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TESTO Chi crede in lui non muoia, ma abbia la vita

don Romeo Maggioni  

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno B) (30/03/2003)

Vangelo: Gv 3,14-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

La Quaresima è tempo di scelte. Scelte decisive, quale tra morte e vita. Il credente penetra la realtà: il male e la morte ci sono; da dove vengono e perché? E c'è una via di scampo? Tra tenebre e luce, tra morte e vita, si pone la croce di Cristo come vessillo innalzato a spartiacque di salvezza: chi vi guarda e crede è salvato; chi rifiuta il Cristo e la sua opera "è già condannato". Come ogni domenica, al centro sta il Mistero Pasquale come proposta di salvezza, e l'invito alla nostra conversione come accoglienza di quel dono.

1) I FATTI

Guardiamo ai fatti. Anzitutto il male che ci invade, e perché. Gerusalemme fu distrutta - dice la prima lettura - perché gli uomini d'allora "si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l'ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio". E' una analisi storica ostica al nostro orecchio; ma è analisi biblica, cioè vera. L'uomo rifiuta Dio - da Adamo in poi - e si guadagna la morte, la violenza, l'egoismo, l'insufficienza.

Per di più "un morso di serpente" - che è satana, il serpente antico - continuamente mina la fragilità morale dell'uomo e lo rende "morto per il peccato" (II lett.), incapace da sé ormai di risollevarsi anche verso Dio. E' necessario prender coscienza della insufficienza dell'uomo, della radice di questo male e della assoluta incapacità di salvarsi da sé. Dove, naturalmente, salvezza significa vita al posto di morte, bontà morale invece che malizia e malvagità.

Ma "il Signore suscitò Ciro" e fece risorgere Gerusalemme. Mosè innalzò nel deserto il serpente di bronzo e Israele fu guarito. Così nella pienezza del tempo "fu innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna". Il cuore della storia è quella croce, lì l'umanità ha fatto tornante e ha ritrovato la vita. "Da morti che eravamo, ci ha fatti rivivere in Cristo". E' l'atto compiuto da Cristo quello che ci riconcilia con Dio e ci riapre alla vita. Anzi, più pienamente, "con lui ci ha risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli" (II lett.).

E' il Mistero pasquale che ora inserisce nei nostri giorni di oggi quell'atto decisivo di Cristo perché noi ne possiamo oggi usufruire ed essere salvati. Quell'atto "storico" della croce è reso oggi attuale per noi nel suo contenuto e nella sua efficacia proprio per "il mistero" che con la Chiesa celebriamo a Pasqua. Ciò che può renderci sicuri e sereni è la certezza che quel fatto liberante e questa sua attualizzazione sono opera gratuita di Dio, non nostra capacità e merito. "Per grazia siete stati salvati, per mostrare la straordinaria ricchezza della sua bontà verso di noi" (II lett.).

Gesù oggi lo dichiara fortemente: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna". Più precisamente: "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui". Da parte di Dio s'è fatto tutto il possibile; anzi, l'impensabile... Lui "che non ha risparmiato neanche il suo Figlio ma lo ha dato per tutti noi" (Rm 8,32). Di fronte al male dell'uomo, anzi al suo costante rifiuto, Dio ha contrapposto una continua offerta di salvezza, una pura e gratuita misericordia. Purché l'uomo... voglia essere salvato, cioè accolga e accetti questo dono. Qui è il punto.

2) LA FEDE

"Chi crede in lui non è condannato". Cioè è salvato. Dio pone i fatti di salvezza. Sollecita interiormente un ritorno: "Io quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me" (Gv 12,32). Ma non può sfondare la porta della nostra libertà. Tutto è condizionato al nostro sì di oggi. Tutta la teologia di Giovanni sottolinea che la decisione salvifica non sarà alla fine, ma oggi, nella scelta di oggi di accogliere o meno il dono di Dio. Del resto Gesù oggi è esplicito: non che Dio condanni; la condanna sta già nella scelta che oggi ogni uomo fa. "Chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio".

Chi chiude gli occhi alla luce non può lasciarsene penetrare e quindi essere salvato: "E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvage".

Ecco allora dove si sposta il male: nelle opere malvage, nella vita morale che non si vuol cambiare. "Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere". Solo "i puri di cuore vedranno Dio" (Mt 5,8); non si può capire e gustare le cose di Dio quando ci sono compromessi con la propria coscienza. Anche Gesù, nell'itinerario di conversione proposto alla Samaritana, ad un certo punto dice: "Va' a chiamare tuo marito...!" (Gv 4,16); cambia vita se vuoi giungere ad adorare il Padre in spirito e verità! Si racconta che quando il libertino Carlo De Foucauld andò a discutere di fede con l'abbé Huvelin, questi da saggio pastore, gli intimò: Prima inginocchiati e confessati, poi parleremo di Dio! Solo "chi opera la verità viene alla luce".

Allora vale ancora la parola antica di questa Quaresima: penitenza o conversione. Si tratta di decidersi di abbandonare la strada del figlio prodigo per ritornare al Padre e dire: Ho peccato! Un sì, un moto primo e sincero Dio lo esige da noi, dalla nostra libertà. Poi il resto lo fa lui. Scrive San Paolo: "E' Dio che suscita in voi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni" (Fil 2,13). E oggi la seconda lettura dice che noi "siamo opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo". Basta che uno faccia un passo, apra una fessura nella propria libertà perché poi sia invasa dalla potenza dello Spirito "che rinnova la faccia della terra".

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Il Salmo responsoriale ci mette sulla bocca la nostalgia del pio israelita per Gerusalemme lontana. Forse potrebbe valere anche per noi in questo tempo di Quaresima la nostalgia di qualche momento più vivo in cui abbiamo sperimentato "quanto sia buono il Signore". Il libro dell'Apocalisse porta un rimprovero: "Ricorda da dove sei caduto, ravvediti e compi le opere di prima" (Ap 2,5). Quaresima come ritorno al primitivo fervore. E' già tanto, in tempo di forte contaminazione secolarizzante...!

 

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