TESTO Lo stesso seme ma non gli stessi terreni
XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (13/07/2008)
Vangelo: Mt 13,1-23

1Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. 2Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
3Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, 6ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. 8Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9Chi ha orecchi, ascolti».
10Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». 11Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 12Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. 13Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. 14Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice:
Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
15Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!
16Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. 17In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!
18Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. 19Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. 20Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, 21ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. 22Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. 23Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
1Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. 2Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
3Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. 4Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, 6ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. 8Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9Chi ha orecchi, ascolti».
Nel capitolo 13, Matteo racconta tutta una serie di parabole. C'è quella di oggi (13,1-23), quella della zizzania (13, 24-30), quelle del granello di senapa e del lievito (13,31-33), quelle del tesoro, della perla e della rete (13,44-50). Sono quasi tutte parabole che parlano di crescita, affermano l'esistenza di qualcosa che, se te ne prendi cura, può crescere e piano piano, giorno dopo giorno, diventare ciò che deve diventare.
Nella vita tutto avviene con gradualità, senza accorgersene, giorno dopo giorno. Le montagne, i mari, i fiumi, le foreste, non si sono formate in un giorno o in un colpo solo, ma c'è stato un processo graduale e lento per millenni e milioni di anni.
Marito e moglie vivono un po' di insoddisfazione, c'è fra di loro della tensione e della difficoltà a comunicare anche ciò che può ferire o dispiacere all'altro, così ciascuno se lo tiene dentro. Ma la cosa cova. Passano tre anni e lui un giorno, tornando dal lavoro, ad un richiamo di lei, le tira un ceffone tremendo. Lei dice: "All'improvviso, come un fulmine, è successo questo!". All'improvviso perché l'insoddisfazione è rimasta dentro, nascosta, ma covava da tanto tempo.
Un ragazzo viene bocciato a fine anno scolastico. "Non me l'aspettavo!". Ma come, non studiavi mai! Non fare i compiti oggi, non prepararti per l'interrogazione di domani e... piano piano le conseguenze arrivano.
In seminario mi comprai i pesci rossi (tre). Ma andai in vacanza una settimana senza preoccuparmi di loro e di chi avrebbe cambiato l'acqua. Ovviamente morirono.
La cura, la crescita sono gli elementi decisivi della vita. La cura è il tempo, l'attenzione, la presenza che io dedico a ciò che è importante, è il mio esserci fisicamente e con il cuore,. Dove c'è cura le cose crescono. Dove non c'è cura le cose crescono pure, ma liberamente, sganciate dal nostro controllo, senza una direzione.
E' per questo che si prega ogni giorno: perché la nostra anima non muoia. E' per questo che si mangia ogni giorno: perché il nostro fisico non muoia. E' per questo che fa bene leggere un libro o partecipare ad un incontro perché la nostra mente non si sclerotizzi. Dove c'è cura tutto cresce e fiorisce e diventa fecondo. Dove non c'è cura tutto cresce, diviene e s'inselvatichisce.
Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare.
Il vangelo dà una serie di piccole annotazioni prima della parabola.
Gesù esce di casa e si siede in riva al mare.
In riva la mare di solito c'è un po' di vento e si sta bene. Il mare è evocativo, ti fa pensare, ti fa riflettere. Il mare è come quel terreno di cui parlerà qualche riga dopo: sembra che non ci sia niente dentro e invece è pieno di pesci. Così come certi terreni: sembra che non nasca niente... e invece.
Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla
Gesù esce da solo, ma si raccoglie tanta gente attorno a lui.
Chi ha qualcosa da comunicare raccoglie tanta gente attorno a sé, dovunque vada. Chi non ha niente di importante da esprimere deve rincorrere le persone; chi invece vive qualcosa di grande è rincorso dalle persone. Questo ci dovrebbe far pensare: come mai nessuno viene alle nostre messe? Basta dire che non ci sono buoni cristiani? Perché nessun ci chiama? Basta dire che non sanno cosa si perdono? Perché la gente non ci stima? Basta dire che è perché non ci conosce? Non è invece che non esprimiamo niente di importante?
che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia.
Di fronte alla gran folla Gesù di distacca.
Gesù parla spesso da qualche piccola insenatura, baia: era un anfiteatro naturale, le persone a riva ascoltavano e lui poteva con la voce dalla barca raggiungerle tutte. Ma Gesù si distacca dalla folla perché è importante in certe situazioni rimanere distaccati (non nel senso di anaffettivi, senza emozioni), prendere quel sano distacco dalle proprie emozioni per poterle vedere, analizzare, capire.
