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TESTO Chi capisce Dio

mons. Roberto Brunelli

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XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (06/07/2008)

Vangelo: Mt 11,25-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 11,25-30

In quel tempo Gesù disse: 25«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

"Ti benedico, o Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli". Comincia così il brano odierno del vangelo, con una benedizione – cioè una lode, un ringraziamento – di Gesù al Padre suo, per aver tenuto nascosto il senso e il valore del Regno di Dio agli uomini pieni di sé, e averli invece rivelati ai piccoli. Per capire questa sorprendente preghiera pubblica occorre ricordare che essa si colloca tra ripetuti episodi di rifiuto di Gesù: indifferenza o aperta ostilità gli sono venute dalle ricche città del lago di Tiberiade, dai farisei che si ritenevano perfetti nella fede, dai capi del popolo preoccupati del loro potere. Essi non hanno capito quello che invece è stato concesso ai "piccoli", termine che nel linguaggio biblico non si riferisce all'età o alla statura: piccoli sono i semplici, gli umili, i poveri nello spirito, quanti non sono pieni di sé ma sono disponibili ad accogliere come un dono le attenzioni di Dio. Sono loro a "capire" davvero le cose di Dio, dice Gesù.

Evviva! Duemila anni di cristianesimo hanno conosciuto tanti uomini geniali nell'approfondimento della fede – ricordiamo, all'inizio dell'Anno Paolino, l'apostolo Paolo, e con lui Agostino e Dante, Tommaso d'Aquino e Pascal, e uno stuolo d'altri – ma avvertiremmo come un'ingiustizia se la fede fosse solo per loro. Di più: chi è aperto a Dio, pur se è analfabeta e magari stenta a combinare il pranzo con la cena, è provato che a volte capisce meglio di un filosofo saccente, di un politico ambizioso, di un ricco in ansia per la sorte dei suoi beni. La somma giustizia di Dio dà a tutti la possibilità di capire l'essenziale, e cioè che egli ci ama; ciascuno poi, secondo le proprie capacità, potrà ampliare e approfondire. In certo modo si verifica sin d'ora quello che Dante dice del paradiso, dove sono previsti diversi gradi di beatitudine ma senza che chi ne ha meno patisca invidia per chi ne ha di più, perché tutti ne hanno quanta ne possono recepire. Nel rapporto tra l'intelligenza e la fede che ad essa si rivela, è stato usato un paragone: se gli uomini fossero bicchieri si presenterebbero di diversa capienza; l'importante non sarebbe quanto ciascuno possa contenere, ma che siano tutti colmi, e tutti dello stesso buon vino.

La benedizione di Gesù implica un'altra considerazione: la fede è adesione a Dio che si rivela, per suo dono, senza alcun merito umano. In proposito, a volte si sente dire, magari con accenti di sincero rammarico: "Se la fede è un dono, io non l'ho ricevuto". Ma le cose non stanno in questi termini; Dio non fa differenze, si dona a tutti quanti sono disponibili ad accoglierlo. Chi ritenesse di essere stato escluso, dovrebbe in realtà esaminare bene se stesso; forse è lui, per presunta autosufficienza, o perché troppo preso da altri interessi, ad avere chiuso Dio fuori dalla porta della propria mente e del proprio cuore. Se si vuole incontrare Dio, bisogna farsi "piccoli"; bisogna rinunciare all'orgoglio di ritenersi regola a sé stessi; bisogna non farsi assorbire dalle cose che passano, siano esse quelle che affascinano ma anche quelle che inquietano.

Bisogna, soprattutto, capire che accogliere Dio nella propria vita non significa sottostare a una serie di vincoli e doveri limitativi della nostra libertà. Significa invece trovarla davvero, la libertà, che è autentica solo quando si volge al bene; significa trovare quella pienezza di vita di cui su un piano puramente umano dà qualche misura un rapporto di autentico amore. Accogliere Dio nella propria vita significa sperimentare in pienezza la sensazione esaltante che si prova quando si ama, riamati.

 

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