TESTO Commento su Matteo 14,22-33
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XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (10/08/2008)
Vangelo: Mt 14,22-33

[Dopo che la folla ebbe mangiato], 22subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». 31E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». 32Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».
* Credo che a tutti sia capitato almeno una volta di trovarsi in una situazione imbarazzante, in un momento di smarrimento o di forte sfiducia. Questo può essere successo dopo aver intrapreso un lavoro che sembrava fattibile ma che si è subito dopo rivelato più arduo e difficile del previsto o per quando ci si accorge di trovarsi da solo a dover fronteggiare scogli che sembrano insormontabili. Può essere semplicemente dovuto all'ansia del primo giorno di lavoro o all' amara conclusione cui ci si giunge quando, nonostante gli sforzi profusi, i risultati sperati non sembrano arrivare.
* Qualcosa del genere è ciò che è capitato al profeta Elia. Mosso da grande zelo per il Signore si era schierato contro il potere politico colpevole di aver smesso di governare a nome di Dio, contro il potere religioso che aveva abbandonato l'alleanza per sacrificare agliidoli e contro il popolo reo di aver subito passivamente. Aveva annunciato la siccità, sfidato e trionfato sui sacerdoti di Baal, profetizzato la pioggia ma senza ottenere i risultati sperati Il popolo di Israele, nonostante tutto, non si era ribellato e la regina Gezabele lo continuava a perseguitare.
* Elia è ancora costretto a fuggire. Fugge dai suoi persecutori, fugge dalla sua missione, fugge e si nasconde soprattutto da un Dio di cui non si fida più e che non sa neppure più riconoscere. La fede e la fiducia in Dio che avevano caratterizzato la prima parte del suo mistero profetico cominciano a svanire e allo scoraggiamento subentra la paura. Paura di chi cerca ancora quel Dio che l'aveva guidato fino a quel punto ma non riesce più a trovarlo. Dio non è più nel vento, nel terremoto e nel fuoco (immagini tutte che nella Bibbia accomagnavano le sue rivelazioni). Ma Dio c'è. Dio è presente in un semplice "sussurro di una brezza leggera". La sua presenza non è più manifestata da segni eclatanti e sporadici ma in una leggera brezza, in un piccolo soffio d'aria come quella che accompagna i nostri afosi e torridi pomeriggi estivi. Dio è presente in maniera meno trionfalistica, meno ingombrante, ma non per questo meno continua.
La paura si placa. L'animo del profeta, libero dalla pretesa si sapere tutto di Dio e di essere sempre in grado di capirlo, ritrova la pace. Comprende di essere solo un semplice strumento nelle sue mani, il servo inutile di un progetto più grande che lo comprende e, al tempo stesso, lo supera. Elia comprende soprattutto che tutto quanto è accaduto è stato comunque guidato da Dio. Riconosce Dio e alla sua luce riesce a riappropriarsi della sua missione.
* Dov'è Dio? Dov'è quell'entusiasmo che caratterizzava i miei primi giorni di prete, di marito/moglie, di padre/madre? Dov'è quello zelo che mi spingeva ad affrontare tutto e tutti? Il tempo estivo che stiamo trascorrendo sia il tempo del riposo, ma anche della preghiera silenziosa e attenta ad osservare i passi silenziosi di Dio nella nostra vita. Sia il periodo in cui rifocalizziamo il nostro sguardo non su di noi e sui passi che stiamo facendo come Pietro che ha paura di annegare, ma su Cristo, sulla sua presenza al nostro fianco. Solo così saremo in grado di sintonizzare la nostra vita sul suo progetto di amore, uscire dalla grotta della solitudine, della amarezza e della sfiducia per ripartire con slancio rinnovato nella nostra missione profetica, la missione di chi è chiamato -e per il battesimo lo siamo tutti - ad annunciare al mondo le cose belle: la bellezza del mio sacerdozio, del mio matrimonio, della mia paternità.
Commento a cura di don Oreste Borelli