Immaginate tutta questa gente che va da lui. A prima vista uno dice: "Quanta gente mi ascolta!". E uno si crede chissà chi! Solo distanziandosi e vedendo le cose con maggior chiarezza si capisce che molti sono lì solo con le orecchie e altri invece hanno portato anche il cuore.
Gesù sta seduto.
Forse aveva molte cose da dire e allora il tempo era molto più dilatato di oggi. C'era meno fretta e meno ansia. Ma Gesù si siede anche per un altro motivo. Le cose importanti hanno bisogno di tempo materiale. Non si può pregare in profondità di corsa, finché si fa la spesa, finché si pulisce il bagno, così si fanno due cose nello stesso tempo. Non che sia male, ma se faccio due cose nello stesso momento vuol dire che non sono poi così importanti. Non ci si può parlare di ciò che si ha dentro, di ciò che si vive nell'anima, di certi problemi, guardando la tv, ascoltando la radio, lavorando o facendo qualcos'altro. Bisogna fermarsi, sedersi, guardarsi negli occhi e con consapevolezza esprimere. Non si possono risolvere problemi complessi, difficoltà grandi, con un discorso solo, in una volta, parlandone un attimo. Bisogna sedersi, guardare la questione da tutti i punti di vista, dedicargli tempo e spazio.
E' vero che è il "come" si fanno le cose che è decisivo; è vero che non è tanto quanto tempo (aspetto quantitativo) io dedico alle cose e alle persone che è decisivo ma che tipo di tempo (aspetto qualitativo). Ma se non c'è tempo, se non mi fermo, se non c'è del tempo materiale non c'è nessun come.
Se tu non ci sei mai con tuo figlio per stare con lui e giocare, con tua moglie per ascoltarla e per aprirti, con la tua famiglia per condividere e con la tua anima per darle voce, non c'entra niente il "come" fai le cose.
Egli parlò loro di molte cose in parabole.
E Gesù proprio per questa moltitudine che è venuta ad ascoltarlo dice questa parabola: "Siete venuti qui in tanti, ma non tanti mi capiranno; le mie parole cadranno sui vostri cuori ma in molti dei vostri cuori non attecchiranno. Dove cresceranno, però, faranno meraviglie".
Gesù dice questa parabola per chi ha davanti ma esprime una presa di consapevolezza personale: "Molto di quello che dico andrà perduto. Non mi devo scoraggiare. Qualcosa attecchirà e io vedo che chi ci crede fa cose grandi, guarda i miei amici apostoli! Ma non devo pretendere che le mie parole raggiungano tutti; non devo pretendere da tutti riconoscenza e ascolto. Devo accettare che molte delle mie parole cadranno al vento e questo non per colpa mia (seminatore); questo dipende da chi le ascolta (terreni). Quindi io faccio la mia parte e poi me ne sto tranquillo e in pace perché so che non tutto dipende da me".
Gesù parla in parabole perché la parabola ha un duplice aspetto: stupida se la prendi superficialmente, se non vuoi coinvolgerti ma profondissima se ci entri con il cuore. La parabola ti parla a seconda della tua apertura di cuore. Se non la capisci è perché il tuo cuore è chiuso e ottuso. La parabola è per chi vuole (può) capire: "Chi ha orecchi intenda". C'è tanta luce per chi vuole vedere e tanto buio per chi non vuole vedere.
Per ascoltare il vangelo bisogna fare proprio ciò che Gesù faceva: sedersi, avere cioè tempo, calma e pace nel cuore e nell'anima.
Stare in riva al mare dove le onde arrivano lente e calme è proprio l'ideale. Rispecchia il nostro cuore: se ci sono tempeste in corso non si può ascoltare la voce di Dio e della sua Parola. Bisogna distaccarsi dalla moltitudine di pensieri, di preoccupazioni, dal frullatore che è la mente e concentrarsi su quelle parole che abbiamo davanti, centrarsi solo lì e ascoltare cosa ci risuonano. E infine ci dobbiamo entrare con il cuore, con la vita e ci diranno molto di più di quanto pensiamo.
E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare.
La parabola è semplice. C'è un seminatore e quattro tipi diversi di terreni.
