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TESTO Il banchetto e il pane

padre Gian Franco Scarpitta  

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (03/08/2008)

Vangelo: Mt 14,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 13avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. 14Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.

15Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». 16Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». 17Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». 18Ed egli disse: «Portatemeli qui». 19E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. 20Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. 21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

Sono molto frequenti le immagini della Bibbia che descrivono la prospettiva di salvezza del Signore nei termini di convivialità; in esse Dio si mostra fautore di un sontuoso banchetto caratterizzato da vivande succulente e vini prelibati; a volte si affianca ad esse, a rafforzare lo stato di stabilità e di pace promesso da Dio alla comunità d'Israele, la peculiare immagine del latte e del miele, elementi costitutivi dell'abbondanza e della prosperità e allusivi pertanto alla floridezza del Regno di Dio, che la volta scorsa descrivevamo come una dimensione generale di giustizia e di amore che Dio stesso ha instaurato nelle parole e nelle opere del suo Verbo Gesù Cristo.

Se vogliamo fare una riflessione i banchetti sono sempre stati la circostanza più importante nella quale gli uomini e le famiglie si possono trovare uniti e solidali e per ciò stesso è molto desolante che in una casa si consumino i pasti ciascuno per conto proprio, in orari differenti e senza che ci si preoccupi di comporre l'unione e l'armonia almeno a tavola.

Affannati e stressati dai continui impegni scolastici e lavorativi, dovremmo trovare sempre nel pranzo e nella cena le occasioni di incontro e di dialogo da svolgersi tuttavia nella pace e nella serenità, omettendo ogni riferimento ai problemi di lavoro e alle ansie che ci hanno assillati durante il giorno: a tavola si dovrebbe comunicare più fra di noi, lasciando sul luogo della nostra professione le questioni inerenti il lavoro, o almeno affrontandoli senza che questi debbano suscitare ulteriori ansie e animosità, peggio ancora dando luogo a tensioni e dissapori. Mai mettere in ballo discussioni, problematiche o semplicemente argomenti che possano urtare gli altri o comunque sollevare il polverone di discussioni e acredini in famiglia, soprattutto considerando che le ore precedenti vissute ciascuno nel suo marasma di impegni e di lotte ci hanno già toccati nel nervosismo e non vale la pena rincarare la dose. Il pranzo e la cena sono piuttosto circostanze in cui si parla, ci si confronta e meglio ancora si scherza e si socializza insieme, essendo quelli gli unici momenti privilegiati di comunicazione e interazione.

Se però ci facciamo caso, i banchetti, anche in epoca remota, sono stati occasioni in cui ci si tratteneva in discussioni che poi conducevano a realizzare accordi, alleanze, patti e intese di carattere politico e sociale; nel caso della Parola di Dio il pasto pertanto, sempre e comunque elemento di letizia e di festa per tutti i commensali, è espressione di alleanza. Quella stipulata definitivamente fra Dio che è Padre di misericordia che vuole cercare l'uomo, e lo stesso soggetto umano che accoglie tale proposito divino e vi aderisce consapevolmente e nella letizia.

Nel banchetto della salvezza avviene l'alleanza e il patto gioioso. Dio ha invitato tutti i commensali a tavola a far festa; ciascun uomo è un conviviale che ha accolto l'invito con soddisfazione e gioia, consapevole che il fautore del pranzo è un Amico che cerca nient'altro che la gioia e la comunicativa di amore e di bene.

Al banchetto del Signore siamo invitati tutti quanti. In altro luogo però Gesù avverte che non si può entrare nella sala trattenimento senza vestire "l'abito nuziale", ossia senza che la nostra coscienza si sia mondata dalle scorrettezze morali e abbia rifuggito la volontà di perfezione. Il che è anche lecito e convincente: se accogliamo l'invito, sappiamo che quella a cui parteciperemo è una festa e pertanto non potremo che abbigliarci secondo costumi adeguati o almeno consoni al clima che stiamo per condividere con gli altri. Vestire a festa durante una cena di nozze è indice di condivisione e di compartecipazione alla gioia degli sposi, solidarietà con il loro entusiasmo e approvazione della loro letizia momentanea e futura. Così pure la partecipazione alle nozze del Regno vuole che l'uomo attraverso la sua attitudine alle opere buone e alla perfezione morale sia nelle condizioni di condividere e partecipare la gioia dell'incontro con Dio.

Ma andiamo adesso al cuore del nostro discorso. Se Dio ha qualificato il Regno nelle impostazioni di un convito festoso, Gesù figlio di Dio non smentisce la volontà del Padre, ma vi apporta un motivo di ulteriore incoraggiamento, poiché propone se stesso come primario alimento in grado di sfamare ogni lacuna alimentare umana: il pane.

Egli manifesta se stesso a più riprese come il pane vivo disceso dal cielo, elemento fondante delle interazioni fa gli uomini e prima ancora dei rapporti di questi con Dio: in questo alimento comune a tutti gli uomini per il quale si intessono non di rado anche sanguinose battaglie, Dio mostra di voler comunicare immediatamente con noi offrendosi spontaneamente e senza riserve.

Quando i suoi discepoli obiettano che la folla, stanca e stremata dalla fatica del giorno, avverte la fame e l'indigenza, Gesù ribatte "Date loro voi stessi da mangiare". Se i suoi interlocutori avessero ben compreso già a monte il messaggio salvifico di Gesù che ci si presenta egli medesimo come il pane di vita, non avrebbero opposto resistenza alcuna ma avrebbero proceduto immediatamente essi stessi alla moltiplicazione dei pani. Vi provvede lo stesso Signore Gesù con molta pazienza e sollecitudine, e con tale gesto soddisfa la fame fisica di quella grande turba di uomini, donne e bambini che supera le 5000 unità, in modo tale che fra di essi nessuno resti nell'indigenza. Anzi, moltissime sporte di alimento non consumato vengono portate via dai discepoli.

Ma non è solo il problema di penuria fisica che Gesù risolve in tutte quelle persone. Si realizza per loro anche la ricompensa logica e meritata per aver peso dalle labbra di Cristo ascoltando la sua parola come Parola di salvezza e di vita e riconoscendo in Gesù il Figlio di Dio Salvatore e Signore che ha sempre una parola di fiducia e di salvezza da comunicare all'uomo.

Non è insomma un semplice atto di compassione quello realizzato da Gesù nel miracolo della moltiplicazione di pani e pesci, ma un compiacimento e un'ammirazione nei confronti di un popolo che ha appena mostrato di saper cogliere e valutare appieno il messaggio di Dio nella persona di Gesù.

Attraverso questo insolito procedimento Gesù comunica però la realtà di fondo che la fame vera dell'uomo si appaga soltanto mangiando di Lui, che è il pane di vita eterna, consumando cioè il suo corpo e nutrendosi di lui in ogni situazione esistenziale che la vita ci riserva.

Anche e soprattutto nel lautissimo banchetto di salvezza e di gioia che ci attende tutte le domeniche, nel quale materialmente noi ci nutriamo di lui pane di vita nelle sembianze dell'Eucarestia.

 

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