo giorno ti spegni e diventi sempre più buio. Ad un certo punto non hai più neanche tanta voglie di vivere; la vita ti sembra un mostro, un fantasma, uno schifo. Ma è proprio in quel momento, proprio quando sembrava la fine che ti si accende la luce: "Non posso rimanere in casa. In questa casa io sarò sempre figlio. Io devo essere adulto, grande. Questa è la casa dei miei genitori, non è casa mia. Io devo costruire e vivere la casa e la mia vita". (Questo dovrebbe essere un deterrente dal vivere "vicino a casa dei miei"; la vicinanza fisica spesso è psicologica). Allora prendi tutte le tue forze, esci di casa e vai dove il Signore ti chiama.

Adesso non sei più sulla barca, adesso cammini sulle acque. Non ci sono più i genitori quando torni la sera; adesso ti devi lavare, stirare e ti devi arrangiare. Quando è sera sei da solo e nessuno ti fa compagnia. Allora inizi a sentire la nostalgia di prima e ti verrebbe voglia di tornare. Allora inizi a dubitare: "Non so se ce la faccio; e se non tengo?; e se non resisto?; ce la farò?". Quando fai questi pensieri, affondi: "Guarda a Gesù e tendili la mano". Fidati e ce la farai. Se inizi a guardare a te o a dubitare non c'è altra strada che la sconfitta.

La barca rappresenta quelle situazioni in cui tutto si coalizza contro di te e la paura ti assale.

Un uomo era fidanzato da tanti anni con una ragazza. La casa è pronta e lei è molto benvoluta dalla famiglia di lui. Ma ad un certo punto – il rapporto si trascinava – lui si innamora di un'altra donna che rimane incinta. Dentro di lui si scatena il finimondo e tutti i mostri che dormivano si svegliano e si avventano su di lui: "Cosa dirà la gente? Bravo! E sì che eri un ragazzo modello! Ma sai come farai stare tua madre? Con che faccia ti presenterai da lei? Sai che chiacchiere che verranno fuori!". Durante le notti pensa di uccidersi: non sa se riuscirà a sostenere questo disonore; altre volte pensa all'aborto: nessuno saprebbe niente.

Ecco la voce: "Coraggio sono io, non aver paura". Così affronta la sua fidanzata e sua madre. E quella che sembrava la fine, un disastro, quello che sembrava un mostro si rivelò l'amore e la felicità della sua vita. Si è sposato ed ora è felice di come sono andate le cose!

Ci capiterà che saremo sommersi dalla paura e dal terrore. Ci capiterà di andare a fondo e allora grideremo dalla rabbia e dalla paura. E cosa faremo in quel momento?

Trent'anni: sei una donna e hai un nodulo al seno: è maligno! Che si fa? Dove ti attacchi? Ma cosa vuoi pensare? Cos'è che ti impedisce di sprofondare nell'abisso? Se inizi a pensare a cosa ti potrebbe succedere o a cosa è successo ad una tua parente, è la fine. L'unica possibilità è ascoltare la voce: "Coraggio, ci sono io, non aver paura".

Sei sposato da dieci anni e non riesci ad aver figli. Fai le analisi e ti viene detto che non ne puoi proprio avere. Il mondo ti crolla addosso. "Che senso ha vivere ancora? Mia moglie mi lascerà perché io non posso averne? E adesso?". Se inizi a pensare così è la fine. L'unica possibilità è: "Coraggio, si sono io, non aver paura".

Stai aspettando un figlio e l'amniocentesi ti dice che è down. Che si fa? Si aprono le acque del tuo cuore e tu vieni trascinato nell'abisso profondo; ti sembra che tutto crolli, che tutto cada. Ti sembra di morire. Dove ti attacchi? Cos'è che ti può salvare? L'unica possibilità è la voce: "Coraggio, ci sono io, non aver paura".

Credi di avere dato un'educazione modello ai tuoi figli: ma un giorno ti accorgi che tua figlia è anoressica. Allora ti accorgi di aver sbagliato: non sai cosa, ma l'educazione è stata certamente un fallimento. Ma Gesù ti dice: "Coraggio, sono io, non aver paura". Esci dalla tua barca e vieni a vedere cosa devi imparare.

Se tu hai il coraggio di uscire dalla tua barca (le tue idee fisse e rigide), se ti fidi di me (di ciò che la vita ti propone) e chiedi aiuto ("Signore, salvami") ti accorgerai che anche questo fatto così difficile c'è perché tu possa imparare qualcosa che altrimenti non impareresti. Ti accorgerai che anche qui dietro ci sono io. Fidati e vieni da me. Ad esempio imparerai che l'amore ha bisogno di contatto, di carezze, di coccole, di abbracci, di parole dolci e gentili e che questo non lo hai mai dato a tua figlia e così lei ha "fame d'amore".