Io mi posso rispecchiare nel seminatore e chiedermi cosa vivo, come reagisco quando faccio tanto ma nulla sembra nascere. Oppure posso essere uno dei quattro terreni, oppure sono tutti e quattro i terreni.
In Palestina la semina viene fatta in autunno. Il terreno della Galilea è collinoso, pieno di rovi secchi, di terra battuta e di rocce affioranti. Il seminatore potrebbe sembrare inesperto e sprovveduto perché semina senza guardare dove getta il suo grano. In realtà è il terreno della Palestina che è così e il contadino sa che, prevedendo tutti i rischi (rocce, spine, uccelli), il raccolto verrà. I terreni migliori al tempo di Gesù davano un raccolto più o meno di dieci-quindici quintali di grano per ogni quintale di semina. E' un po' esagerato, quindi, il cento del vangelo in riferimento al grano.
Dicendo questa parabola Gesù mostra la diversità degli atteggiamenti degli uomini di fronte alla stessa cosa.
Le persone di fronte alla stessa situazione, alla stessa persona, al medesimo evento reagiscono in modo diverso. Per cui a volte, più che l'evento, è la specificità delle persone a fare la differenza.
Un giorno alcuni amici stavano andando al matrimonio di una loro cara amica. L'auto si ruppe, era domenica pomeriggio, si era lontani più di duecento chilometri da casa. Uno disse: "Pazienza, non ci possiamo fare niente". Un'altra ebbe una crisi isterica di pianto. Un altro ancora ruppe una bottiglia di vetro e si tagliò la mano. Un altro rise di fronte all'assurdità della situazione. La stessa medesima cosa ma reazioni così diverse.
Allora: non è tanto ciò che accade che ci fa tristi, depressi e vuoti (anche se ha la sua importanza), ma il modo in cui noi lo interpretiamo, il senso che noi diamo. Sei tu che fai di ciò che ti accade una tragedia o una comicità, qualcosa per cui ridere o per cui disperarsi.
E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono.
Il primo terreno è la durezza, la strada, l'impenetrabilità.
Nella strada non nasce niente (negli altri terreni, invece, almeno all'inizio nasce qualcosa). Alcuni uomini, dice Gesù, hanno la coscienza così indurita che nulla li mette in discussione. Sono duri come la pietra, hanno "il pelo sul cuore". Il loro atteggiamento di chiusura totale fa sì che non nasca nulla.
Gli uccelli che depredano tutto non rappresentano altro che le conseguenze della chiusura e della resistenza ad oltranza. Nessuna creatività, nessun sentimento, nessuna ricettività hanno spazio. Tutto è bloccato dentro. Non può nascere nulla. Con persone così è meglio aspettare un altro tempo. E' inutile discutere, è inutile confrontarsi. E' meglio lasciar perdere, è meglio andar altrove.
Una volta ad un funerale predicai la misericordia di Dio. Lessi il vangelo dei due malfattori dove uno lo pregava di ricordarsi di lui e l'altro lo bestemmiava. E dissi che Gesù ha le mani aperte sia verso quello che stava a destra che verso quello che stava a sinistra. Poiché il defunto era un "rosso convinto" fui accusato accanitamente di essere un "prete falso di destra" e di aver dato del "malfattore" al defunto. Bastava ascoltarmi, bastava seguire ciò che si diceva per capire che si parlava simbolicamente (neppure conoscevo il defunto). Ma non ci fu nulla da fare.
Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò.
Il secondo terreno sono i "facili entusiasmi": è il fuoco di paglia.
Il seme cade e nasce. Ma non c'è consistenza sufficiente, non ci sono risorse, non c'è profondità in ciò che si sceglie e tutto finisce. Non può che essere così. Sono le persone volubili, incostanti, quelle che si entusiasmano in un attimo ma poi scompaiono.
Il sole rappresenta le difficoltà, le prime crisi e i primi ostacoli che si presentano. Siccome non c'è consistenza dentro le persone tutto si dissolve. E' il calore della prova che scioglie tutto.
Quanti matrimoni iniziano con i propositi (veri) migliori! Veramente gli sposi si amano e veramente farebbero di tutto per il partner; non c'è bugia in ciò che dicono, ma non c'è profondità. E così poi nel tempo, dopo qualche anno si spegne tutto e si "tira avanti".
