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TESTO Commento su Matteo 14,22-33

Suor Giuseppina Pisano o.p.

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (10/08/2008)

Vangelo: Mt 14,22-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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[Dopo che la folla ebbe mangiato], 22subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.

24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». 31E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». 32Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».

"Donaci, Signore, la tua presenza di pace..."; è l'invocazione che fa da ritornello al salmo responsoriale di questa domenica, ma è anche l'invocazione, spesso inespressa, che l'uomo porta nel cuore, lungo il corso della vita, quando la sua ricerca di serenità, di sicurezza, di verità, di giustizia, e di tutto ciò che potrebbe costituire, per lui, felicità piena, diventa faticosa salita, solitudine pesante, o, peggio, oscurità, che evoca paura, e dolore.

E' la storia di ogni uomo e di ogni donna, del passato, del presente, e lo sarà, anche nel futuro; è, anche, la storia del profeta Elia, che oggi, la liturgia nella prima lettura, ci ricorda.

Il profeta, perseguitato dalla regina Gezabele, fugge, per mettersi in salvo, ma il suo cuore, in angoscia per l'infedeltà del popolo, è colmo del desiderio di incontrare Dio:" Ardo di tanto zelo, sono le parole del Profeta, per il Signore...".

Dopo aver camminato nel deserto, per quaranta giorni e quaranta notti, Elia raggiungere il monte di Dio, l' Oreb, e, qui, ascolta la voce del Signore, che lo invita a fermarsi alla sua presenza; il profeta attende di vivere questa intensa esperienza di Dio, quel Dio, le cui manifestazioni avvenivano, o erano percepite, attraverso gli sconvolgimenti della natura, quelle che il Salmista così descrive:
" Il Signore tuona sulle acque,
il Dio della gloria scatena il tuono
..........
Il Signore schianta i cedri del Libano
.....
Il Signore scuote il deserto di Kades
e spoglia le foreste...."
Ma, questo stesso Signore, continua il Salmista:
"....darà forza al suo popolo,
benedirà il suo popolo nella pace."(sl 28)

Sarà, appunto, quest' ultima, l'esperienza di Elia, dopo aver atteso, invano, la rivelazione del suo Signore nel "vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti", nel terremoto, e nel fuoco; il Signore, infatti, non si fa percepire attraverso quegli eventi terrificanti; Egli è il Dio della pace, e il profeta lo incontra nel "mormorio di un vento leggero".

L' esperienza di Dio è, dunque, un'esperienza intensa di pace; è la certezza di un' accoglienza che mai vien meno, di un rifugio sicuro, e incrollabile come una roccia, perché la presenza di Dio è tenera e forte insieme, come quella di una madre, che tiene tra le braccia il suo bambino, e lo segue nei suoi primi passi, incerti e vacillanti, pronta a risollevarlo, se cade, e a ridargli fiducia, perché riprenda a camminare sicuro.

E' questo il Dio che chiama alla conoscenza, all' amicizia e alla comunione con sè; Egli non cessa mai di rivelarsi, attraverso segni, finché nella " pienezza dei tempi", si farà incontro all'uomo, nella persona del Figlio: Gesù di Nazareth, il figlio di Maria, che si mostrerà al mondo col volto di un bambino: l'essere più tenero e indifeso.

In Gesù di Nazareth, il Cristo, Dio si rivelerà pienamente, e mostrerà la sua vicinanza all'uomo, facendosi fratello, amico, compagno nel cammino della vita, per condurre ognuno alla salvezza eterna.

E' quello che ci dice il passo del Vangelo di oggi, nel racconto del Cristo che cammina sulle acque del lago di Tiberiade, e che tende la mano a Pietro, il quale cammina, anche lui, sull' acqua, incontro al suo Signore.

"Dopo che la folla si fu saziata, recita il testo di Matteo, subito, Gesù ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla."

Mentre il Maestro si ritira a pregare in solitudine, la barca dei discepoli prende il largo, scossa dalle onde; un evento molto frequente, specie nelle giornate più calde della stagione estiva, quando, sul lago, si scatenano, improvvisi e violenti, i temporali; insolita fu, invece, l'apparizione di una figura umana, che camminava sulle acque:" un fantasma!", gridarono, in preda alla paura, quei poveri pescatori; ma la loro paura cessò, quando udirono chiaramente la voce di Gesù che diceva:«Coraggio, sono io, non abbiate paura!».

