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TESTO Commento su Matteo 11,25-30

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XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (06/07/2008)

Vangelo: Mt 11,25-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo Gesù disse: 25«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Seguire Gesù significa tornare ad essere piccoli.

In un mondo in cui tutti vanno alla ricerca dei primi posti, la "carriera" del cristiano è guadagnarsi gli ultimi posti, riservati ai piccoli. E questa carriera ha una virtù per nome: Umiltà.

Papa Benedetto, incontrando i giovani italiani a Loreto, nel settembre 2007, ha ricordato che "questa è la via maestra, e non solo perché l'umiltà è una grande virtù umana, ma perché, in primo luogo, rappresenta il modo di agire di Dio stesso. È la via scelta da Cristo" e ha invitato ad avere il coraggio dell'umiltà.

Già. Oggi come oggi ci vuole un vero coraggio per non voler apparire, per agire con discrezione, per non desiderare altro che essere visti da Dio e non dagli uomini. La nostra tentazione è sempre l'opposto: mettere noi stessi in mostra...

Ci piace immaginare Gesù con un cuore colmo di commozione e di gioia quando loda il Padre perché ha scelto di rivelarsi ai piccoli. Sicuramente in mente aveva tanti volti, tanti sguardi, tante esistenze donate. Forse avrà pensato in particolare a Maria, sua madre e a Giuseppe.

Questa confessione di lode del Signore è una risposta forte all'incredulità dei cittadini di Corazin e Betsaida che, pur avendo visto segni e prodigi, non avevano creduto. Si erano lasciati prendere, come tanti uomini contemporanei, dalla caparbietà nel voler trovare ragioni su tutto, nell'analizzare, nel prendere decisioni su ogni cosa. Certo, Gesù non dice che non dobbiamo usare la ragione e l'intelligenza, ma invita a privilegiare il cammino di fede come un incontro con una persona: il Figlio, il quale ci rivela pienamente il Padre.

E per incontrare il Figlio bisogna sentirci figli, occorre farci piccoli.

Santa Teresa d'Avila parlando alle sue suore usa un'immagine originale per spiegare la forza dell'umiltà: la regina nel gioco degli scacchi: "A scacchi, la guerra più accanita il re deve subirla dalla regina, benché vi concorrano da parte loro anche gli altri pezzi. Orbene, non vi è regina che più obblighi nella resa il Re del cielo quanto l'umiltà... Non so comprendere chi si dia o possa darsi umiltà senza amore, e amore senza umiltà, come non è possibile che queste due virtù stiano in un'anima senza un gran distacco da ogni cosa".

Solo il piccolo conquista il cuore di Dio, Gli fa scacco matto. E il Signore non desidera altro che questo: essere conquistato per conquistarci! "Venite a me" L'invito rivolto agli affaticati e agli oppressi sembra essere in questo contesto un'eco del "Lasciate che i bambini vengano a me!". Ciò che accomuna i sofferenti e i piccoli è la consapevolezza che non si può andare avanti senza l'aiuto di qualcuno. Nel momento in cui l'affaticato e l'oppresso arriva presso il Signore, ecco che si ritrova piccolo, davanti al Dio che si è fatto piccolo.

Il Signore – che secondo la profezia entra a Gerusalemme non a cavallo, come un signore potente, ma nella semplicità, cavalcando un'asina – possiede vera sapienza e intelligenza: la mitezza e l'umiltà.

Francesco d'Assisi, maestro di semplicità, arrivò a pregare così rivolto al Signore: "Oh Dio, tu sei umiltà!".

Ai piccoli – esperti di "gioco" – Gesù regala il suo "giogo", quasi a voler sottolineare che chi è semplice sa portare con serenità e forza anche il peso della prova, sapendo che il cristiano non si ritrova mai solo, ma unito a Colui che per primo trasporta il dolce giogo dell'amore: la croce. Gesù è il vero con-iuge (colui che porta insieme il giogo) nella fedeltà e nell'amore.

Allora anche la fragilità, le debolezze nostre, il peccato, messi nelle mani di Dio, si trasformeranno in occasioni per rendere lode a Colui che è la nostra forza e senza il quale non potremmo fare nulla.

Un giorno Papa Luciani ebbe a dire: "Mi limito a raccomandare una virtù, tanto cara al Signore: ha detto: imparate da me che sono mite e umile di cuore. Io rischio di dire uno sproposito, ma lo dico: il Signore tanto ama l'umiltà che, a volte, permette dei peccati gravi. Perché? perché quelli che li hanno commessi, questi peccati, dopo, pentiti, restino umili. Non vien voglia di credersi dei mezzi santi, dei mezzi angeli, quando si sa di aver commesso delle mancanze gravi. Il Signore ha tanto raccomandato: siate umili. Anche se avete fatto delle grandi cose, dite: siamo servi inutili. Invece la tendenza, in noi tutti, è piuttosto al contrario: mettersi in mostra. Bassi, bassi: è la virtù cristiana che riguarda noi stessi".

San Paolo, all'inizio di questo anno a lui dedicato, ci aiuti a ritrovare vita pur nei nostri corpi mortali. L'Apostolo delle Genti, che scrive ai Romani esortandoli ad abbandonare le opere della carne, sapeva bene cosa significava incontrare Cristo nella debolezza ed essere conquistato da Lui.

In questo tempo in cui andiamo alla ricerca della fresco, nella calura estiva, esortiamo la nostra anima a trovare ristoro in Dio. E forse, trovandoci sulla spiaggia del mare o sui sentieri di montagna, ci aiuteranno proprio i bambini, con il loro desiderio di giocare e con il loro bisogno d'amore, a portare il peso delle nostre fatiche e ad incontrare Dio.

Commento a cura di don Paolo Ricciardi

 

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