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TESTO Fèrmati alla presenza del Signore

don Marco Pratesi  

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (10/08/2008)

Brano biblico: 1Re 19,9.11-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 14,22-33

[Dopo che la folla ebbe mangiato], 22subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.

24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». 31E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». 32Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».

I pochi versetti della prima lettura richiedono di essere contestualizzati. Il profeta Elia è perseguitato a morte dalla regina Gezabele a motivo della sua lotta contro gli idoli pagani, Baal in particolare, che ella venera e sostiene. In preda alla paura e allo scoraggiamento egli fugge nel deserto, dove, sorretto da un nutrimento celeste, gli è detto di mettersi in cammino verso il monte di Dio, l'Oreb. A questo punto si colloca l'episodio illustrato dalla lettura (che merita di essere letto per intero, dal v. 9 al 18), al quale fa seguito l'ordine di Dio di ungere due re e un profeta suo successore.

Elia è invitato a ritornare alle sorgenti della propria missione, alla grazia iniziale del proprio cammino: l'ordine di Dio - fermati alla presenza del Signore - richiama l'iniziale autopresentazione di Elia come uno che sta alla presenza di Dio (cf. 17,1; 18,15).

Ci sono poi vari elementi che collegano l'esperienza di Elia a quella di Mosè. Intanto, l'Oreb; poi, la caverna, come nota il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2583: "riprendendo il cammino nel deserto verso il luogo dove il Dio vivo e vero si è rivelato al suo popolo, Elia, come Mosè, entra «in una caverna» finché «passi» la presenza misteriosa di Dio (cf. Es 33,19-23)". Poi, gli elementi nei quali Dio non è presente (tempesta, terremoto, fuoco) sono quelli della teofania al Sinai (Oreb) che vede Mosé come interlocutore di Dio (cf. Es 19,16-19; 20,18). Infine, una volta percepita la presenza di Dio Elia, come Mosé, si vela il volto (cf. Es 3,6).

L'episodio stabilisce dunque una relazione tra l'esperienza di Elia e quella di Mosè: il profeta Elia continua e attualizza la rivelazione e l'opera del profeta Mosè (cf. Dt 34,10). Il suo incontro con Dio all'Oreb da un lato garantisce l'autenticità della sua opera precedente, dall'altro le dà impulso e continuità. I due re (Hazael e Ieu) rappresentano la vendetta di Dio sugli idolatri (cf. 19,17), che si legge in 2Re 8-9, e il profeta (Eliseo) è il continuatore dell'opera di Elia. Questo ritorno alle sorgenti del monoteismo conferma e rinvigorisce il ministero di Elia. Non si tratta tuttavia di una pura e semplice ripetizione dell'esperienza fondante di Mosè. Elia si aspetta il passaggio di Dio nella tempesta, nel terremoto, nel fuoco, come era stato per Mosè, ma Dio lo sorprende: solo quando avverte "la voce di un silenzio fine" (CEI: "il sussurro di una brezza leggera") egli sente di essere alla presenza di Dio e si vela il volto (Dio non può essere visto direttamente). Comunque si voglia interpretare queste parole alquanto oscure, esse mostrano uno sforzo di duttilità richiesto al profeta, ossia l'uscita dai propri schemi che, come sempre, gli fanno leggere la situazione in modo negativo, privo di prospettiva e speranza.

Questo misterioso sussurro silente accenna inoltre a un cammino ben preciso: da un Dio che si manifesta con potenza nei segni cosmici a un Dio che si manifesta nell'intimità del silenzio; da un Dio che si mostra in ciò che è fisicamente potente (e perciò sempre anche ambiguo e facilmente idolatrato), a un Dio che si rivela nel nascondimento. Nondimeno la sostanza è la medesima, e Mosè ed Elia sono testimoni della stesso Dio, come si vedrà su un altro monte, assai meno maestoso, il Tabor, dove entrambi renderanno testimonianza a un profeta che si avvia verso il Golgotha (cf. Mt 17,3; Mc 9,4; Lc 9,30), luogo di una rivelazione di Dio ancor più nascosta e impensata, se mai ve ne fu una (cf. At 3,22; 7,37).

La lezione è chiara: fèrmati alla presenza del Signore. Se Elia riprende slancio solo nel contatto intimo con Dio, non può essere diversamente per noi. Questo contatto deve essere personale, sempre nuovo e sorprendente (esige perciò elasticità) ma, in un altro senso, deve essere anche sempre lo stesso: quello che ci è trasmesso nell'esperienza dei padri e nelle Scritture fondatrici (e questo richiede fedeltà). Al tempo stesso un tale contatto recupera, attualizza e approfondisce il "primo amore" (cf. Ger 2,2-3; Ap 2,4). Solo così quanto il Signore ci domanda di realizzare - piccolo o grande - non finisce nel nulla: "Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto sia duraturo" (Gv 15,16).

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.

 

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