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TESTO Conquistare lo sguardo di Dio

don Maurizio Prandi

XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (20/07/2008)

Vangelo: Mt 13,24-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 24espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. 27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. 28Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. 29“No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio”».

31Espose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. 32Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».

33Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

34Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, 35perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:

Aprirò la mia bocca con parabole,

proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.

36Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». 37Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. 38Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno 39e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. 40Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. 41Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità 42e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. 43Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!

Forma breve (Mt 13,24-30):

In quel tempo, Gesù 24espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. 27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. 28Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. 29“No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio”».

C'è una parola della prima lettura che oggi mi colpisce in modo particolare: mitezza. Mi pare che questo possa essere il criterio unificante la Liturgia della Parola che la Chiesa oggi ci consegna. Anche il vangelo ci parla di mitezza in quel padrone del campo di cui narra la parabola della a zizzania. E la seconda lettura, che pare suggerirci una riflessione sullo Spirito Santo, che cosa c'entra allora? Forse è un'interpretazione un po' forzata, ma sento che nella settimana che si è appena conclusa, tutto il percorso dell'ascolto quotidiano del vangelo è andato nella direzione della mitezza. Imparate da me che sono mite ed umile di cuore abbiamo ascoltato giovedì nel vangelo. Ecco il modo di intercedere dello Spirito: è capace di farci cogliere un cammino, un percorso che si snoda giorno dopo giorno.

Mi piace molto questa idea dello Spirito che viene in aiuto alla nostra debolezza rendendoci miti e quindi saldi nei valori. Possiamo infatti confondere alle volte: mitezza con debolezza, intesa nel senso deteriore del termine (il mite allora sarebbe uno che non ha nerbo, non ha spina dorsale). Credo che non sia così: il mite è uno che resta saldo nei suoi valori, nel suo credere, il mite è uno che non svende, e non si svende.

Bello il modo che ha la prima lettura di raccontarci le caratteristiche della mitezza di Dio: la mitezza di Dio appare come pazienza, attesa dei tempi dell'uomo, fiducia accordata all'uomo: "tu concedi dopo i peccati la possibilità della conversione" (comunità di Bose). Ma, non solo dal vangelo, credo emerga chiaramente che mitezza è non esclusione, non estirpazione, capacità di non dare giudizi taglienti e definitivi, capacità di convivere con ciò che è negativo. La mitezza allora è anche un metodo di convivenza: c'è chi vive di prepotenza, c'è chi pensa di farla da padrone, c'è chi crede di essere la sintesi del meglio che ci sia in circolazione... costui (o costei) vive relazioni nelle quali l'altro è semplicemente un suddito, uno che ti dice sempre che hai ragione, che fai bene così. Ci sono i miti, che vivono relazioni nelle quali cercano di cogliere il buono che c'è nell'altro, dando una fiducia che potrebbe anche apparire eccessiva.

Il testo del libro della Sapienza lega insieme mitezza e giustizia: mi piace molto questo, come mi piace anche il fatto che in ebraico mitezza, misericordia e giustizia siano idee interscambiabili, o almeno siano idee che non possono esistere l'una senza l'altra. La misericordia: abbiamo ascoltato questa parola nel vangelo di venerdì ed ecco che il mosaico dell'ascolto quotidiano della parola si arricchisce di un altro tassello. Nelle lingue antiche, come l'ebraico ad esempio, che non hanno molti vocaboli, ogni parola ha più significati connessi tra loro: così la parola zadeck, giustizia, vuol dire anche mitezza, misericordia, verità. (fraternità di Romena). La giustizia quindi, per realizzarsi completamente deve essere vera e piena di misericordia. Senza questo sovrappiù di amore la giustizia non è completa.

Bello scoprire allora che l'elemosina in ebraico si dice zadecka. è un gesto di amore, è un gesto di misericordia, ma è anche un gesto di giustizia. Nella Bibbia Dio non si ferma mai ad un concetto strettamente legalitario della giustizia, ma va sempre oltre: non si limita mai ad eseguire semplicemente una legge, perché nella sua giustizia c'è sempre uno spazio per la misericordia, per l'accoglienza e questo spazio arriva sempre prima del giudizio ( Zaccheo, il figlio che torna dopo aver sperperato l'eredità del padre, la donna adultera...)

Parabola non facile quella della zizzania, non facile per me che faccio fatica ad accettare che il bene e il male convivano. Parabola difficile perché mette in luce il mio desiderio di giudicare, di affettare, di sradicare, di condannare, di escludere, parabola quanto mai opportuna però, perché mi ricorda che Dio il grano e la zizzania li ha proprio pensati così: devono crescere insieme. Bello anche che questa parabola sia un racconto di sguardi: lo sguardo dei servi, che si fissano sulle erbacce, sulla zizzania; lo sguardo di Dio, che invece si fissa sul buon grano... ecco allora che l'invito della parabola ci appare in tutta la sua chiarezza: conquistare lo sguardo di Dio.

Sento che questo è importante nel rapporto con noi stessi: siamo chiamati a scoprire e a conoscere ciò che di bello, di buono, di vitale, di promettente Dio ha seminato in noi e nei nostri fratelli e sorelle. E' davvero un insegnamento importante quello della parabola: Gesù ci vuole condurre a saper accettare i nostri limiti e quelli degli altri e non pretendere una perfezione che è impossibile da raggiungere. Di fronte a quella parte di noi pronta a strappare, a sradicare, a separare, siamo invitati ad assumere l'atteggiamento di Dio che è fatto di pazienza, di mitezza, di fiducia: non è a strappi che cresciamo e facciamo crescere, ma, come dice la prima lettura è giudicando con mitezza, governando con indulgenza, amando, infondendo dolce speranza, concedendo la possibilità di pentirsi e come il testo originale ebraico: rendendo gli occhi dei figli pieni di speranza. Possa essere così il nostro sguardo, uno sguardo che sappia cogliere il bene che abita in ogni uomo.

 

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