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TESTO Non abbiate paura

mons. Roberto Brunelli

XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (22/06/2008)

Vangelo: Mt 10,26-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 10,26-33

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: 26Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. 27Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!

32Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.

Molti ancora ricordano l'invito, quasi gridato, di Giovanni Paolo II nella Messa d'inizio del suo pontificato: "Non abbiate paura!" Tutti allora hanno espresso sorpresa per quell'inatteso esordio, che bastò a dare la misura della vigorosa personalità del nuovo papa: un uomo provato da durissime esperienze, eppure ancora carico di fiducia e coraggio. Ma quelle parole non erano un distillato della sua biografia, non nascevano spontanee sulle labbra di un inguaribile ottimista: in realtà il papa non faceva che ripetere parole di Colui del quale è il vicario in terra. Nel solo brano odierno del vangelo, per ben tre volte Gesù invita a non avere paura.

L'invito appare più che mai di attualità; senza ricercare quali fossero le ragioni sottese nel grido di Giovanni Paolo II, possiamo vedere come rispetto ad allora, trent'anni fa, la nostra società sia sempre più inquieta. Le prospettive di uno scontro di civiltà, ingiustizie d'ogni sorta, il degrado dell'ambiente, l'arrivo di tanti stranieri, l'insicurezza del domani, l'inefficienza dei governanti, e chi più ne ha più ne metta, generano un diffuso disagio quando non vere e proprie paure. Probabilmente un'analisi accurata manifesterebbe l'infondatezza di tanti timori, almeno in parte generati da un accumulo di informazioni; in passato i problemi non erano meno numerosi o meno gravi, ma non li si conosceva quanto oggi. E in ogni caso il lamento da solo è sterile; un atteggiamento responsabile di fronte ai problemi comporta l'impegno a risolverli. Come, il papa di trent'anni fa lo disse subito dopo la sua vibrante esortazione a non avere paura, quando con altrettanta forza aggiunse: "Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!" Egli era convinto, ed è difficile dargli torto, che se gli uomini, tutti gli uomini, mettessero in pratica gli esempi e gli insegnamenti di Cristo, i problemi per cui si inquietano sparirebbero.

Tra i rischi e le buie prospettive per cui gli uomini si inquietano, la maggior parte di loro non include il pericolo di cui parla il vangelo di oggi, l'unico vero pericolo di una vita che, piaccia o no, è destinata a finire. "Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna", cioè all'inferno, dice il vangelo. Ora, parlare di inferno e di colui che ha il potere di farvi perire l'anima e il corpo, muove qualcuno a sorrisini di compatimento: cose d'altri tempi, cose per gli ingenui, pensa. E però, premesso che nessuno finirà all'inferno per disgrazia, come senza colpa si può perire in un incidente stradale, l'avvertimento evangelico è basilare per chi sa che esiste una vita oltre questa, e che essa sarà come in questa l'avremo preparata.

Chi ritenesse che nell'ottica della fede la vita presente non conta, perché vale solo quella eterna; chi pensasse di disinteressarsi del mondo e, chiuso in un suo angolino, si proiettasse solo nel mondo venturo, sbaglierebbe di grosso. Il futuro dipende dal presente, da come si vive oggi: di qui l'impegno dei cristiani a cambiare questo mondo, a fare il possibile perché diventi più giusto, più sicuro, più solidale. Semmai, la prospettiva della vita eterna serve da guida nell'operare adesso, giorno per giorno. Ieri cadeva la festa di San Luigi Gonzaga, giovane d'anni ma maturo come pochi: riferisce chi gli è vissuto accanto che egli valutava impegni e decisioni non col metro dell'interesse personale, del vantaggio immediato, ma pensando alle conseguenze. Allo scopo aveva adottato un semplice criterio: "Quid ad aeternitatem?" si domandava; "che vale questo per l'eternità?"

 

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