Quanti giovani passano per le parrocchie: animatori bellissimi, pieni di energia, di simpatia e di risorse. Ma basta una difficoltà, basta una delusione, al primo scontro lasciano. Non riescono a tenere, non hanno risorse per affrontare l'afa', la calura, la pesantezza del momento e si sciolgono come neve al sole.
Quante persone hanno iniziato cammini veri e profondi in maniera entusiastica: "Andrò fino in fondo; non lo mollerò mai; è la svolta della mia vita". Ma non hanno resistito.
A certe persone potresti prevedere il futuro: non che tu sia chiaroveggente, ma semplicemente vedi. Se hai due litri di benzina è ovvio che non arriverai a Bologna. Lo sanno tutti. In certe situazioni non c'è carburante sufficiente per cui è semplicemente ovvio quel che succede.
La forza di un uomo più che nel fare certe scelte è nel sostenerle. E' cioè nel non arrendersi, piegarsi, adattarsi, sciogliersi, quando arriva la difficoltà. Quando inizio qualcosa mi devo chiedere non solo se lo voglio ma se ho la capacità di sostenere ciò che scelgo. Non solo se lo voglio ma se lo posso. Perché non è ciò che la mia testa vuole che conta ma ciò che il mio cuore è capace di vivere. Allora conosci bene il tuo cuore perché da esso sgorga la vita, dicono i Proverbi. Stai attento alle tue radici, fa' che siano profonde e radicate, e quando fai delle scelte guarda le radici.
Nella mia via di Padova (via Facciolati) quand'ero piccolo ogni tanto qualche albero cadeva. Alberi enormi, alti, possenti, imponenti, forti, ma dalle radici striminzite. A me sembrava strano ma era ovvio. Non ciò che sembra fuori, ciò che appare, ma ciò che uno è dentro, questo è decisivo nella vita. La forza è dentro.
Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono.
Il terzo terreno sono le condizioni esterne troppo soffocanti.
Vivere in certi contesti culturali, in certi paesi diventa per l'anima un soffocamento. Quando si vive in contesti dove "tutto è male, tutto è proibito; questo no perché è peccato, quello no perché non sta bene; e stai attento a cosa dirà la gente; e non ti esprime troppo..." allora una persona si sente soffocare, non riesce più ad esprimersi.
Quando si vive in un ambiente che ti disistima sempre: "Non sei capace; lascia stare; lo faccio meglio io; cosa farai da grande quando io non ci sarò più; hai sbagliato, lo sapevo!"; quando ci vengono sempre sottolineate le nostre debolezze, i nostri insuccessi, i nostri sbagli, allora si viene soffocati nella propria capacità di autonomia. Allora si crede davvero di non essere capaci, di non riuscirci, di non potersela cavare da soli e così si ha paura di tutto e ci si appoggia sempre agli altri.
Quando si vive in un ambiente come la nostra società dove non c'è rispetto né per le persone né per l'ambiente, dove si fa anche ciò che è illecito, dove il consumo e l'apparire sono i valori principali, è ovvio che l'anima soffoca.
Per l'anima non è la stessa cosa vivere nella verità del proprio lavoro oppure arraffando a più non posso, passando sopra tutti!
Per l'anima non è la stessa cosa vivere il piacere sessuale con il partner o con uno qualsiasi!
Abortire o no, far nascere o far morire la vita, per l'anima, non è la stessa cosa! Chiacchierare e spettegolare sempre, fare solo discorsi stupidi e banali o impegnarsi nel conoscersi e in cose profonde, per l'anima non è la stessa cosa.
Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Chi ha orecchi intenda.
Tre terreni negativi (strada, sassi, spine) e tre positivi: il cento, il sessanta, il trenta.
La differenza non è solo quantitativa ma anche qualitativa. Cioè: ognuno porta frutto a modo suo, e va bene.
Il frutto dipende dall'albero. La fecondità dipende dal tuo terreno. "Dai frutti li riconoscerete", diceva Gesù. E non si può scaricare sempre la colpa sugli altri e sulla società. Un albero buono fa frutti buoni, diceva Gesù, e uno cattivo frutti cattivi (Lc 6,43-45): semplice no! Ognuno fa i frutti secondo il suo albero. Guardo alla mia famiglia, guardo ai miei figli, guardo le persone di cui mi circondo, quelle che frequento e capisco subito chi sono. I miei frutti, le mie parole, le mie scelte, i miei comportamenti, dipendono dal mio albero, da ciò che sono. La mia realtà è lo specchio della mia vita.
