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TESTO Commento su Matteo 7,21-27

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IX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (01/06/2008)

Vangelo: Mt 7,21-27 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 21Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. 22In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. 23Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”.

24Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. 25Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. 26Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. 27Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».

"Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia."

Oggi ascoltiamo la Parola di Dio tratta rispettivamente dal libro del Deuteronomio, dalla Lettera ai Romani e dal capitolo sette del Vangelo di Matteo. E' importante sottolinearlo perché ho intenzione di sviluppare insieme a voi una riflessione trasversale su un tema preciso, che ritorna in tutte e tre le letture: l'importanza della Parola e la sua mediazione, per farci veramente conformi alla volontà di Dio e quindi persone solide, "che hanno costruito la loro casa sulla roccia".

Consideriamo intanto la prima lettura: la scelta fra bene o male, con classica visione veterotestamentaria, è data dalla osservanza della Legge.

Dunque obbedire ai "comandi del Signore", essere a Lui fedeli, evitando di legarsi e seguire, dice Mosè "dèi stranieri, che voi non avete conosciuto", e non il vero Dio, non la fede proposta, ma obbedire ad altri cammini, altri itinerari esistenziali e spirituali che non sono quelli del Dio che si è rivelato ad Israele.

Percorsi individuali che rispondono ad esigenze diverse dalla volontà di Dio.

Nella seconda lettura tratta dalla Lettera ai Romani (3,21-25a.28) c'è il superamento della visione appartenente all'Antico Testamento.

Un fatto nuovo è entrato: Dio ha mandato Suo Figlio il quale si è incarnato, è morto e risorto.

Ricordate le parole di San Paolo all'inizio della Lettera agli Efesini (Efesini 1,3-10)?

"Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha benedetti di ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo. In lui ci ha eletti prima della creazione del mondo perché fossimo santi e irreprensibili dinanzi a lui, avendoci predestinati nel suo amore a essere adottati per mezzo di Gesù Cristo come suoi figli, secondo il disegno benevolo della sua volontà, a lode della gloria della sua grazia, che ci ha concessa nel suo amato Figlio. In lui abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia, che egli ha riversata abbondantemente su di noi dandoci ogni sorta di sapienza e d'intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo il disegno benevolo che aveva prestabilito dentro di sé, per realizzarlo quando i tempi fossero compiuti".

Gesù diventa il tramite di un amore che Dio prova per noi: non siamo chiamati più solo ad osservare la Legge o precetti che hanno sicuramente un valore agli occhi di Dio (e forse anche agli occhi nostri) ma ad una libera adesione a Colui che col suo sacrifico ha redento l'umanità, a l'unico che ci può donare la salvezza. Tale adesione nasce mediante la grazia di Dio e il libero "sì" con cui ogni uomo risponde alla chiamata di Dio.

Per questo San Paolo, come abbiamo ascoltato oggi, può affermare: "Fratelli, ora, indipendentemente dalla Legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla Legge e dai Profeti: giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono".

In questo contesto si innesta il brano del Vangelo che abbiamo letto. E' un brano in cui, come spesso accade, il Signore ci stupisce; (e stupisce immagino anche coloro che lo hanno potuto ascoltare di persona ) infatti l'incipit è molto duro:

«Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: "Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demòni e fatto in nome tuo molte opere potenti?" Allora dichiarerò loro: "Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, malfattori!"

Non chi agisce nel nome del Signore agisce sempre veramente per Suo conto.

E questo potremo dirlo con certezza se, per esempio, c'è una forma di malafede. Mi spiego meglio: magari uno "fa finta" di seguire il Signore, ma ha fini suoi, con doppio gioco. Chiaramente, uno così, non agisce veramente per conto del Signore.

Ma se uno agisce in buona fede ed aderisce con la sua vita alla sequela, sembra logico che possa pensare di essere nel giusto e che il Signore ne terrà necessariamente il dovuto conto.

E qui c'è il ribaltamento da parte di Gesù, della nostra ottica sempre troppo umana.

Il cattolicesimo non è un concorso a premi meritocratico con regole imposte da noi.

Non funziona con un'ottica di buonismo per cui "io faccio il bravo, mi comporto bene, non faccio del male a nessuno, vivo in pace col mondo e Dio mi ricompenserà".

L'esempio dei demoni è ben calato nella società dei tempi, chi poteva compiere i miracoli nella società giudea otteneva tale potere da Dio o, nel caso ipotizzato da Gesù, da lui medesimo.

Dare il potere di scacciare i demoni ai propri discepoli è un'attestazione di fiducia completa, ma come dice il Signore questa non basta se chi è discepolo non accompagna la sua operosità alla comprensione reale della volontà di Dio.

Anzi in questo frangente, Gesù si mostra severo, rigettando gli eventuali postulanti, apostrofandoli come malfattori (che letteralmente sono "coloro che fanno male") respingendogli da sé, quindi dalla vicinanza con Dio.

Nella nostra epoca, generalmente, i fedeli non hanno la pretesa di scacciare i demoni, ma in alcune azioni come la preghiera, l'osservanza dei precetti, lo stare insieme in maniera comunitaria, l'accostarsi ai sacramenti, possiamo leggere segni della grazia di Dio, quindi la manifestazione di un rapporto personale con Lui.

