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TESTO Eucarestia: riscoperta della propria identità

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Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A) (25/05/2008)

Vangelo: Gv 6,51-58 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 6,51-58

51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Oggi solennità del "Corpus Domini", la Chiesa ci chiama ad andare alle radici della nostra fede e del nostro essere cristiani. La sollecitazione a riscoprire il senso pieno ed ultimo della SS. Eucarestia sta nel fatto che Essa è per il credente "la Fonte e il Culmine" di tutta la vita battesimale.

Riscoprire l'Eucarestia ha come termine ultimo quello di evitare di correre dietro a "favole artificiosamente inventate", ma offrire all'uomo un punto di riferimento certo e sicuro attorno a cui far ruotare e sui fondare l'intera esistenza.

Questo principio di autenticità lo troviamo presente nella seconda lettura. "Fuggite l'Idolatria". A Paolo preme anzitutto precisare che il cristiano deve avere una fede autentica e matura; per cui vede come suo obbligo ed interesse indicare la Via Maestra che dà la Vera Vita. L'apostolo stesso ha potuto constatare come nella comunità di Corinto, e anche in altre, non sempre c'è una ricerca sincera ed autentica di Dio, ma ci si aggrappa alle manifestazioni che dalla Divinità promanano; però sono sempre riverberi, che anziché rimandare a Dio... vengono credute "dio". Ecco allora che Paolo insiste che la vita della comunità si deve sviluppare attorno al "Calice della Benedizione...". Questa espressione indica il calice intorno a cui è presente il dono del Signore. Il Calice Benedetto, colmo della vita di Dio, se bevuto e possiamo dire gustato porta alla comunione piena con la vita che scorre nelle vene di Cristo. Lo stesso ed identico principio vale anche per il Pane: "Il pane che noi spezziamo..." per condividerlo, pane delle nostre mense di credenti, è comunione con il corpo di Cristo... diviene forza di comunione. Dalla comunione col "corpo" e col "sangue" nasce la comunione con l'insieme dell'assemblea che si raduna attorno al Mistero Eucaristico. Scaturisce, come fonte che zampilla per sempre, quell'intimità straordinaria che fa dell'assemblea dei credenti una sola famiglia, che rende fratelli in Cristo, porta alla maturità della fede e forma le coscienze.

Allora bisogna lottare e conquistare con tutte le forze questa intimità straordinaria con Dio e con i fratelli, e una volta acquisita va protetta a tutti i costi. Simile esperienza di tale intimità viene riportata anche in Es 40, quando al termine della costruzione della tenda in cui era custodita l'Arca, una nube avvolse tutta la tenda così che nessuno poté avvicinarsi. Ma quel luogo era diventato per l'intera comunità di Israele il punto di riferimento della propria identità di popolo eletto.

Il mezzo per arrivare all'intimità più profonda è il silenzio. Di fronte al "Mistero Eucaristico", il silenzio è proprio il veicolo che ci fa "toccare" Dio, che ce ne fa percepire la presenza nell'intimo. Noi, se vogliamo, possiamo essere luogo del silenzio perché il Signore ci ha creati con questa dimensione interiore; per questo l'uomo ha la capacità di comunicare attraverso la parola che è generata dal silenzio, cioè dal linguaggio dell'amore.

Il silenzio è dentro di noi, ma dobbiamo farlo emergere, lasciargli lo spazio vitale, non soffocarlo! Dobbiamo educarci al silenzio; meglio, lasciarci educare. Il silenzio è bellezza, è dono, è pace, è presenza, è pienezza d'amore; perciò dà gioia.

Commento a cura di don Alessio De Stefano

 

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