Ma se mi lascio trasformare, se permetto al seme di fecondarmi, cioè di cambiarmi, di farmi diverso, di farmi nuovo, di farmi crescere, allora sarò uomo dai grandi frutti. Perché per accogliere il seme devo essere disponibile, accogliente, soffice, profondo.
La creatività, la fecondità, la felicità non si possono produrre né inseguire. Ma se si è aperti alla vita, se si è ricettivi, se ci si lascia trasformare Lei ci raggiunge. E si scopre di essere infinitamente di più, per sé e per gli altri, di ciò che anche lontanamente si potesse pensare.
Molte persone si ritrovano in questa parabola e la sentono di grande conforto.
Quando guardano la loro vita la trovano un vero disastro, un fallimento, una delusione. Eppure la vita ha senso se c'è una parte di noi che porta frutti.
Un signore anziano si ritrova verso la fine della vita. Quando si gira e guarda indietro vede solo che fallimenti: fallito il matrimonio (divorzio), fallita l'educazione dei figli (uno è morto di overdose), fallito il carattere (è sempre quello di tanti anni fa). Un uomo così si potrebbe lasciare morire. Ma nonostante tutti "questi terreni infruttuosi" c'è qualcosa che va: si dà da fare per il centro anziani. Organizza incontri, gite, feste, "tiene su la compagnia" con le sue battute ed è un riferimento per tutti. Per lui tutto questo è molto importante. Perché anche se molte zone della sua vita sono fallite, può trovare dentro di sé una parte buona, una parte feconda, una zona che gli ridia stima e dignità e che gli faccia ancora gustare e vivere la sua vita.
Una nonna si trascinava nelle sue giornate. Aveva perso la voglia di vivere. "Che ci sto a fare? Non servo più a nessuno". I figli erano grandi e neppure l'amavano tanto; inoltre non aveva coltivato interessi particolari nel corso della sua vita. Ma la nascita della nipote fu la sua salvezza. Sua figlia gliela portava tutte le mattine. Lei brontolava che era stanca e che non ce la faceva, ma in realtà le piaceva molto. Nonostante l'età e nonostante il rapporto con i figli rimanesse difficile aveva trovato uno spazio di fecondità, uno spazio dove poter dare qualcosa di sé e il meglio di sé, dove sentirsi utile e importante. Quella donna rinacque.
C'è una donna che in casa "è una iena": insopportabile per i figli e per il marito. E' nervosa, irascibile, isterica, inavvicinabile. Questa donna fa la catechista e lo fa benissimo. Lì è un'altra persona. E' chiaro che è divisa, scissa, che fuori c'è una parte di lei e che in casa ce n'è un'altra. E' chiaro che si proverà a unificare le due parti. Ma non toglietele il catechismo: è l'unica cosa – e lei lo sa – dove si sente brava, dove sente di poter dare qualcosa ai ragazzi, dove percepisce il suo valore, dove sente di poter essere utile. Quando si guarda allo specchio sa che la sua vita è un disastro ma sa che in questa cosa è proprio brava. E' la sua salvezza.
Per me allora questo vangelo è molto importante perché mi insegna che io sono come quei quattro terreni.
Gesù mi accoglie e mi ama anche se non porto frutto in ogni sfera della mia vita. Gesù mi ama anche se in alcuni settori sono proprio arido. Proverò a migliorare, ad essere più accogliente, ma non sono più pressato dall'essere perfetto.
Se io posso avere una zona sana, una zona fruttifera, allora io posso guardarmi e non buttarmi via. Posso vedere che la mia vita ha un senso, ha un significato, ha uno scopo al di là dei miei fallimenti, insuccessi e delle mie aridità. Non devo pretendere da me di essere fecondo in tutto e di non avere terreni aridi o falliti. Mi posso accettare anche con qualche fallimento purché ci sia qualche fecondità. Perché una piccola fecondità (un terreno su quattro), dice questo vangelo, è una enorme fecondità.
Pensiero della settimana
Sii paziente con tutto ciò che è insoluto nel tuo cuore.
Cerca di amare le domande in sé.
Non cercare adesso le risposte che non ti possono
essere date perché non saresti capace di viverle.
E il punto è di vivere ogni cosa.
Vivi le domande ora.
Forse in futuro, gradualmente, senza farci caso,
un giorno lontano, ne vivrai le risposte.