Ad un certo punto ti accorgi che ti sei trincerato dietro ai principi religiosi: con le norme e le tue devozioni stai nascondendo la tua ansia e la tua paura a cambiare. Fai tutto: la messa la domenica, le preghiere la sera e ti guardi bene in modo da essere un buon cristiano. Ti attacchi alle regole perché non circola più l'amore. Ma interiormente sei sempre lo stesso e non fai progressi perché hai paura; anzi sei diventato duro, senza amore, imprechi con gli altri e te la prendi per la loro rilassatezza religiosa: "I giovani di oggi non hanno più rispetto; la società non è più cristiana". Guardati: sei diventato senza gioia, duro nel giudizio. Secondo te tutti gli altri sbagliano, ti tieni stretto le tue idee religiose e sulla vita, e critichi tutti; sei ostinato, dal giudizio spietato e dalla chiacchiera facile. Guarda come s'è irrigidito il tuo cuore. Non sai più amare; non sai più piangere; non conosci più la tenerezza e la misericordia. Conosci solo la giustizia (dici tu) che invece è il giudizio. Ma Dio ti viene incontro: all'inizio sembra un fantasma, un mostro: "Che è questa? Una nuova religione? Una nuova dottrina? A noi hanno insegnato diversamente!". Con tutte le tue forze cerchi di scappare e di sfuggirgli. Ma Lui continua a venirti incontro e tu tremi dalla paura perché non vuoi cambiare; allora gridi e ti arrabbi contro questa "nuova forma di religione". E ad un certo punto ti accorgi che è Lui e che ti dice: "Coraggio, non aver paura, sono io". Ti accorgi, come S. Paolo, che ciò che combattevi con tutte le tue forze è proprio Lui. E Lui ti invita: "Esci dalla barca delle tue sicurezze e vieni verso di me".

Allora tu devi uscire dalle tue chiare regole religiose, dal sapere tutto di Dio e dal possederlo facendo certi riti. E impari che non lo puoi controllare; e impari che cos'è la fiducia e la fede; e impari che finora hai avuto solo tanta paura (che tu chiamavi religiosità); e impari che Lui non ti abbandona; e finalmente lo incontri e gli dai la mano, finalmente fai esperienza di Dio perché finora, dentro la barca, Lui non c'era. E impari che fede è rischiare, osare, uscire dalle certezze, fidarsi, affondare ed essere salvati.

Questo vangelo dice molte cose importanti, fondamentali, per la mia vita e per la mia fede.
1. Ad un certo punto le questioni dure bisogna affrontarle.

I discepoli hanno dovuto incontrare il fantasma anche se avevano paura, anche se ne erano terrorizzati. Ad un certo punto Pietro ha dovuto affrontare il mare anche se ne era terrorizzato.

Ci sono delle questioni che ad un certo punto non si possono più rimandare, demandare, posticipare: bisogna affrontarle, anche se si ha paura, anche se si farebbe di tutto pur di non incontrarle.

Un ragazzo si è tagliato durante un'uscita. Non voleva che il medico gli mettesse i punti. Allora il medico gli ha detto: "Adesso ti metto i punti e non si discute più. Anche se hai paura. Bisogna farlo, quindi si fa".

Ad un certo punto i piedi bisogna metterli in acqua anche se si ha paura.

2. Non si può controllare tutto: bisogna fidarsi.

C'era un papà che giocava con la figlia piccola. Lei era sul davanzale della casa, al pian terreno, e lui un po' più sotto fuori in giardino. "Salta", le diceva, e lei fidandosi si lanciava.

Chi ci garantirà che tutto andrà bene? Chi ci garantirà che non sbaglieremo mai? Nessuno! Ma ad un certo punto dobbiamo fidarci e provarci. Dobbiamo smettere di voler controllare tutto e tutti; dobbiamo smettere di voler sapere in anticipo cosa ci accadrà; dobbiamo smettere di voler conoscere la fine. Dobbiamo imparare a fidarci, a lanciarci e con-fidare che qualcuno ci prenderà.

3. E' vitale aver paura; è mortale lasciarsi bloccare dalla paura.

I discepoli hanno paura e la paura li blocca lì dove sono. Solo Pietro, nonostante il terrore che ha, si muove. Tutti abbiamo paura. La paura è il segno naturale e vitale che ci avverte di un pericolo. Non aver mai paura è patologico. Chi non ha paura è perché non l'avverte, non perché non ne abbia.

Tutti temiamo la malattia, il disonore, la vergogna, la morte, di perdere il partner o il lavoro. Tutti temiamo di sbagliare, di fallire, di far vedere quello che siamo dentro. Come Pietro io devo imparare a riconoscere le mie paure, a darle un nome, a non nascondermele, ad accettare che ci siano. Devo imparare che la paura avverte di un pericolo, ma non mi deve bloccare.

Certo!: ho paura che il partner mi lasci, ma se mi blocco vivo dipendente da lui. Certo!: ho paura di essere deriso e svergognato, ma se mi blocco non mi esprimo e non oso più. Certo!: ho paura di sbagliare, ma se mi blocco non agisco più.