La visione del Maestro che cammina sull'acqua, ricorda l' apparizione del Risorto, nella narrazione di Luca, anche allora i discepoli, " sconvolti e pieni di paura, credettero di vedere un fantasma", ma la voce del Maestro li rassicurò:" Perché siete turbati?...sono proprio io!". (Lc.24,37-39)

L'evento prodigioso, che il passo del vangelo di oggi racconta, sembra un fatto insolito; sappiamo, infatti, che Gesù non compie mai miracoli spettacolari, ma solo gesti straordinari, si, ma che hanno lo scopo di offrire, con la salvezza fisica, quella spirituale, e, questa volta, il Maestro non ha da guarire, né da sfamare nessuno.

Il significato dell'improvvisa, prodigiosa apparizione di Cristo che cammina sull'acqua, ha tuttavia un significato profondo: si tratta, infatti, di una teofania, una rivelazione della divinità di Gesù, Figlio di Dio, Signore del Creato e Salvatore dell'uomo; «Tu sei veramente il Figlio di Dio!», esclameranno, infatti, i discepoli che erano sulla barca, prostrandosi davanti a Lui.

Ai suoi, che lo avevano scambiato per un fantasma, e gridavano impauriti, Gesù aveva detto quelle parole rassicuranti: «sono io, non abbiate paura!»; ad esse, però, fa eco la domanda di Pietro:«Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque»; è una domanda che assomiglia ad una sfida, o, semplicemente, a un modo di rassicurarsi, ma, in tutti i casi, è la richiesta di un miracolo, che Gesù accetta; ed ecco Pietro camminare sull'acqua: un' esperienza, sicuramente, esaltante, fino a che non si sente affondare.

Pietro non sapeva, che la sua domanda, un po' puerile, aveva un significato più profondo, non si trattava di far giochi da circo, si trattava di riuscire a camminare, indenne, tra le onde dell'esistenza, tra le insidie del male, questo, infatti, significano le acque agitate, tra le quali si deve camminare, senza affondare, senza venir tragicamente travolti.

Solo Dio, può tenderci la mano e trarci in salvo, e Cristo Gesù, con questo evento prodigioso, ce lo insegna.

Si, Gesù è il Figlio di Dio, che salva, che ci consente di raggiungerlo, anche quando tutto sembra dividerci da Lui, ma ciò è possibile solo nella fede, se viviamo affidati a Lui, come tenuti per mano da Lui, il Signore, che non ci lascia affondare tra le pericolose acque del male, che, sempre, insidiano la nostra vita.

Un giorno i discepoli chiederanno al Maestro:"...chi, dunque riuscirà a salvarsi?", e lui risponderà:"Per gli uomini, ciò non è possibile; ma tutto è possibile a Dio." (Mt.19,25-26); se, infatti, è il Figlio di Dio, il Buon Pastore, a tenderci la mano, possiamo anche camminare sulle acque, possiamo, fuor di metafora, attraversare, le tempeste della vita, che non fa sconti a nessuno, e raggiungere la salvezza, nell'abbraccio rassicurante del Padre.

Si dice che il bambino, che inizia a camminare da solo, se guarda davanti a sé, verso la madre o un altro viso familiare, non cade, ma se il suo sguardo si volge altrove, o verso il basso, perde l'equilibrio e, allora, cade, e si spaventa.

Così è per ogni uomo: se il suo sguardo è fisso su Gesù, maestro e guida, si può procedere nel percorso della vita, cavalcando anche le onde più violente ed alte, ma, se si distoglie lo sguardo da lui, e si punta soltanto sulle proprie capacità, se l'affidamento a Lui non è totale, è facile crollare, o affondare, quando la vita si fa difficile, la pura ci assale, e il dolore sembra travolgerci.

" Non ci indurre in tentazione, ci fa pregare Gesù, ma liberaci dal male"(Mt.6,13); e a questa richiesta, Lui risponde, sempre, prendendoci per mano, finché non abbiamo raggiunto la meta finale della salvezza.

Sr Maria Giuseppina Pisano o.p.
mrita.pisano@virgilio.it

 

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