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TESTO Venite a me, voi tutti che siete stanchi

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XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (06/07/2008)

Vangelo: Mt 11,25-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 11,25-30

In quel tempo Gesù disse: 25«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

La predicazione di Gesù ha conosciuto l'insuccesso nelle città della Galilea. Nonostante i miracoli compiuti in esse, Gesù non è stato accolto: i sapienti e gli intelligenti si sono chiusi al vangelo. Forse Gesù si è allontanato dalla folle per riprendere in mano il gruppetto dei discepoli scoraggiati. In ogni caso, è nella preghiera che scopre ancora una volta il disegno del Padre, si sente invadere dalla gioia di fronte alla sua bontà e ripete, in un vibrante Magnificat, la beatitudine dei poveri.

Attingendo ai tesori delle Scritture, col tono di un profeta ispirato Gesù canta un inno di lode al Padre suo. Con lo sguardo rinnovato dalla preghiera, contempla il paradosso di una salvezza nascosta agli scribi e ai farisei, ma rivelata agli umili che lo seguono. Se Gesù ha un ruolo tutto particolare in questa rivelazione, è perché vive, nel profondo del proprio essere da cui sgorga la lode, un rapporto privilegiato con Dio: è il Figlio eterno del Padre.

Soltanto lui può sapere fino a che punto Dio è Padre, e soltanto lui può far entrare i suoi discepoli in questo mistero d'amore. Il riposo che Gesù concede loro dopo l'invio in missione è un segno della pace ancora più profonda che troveranno accogliendo il suo insegnamento: egli è il messia "mite e umile di cuore" che porta unicamente la parola di Dio, al di là di ogni interpretazione umana, e che impone soltanto ciò di cui egli stesso si è fatto carico per tutti gli uomini.

Definita dal concilio di Nicea (325), l'identità di natura del Figlio e del Padre trova nella preghiera di Gesù un'espressione in qualche modo tangibile, a cui ogni cristiano è chiamato a partecipare. Pregare con Gesù, significa lasciar cantare in noi il suo Spirito, aprirsi al nome divino che ci rende figli pronti a compiere la volontà del Padre, esultare col Figlio per le meraviglie che continuano a realizzarsi per azione della sua grazia.

 

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