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TESTO Commento su Matteo 9,9-13

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X Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (08/06/2008)

Vangelo: Mt 9,9-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 9mentre andava via, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.

10Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. 11Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». 12Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. 13Andate a imparare che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

PRIMA LETTURA

Dal libro del profeta Osea (6,3-6).

Al proposito del popolo di superare i suoi errori sociali e religiosi con un sincero ritorno al Signore, una conversione del cuore, fa eco questo oracolo profetico che a nome di Dio, parla delle condizioni richieste per un sincero ritorno: riconoscere che quanto Dio ha minacciato per mezzo dei profeti e ha poi realizzato, è stato un castigo educativo (v. 5), dovuto alla mancanza di un amore perseverante (v. 4). Ricordare poi che Dio ripudia il puro formalismo religioso, non accompagnato dall'amore, cioè da un atteggiamento fedele ed ossequioso verso Dio e il prossimo e della conoscenza di Dio, cioè da una adesione integrale al volere divino comunicato nelle parole dell'alleanza.

SECONDA LETTURA

Dalla lettera di S. Paolo apostolo ai Romani (4,18-25)

Paolo presenta in Abramo un campione di quella fede piena che sola è in grado di giustificare. Abramo infatti ha creduto contro ogni speranza che Dio sarebbe stato per lui donatore di vita procurandogli una discendenza. Questa fede è inconcepibile senza la speranza e senza una fiducia ed un amore totale verso Dio. Speranza ed amore che sgorgano in pienezza, secondo Paolo, solo dalla esperienza della resurrezione cioè dall'incontro nella fede iniziale con Gesù Risorto.

Così si instaura un percorso circolare che come una spirale porta verso l'alto: è la fede che apre alla speranza ed è la speranza che nutre ed approfondisce la fede.

VANGELO

Dal vangelo secondo Matteo (9,9-12)

Fin dalle prime battute di questo vangelo incontriamo una storia interessante che brilla ancora di più nel confronto tra i vari vangeli. Il vangelo di Marco, che racconta lo stesso episodio, inizia parlando di un personaggio storico concreto, di nome Levi, un nome comunissimo tra gli ebrei, che poi verrà chiamato Matteo dal nostro vangelo ed identificato da una antichissima tradizione con l'autore del vangelo stesso. Forse fu proprio Gesù a cambiare il nome di Levi in Matteo, che significa "dono di Dio". Infatti questo peccatore, convertito e diventato apostolo ed evangelista, sarà veramente un prezioso dono del Padre per la missione di Gesù e della Chiesa. Quando il vangelo di Luca narra il medesimo episodio l'attenzione è centrata sul mestiere del personaggio, che lo connota subito come peccatore e rifiutato: "era un pubblicano". Lo sguardo di Gesù viene come attratto dalla sua emarginazione e dal suo peccato: Gesù predilige invariabilmente gli ultimi! Il nostro vangelo invece si apre con una notazione che esclude ogni giudizio: "Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte". In questo sguardo di Gesù che vede, ma non giudica, sta tutto il segreto di questo brano evangelico. E' uno sguardo nuovo, dal quale Levi-Matteo non era mai stato scrutato. Lui come tutti i peccatori era abituato a sguardi di rimprovero, occhiate di sdegnosa disapprovazione, fuggevoli battute di ciglia, quasi a purificare gli occhi dall'aver visto qualcosa di vergognoso. Gesù invece, per la prima volta lo guarda come un semplice uomo, come una persona che ha valore, non tanto per quello che è e fa in quel momento, ma per quello che può fare e che soprattutto potrà diventare.

Per questo lo sguardo del Signore si volge subito sul futuro e lo invita a ad andare decisamente avanti: "seguimi!". Ed egli si alzò e lo seguì. Tra lo stupore dei benpensanti, gli sguardi di disapprovazione e di dubbio, l'atto di fiducia di Gesù coglie nel segno, la sua speranza nel futuro comincia a concretizzarsi: il pubblicano si converte.

Ma salvare un solo peccatore sarebbe veramente poco, dal momento che tutti questi sguardi cattivi hanno rivelato a Gesù una così ricca folla di ipocriti, di superbi e di critici, tutti peccatori bisognosi di conversione! "Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani ed ai peccatori?". Un bel condensato di malizia in questa semplice frase! I farisei non attaccano direttamente Gesù, ma cercano di trarre il massimo profitto dal suo gesto coraggioso ed a loro parere sconsiderato. Può essere l'occasione buona per mettere zizzania tra Gesù ed i suoi: "Che razza di maestro state seguendo, incapace di scegliersi una compagnia decente?". Gesù reagisce e dimostra di essere non soltanto un grande maestro di umanità, ma anche un vero Rabbi, profondo conoscitore della parola di Dio. Ai sapienti del tempo cita un brano nascosto nelle pieghe della grande profezia di Osea, un versetto che sarebbe restato ignoto ai più, se Gesù non vi avesse riconosciuto una luminosa rivelazione del cuore di Dio: "misericordia io voglio e non sacrificio!".

Un Dio assetato di misericordia è quello che il maestro di Nazareth sta insegnando al mondo, l'unico vero Dio di tutta la Bibbia. Solo sforzandosi di condividere i gusti ed i giudizi di Dio è possibile trovare verità e salvezza. Questa è la sapienza che i giudei cercano da tempo e che devono imparare a seguire.

Commento a cura di don Nazzareno Marconi

 

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