In altre azioni, come nel portare testimonianza o effettuare un servizio per la Chiesa si può ravvedere anche un agire per nome e conto del Signore, che deriva spesso, dalla convinzione che la fede non si esaurisce solo in una stretta osservanza dei precetti e nella preghiera.

Traslando l'esempio dei demoni che nella nostra società, meno abituata allo straordinario e più all'ordinario sembra inusuale, bisognerebbe forse chiedersi se l'attivismo, che a volte qualifica certi movimenti religiosi o certe comunità parrocchiali non sia poi un modo di utilizzare il nome di Dio per qualche cosa che è molto umano, per interessi che magari sono buoni, belli, idealistici, umanitari ma che forse hanno a vedere poco con il Signore.

O un' altra riflessione potrebbe essere questa: ipotizziamo una comunità parrocchiale (ma potrebbe essere anche un gruppo o un movimento che si incontra regolarmente) con le sue regole, le sue abitudini, per cui chi le segue appartiene alla comunità medesima.. Essa corre il rischio di essere così protettiva e rassicurante da diventare auto-referenziale, tale da ingenerare una specie di "individualismo comunitario", quasi una forma di asfissia, in cui non si sente più l'impulso missionario come obiettivo primario, non più la testimonianza agli altri come motivazione del proprio agire; gente che fa grumo invece di essere lievito che si perde nella pasta. La vita cristiana è per essenza comunitaria, ma anche comunicativa, missionaria: non basta stare bene nel proprio gruppo (magari condividendo gli stessi gusti, le stesse formule, lo stesso linguaggio compiaciuto, le stesse abitudini), bisogna sapere rapportarsi anche ad un mondo esterno che esiste, e verso il quale si è mandati (vi ricordate gli ultimi versetti del Vangelo di Marco? "E disse loro: «Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo a ogni creatura") dal Signore medesimo.

Ho fatto un esempio a livello comunitario particolarmente facile da comprendere, ma credo che tutti noi possiamo immaginare numerosi altri esempi di vita collettiva e singola, dove si crede di fare la volontà di Dio ma...

Ma come si fa la volontà di Dio? Questo è un ottimo tema di riflessione.

Di solito ci dicono con l'ascolto e con l'aderenza con la nostra vita alla Parola (per quanto possiamo riuscirci con l'aiuto di Dio, perché di solito ancora non siamo santi canonizzati..)

Nel Vangelo di oggi il Signore lo dice chiaramente con la similitudine della casa costruita sulla roccia, salda e forte, e quella costruita sulla sabbia che è chiaramente destinata a franare con le prime intemperie, perché si basa su un terreno friabile.

Non basta ascoltare la Parola di Dio, magari distrattamente, bisogna conoscerla personalmente, bisogna farla entrare nella propria vita, bisogna che diventi parte integrante del proprio io... Sembrano tutte notazioni scontate, sentite e risentite, ma non lo sono..

Come, se ci pensate, non è scontato che abbiamo un libro che parte dell'umanità identifica come la Sacra Scrittura, che proclamata diventa Parola di Dio.

Noi siamo abituati a sentirla proclamare in tutte le Messe di tutto il mondo, alcuni di noi la leggono, alcuni la meditano, alcuni la studiano, altri posseggono delle bellissime Bibbie negli scaffali di casa che magari non aprono mai: per parte dell'umanità essa rappresenta il modo con cui Dio si è rivolto al genere umano.
E questo se ci pensate è meraviglioso.

Nella storia dell'umanità esistono grandissime opere, per esempio l'Iliade o la Divina Commedia o pensate voi quale vi piace pensare, ma nessuna ha il potere di modificare la vita delle persone al punto da portare frutti di conversione.

Ancora di più: Gesù aveva promesso ai suoi discepoli: "In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto." (Mt 5,18). E così è stato.

Le generazioni si sono avvicendate, tante storie personali che hanno creato la Storia e su tutta la Storia e tutte le storie, per chi ci crede, Dio.

Colui che la Chiesa riconosce come "Signore della Storia", ha la sua Paola eterna, reale, concreta ma anche divina, trascendente, donata agli uomini per la loro conversione.

Una Parola data per costruire una esistenza costruita su una roccia, come la casa del Vangelo di oggi, una vita solida fatta di amore, testimonianza e carità cristiana.

Una Parola che ci fa stare anche con quelli che, se seguissimo i nostri istinti, non frequenteremmo mai, perché troppo diversi da noi.
Una Parola che ci coinvolge ed entusiasma.

Una Parola che ci fa dubitare di noi stessi e delle nostre certezze.

Una Parola che ci spinge a testimoniare ad un mondo, a volte freddo, il nostro amore per Gesù, il Risorto.

Una Parola che ci fa dire con Pietro "Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna" (Gv 6,68).
Una Parola che ci fa Chiesa.

Chiediamo al Signore, alla fine di questa riflessione, che la nostra esistenza sia costruita sulla conoscenza e l'adesione alla Parola, e di darci sempre la coscienza della grazia dell'amore di Dio per noi.

A Colui che era, che è e che viene, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen.

 

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