Mi tengo la paura, come Pietro, e continuo a camminare.

4. Nella vita ci sono tanti fantasmi. Tutti noi abbiamo degli spettri.

Spettro è ciò che ci fa paura e che per questo nascondiamo e mettiamo in qualche armadio. Ma lo spettro è un morto vivo e nel tempo si rianima.

Allora è importante per me, come i discepoli, non temere di accogliere nella mia vita (la barca è la coscienza) i miei spettri. Sono pericolosi finché non li incontro. Ma una volta incontrati, accettati, espressi, condivisi, si rivelano buoni come Gesù, anzi degli amici nostri.

Quante persone temono e sono terrorizzate dal raccontare certe cose. Ma una volta fatto si sentono leggere e ciò che sembrava mostruoso poi non lo è più.

5. Quando stai per affogare chiedi aiuto.

Solo gli uomini troppo orgogliosi affondano. Alcune persone stringono i denti, aumentano gli sforzi e credono di potercela fare da soli.

Quando ti accorgi che non ce la fai, chiedi aiuto e tendi la tua mano, perché qualcuno ti dia la sua mano. Perché non vuoi essere aiutato? Perché non vuoi una mano? E se non la vuoi, allora affonda!

6. Se non esci dalle tue sicurezze (barca) affondi.
Esci dalla barca perché lì affondi.

Un giovane frequenta una cattiva compagnia. Quei suoi amici lo portano in situazione ambigue e pericolose. "Ma io ci sono legato". "Ho capito, ma se rimani lì finisci male". "Ma perdo i miei amici". "Capisco che ti dispiace; ne troverai degli altri. Se rimani lì affondi".

Devi smettere di fumare? Devi smettere di bere. "Ma a me piace". "Ho capito, ma se continui muori".

"Non devi più farti le canne". "Una ogni tanto". "Ti fondono il cervello"

Certe abitudini, certi comportamenti, certe sicurezze vanno lasciate, anche se costa, anche se è faticoso. Bisogna lasciarle, bisogna uscire da certe situazioni (barca) costi quel che costi.

7. Qualunque cosa ti succeda nella vita, tu non aver paura e fidati di me.

Le bufere arriveranno e il terreno ci mancherà da sotto i piedi. Fede non è essere al riparo da ogni situazione, da ogni bufera, da ogni pericolo. La fede non garantisce dagli imprevisti. La fede li affronta.

Fede è poter sentire e con-fidare nella Sua voce in ogni situazione della vita: "Coraggio, ci sono io, non aver paura".

"Tu, stendi la tua mano verso Gesù".

Se tu guardi alle tue forze non puoi che non dubitare di te e ne sarai sommerso.

Se tu guardi alle tue forze non puoi che dire: " Non ce la farò mai, non ne sono capace".

Se tu guardi al mare, ai problemi ti spaventi, ne sarai terrorizzato e angosciato.

Se tu guardi al mare non potrai che dire: "Troppo grande; non ne uscirò mai; impossibile".

Se tu guardi al vento, agli ostacoli, alla gente e agli eventi sfavorevoli ti demoralizzi e affondi.

Se tu guardi al vento non potrai che constatare: "Troppo forte; troppo impetuoso; troppo contrario; troppo nemico; troppo ostile".
Ma tu, guarda Gesù.
Tu, con-fida in Gesù.
Tu, chiedi aiuto a Lui.
Tu non puoi, ma Lui può.
Se tu stendi la tua mano, Lui stenderà la sua.

Di fronte ad un problema tu dubiti di te. Ma pensa che Dio è con te.
Pensi che Dio non possa farcela?

Allora: confida in Dio, se tu metti le tue forze e la tua mano, Lui metterà le Sue forze e ti darà la Sua mano.

La Vita, Dio ti aiuteranno. La Vita, se ci fidiamo di Lei, quando sembra che affondiamo, ci darà una mano.

Dagli la tua mano e Lui ti darà la sua. Non guardare né il mare, né il vento, guarda solo a Lui e cammina.

Tieni il tuo sguardo su di Lui, tieni la tua mano nella Sua, e avverrà il miracolo: anche tu camminerai sulle tue acque.

Pensiero della settimana
Gridare è dire le cose con tutta l'intensità possibile.
Quando preghi grida a Lui con tutta la forza che hai
perché Lui ascolta il grido dei suoi figli.
Gridagli tutta la tua paura...
Gridagli tutta la tua rabbia...
Gridagli che non lo senti...
E canta con tutta la voce del tuo spirito...
Danza con tutta la vibrazione della tua energia interiore...
Vivi ogni giorno con tutto te stesso...
Prega con tutta la presenza della tua anima...
Ama con tutta la passione del tuo cuore...

Esprimi ogni cosa con tutta l'intensità che ti è possibile.

 

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Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
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(es.: Mt 25,31 - 46):
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