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TESTO I due corpi di Cristo

padre Raniero Cantalamessa

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A) (25/05/2008)

Vangelo: Gv 6,51-58 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Nella seconda lettura san Paolo ci presenta l'Eucaristia come mistero di comunione: "Il calice che benediciamo non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che spezziamo non è forse comunione con il corpo di Cristo?" Comunione significa scambio, condivisione. Ora la regola fondamentale della condivisione è questa: quello che è mio è tuo e quello che è tuo è mio. Proviamo ad applicare questa regola alla comunione eucaristica e ci renderemo conto della "enormità" della cosa.

Che cosa ho io di propriamente "mio"? La miseria, il peccato: questo solo è esclusivamente mio. E che cosa ha di "suo" Gesù se non santità, perfezione di tutte le virtù? Allora la comunione consiste nel fatto che io do a Gesù il mio peccato e la mia povertà, e lui mi da la sua santità. Si realizza il "meraviglioso scambio", come lo definisce la liturgia.

Conosciamo diversi tipi di comunione. Una comunione assai intima è quella tra noi e il cibo che mangiamo, perché questo diventa carne della nostra carne e sangue del nostro sangue. Ho sentito delle mamme dire alla loro creatura, mentre se la stringevano al petto e la baciavano: "Ti voglio così bene che ti mangerei!".

È vero che il cibo non è una persona vivente e intelligente con la quale possiamo scambiarci pensieri e affetti, ma supponiamo, per un momento, che il cibo sia esso stesso vivente e intelligente, non si avrebbe, in tal caso, la perfetta comunione? Ma questo è precisamente ciò che avviene nella comunione eucaristica. Gesù, nel brano evangelico, dice: "Io sono il pane vivo disceso dal cielo...La mia carne è vero cibo...Chi mangia la mia carne avrà la vita eterna". Qui il cibo non è una semplice cosa, ma è una persona vivente. Si ha la più intima, anche se la più misteriosa, delle comunioni.

Guardiamo cosa avviene in natura, nell'ambito della nutrizione. È il principio vitale più forte che assimila quello meno forte. È il vegetale che assimila il minerale; è l'animale che assimila il vegetale. Anche nei rapporti tra l'uomo e Cristo si attua questa legge. È Cristo che assimila noi a sé; noi ci trasformiamo in lui, non lui in noi. Un famoso materialista ateo ha detto: "L'uomo è ciò che mangia". Senza saperlo ha dato un'ottima definizione dell'Eucaristia. Grazie ad essa, l'uomo diventa davvero ciò che mangia, cioè corpo di Cristo!

Ma leggiamo il seguito del testo iniziale di S. Paolo: "Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane". È chiaro che in questo secondo caso la parola "corpo" non indica più il corpo di Cristo nato da Maria, ma indica "tutti noi", indica quel corpo di Cristo più grande che è la Chiesa. Questo vuol dire che la comunione eucaristica è sempre anche comunione tra noi. Mangiando tutti dell'unico cibo, noi formiamo un solo corpo.

Quale la conseguenza? Che non possiamo fare vera comunione con Cristo, se siamo divisi tra noi, ci odiamo, non siamo pronti a riconciliarci. Se tu hai offeso un tuo fratello, diceva S. Agostino, se hai commesso un'ingiustizia contro di lui, e poi vai a ricevere la comunione come niente fosse, magari pieno di fervore nei confronti di Cristo, tu somigli a una persona che vede venire verso di sé un amico che non vede da molto tempo. Gli corre incontro, gli getta le braccia al collo e si alza in punta di piedi per baciarlo sulla fronte...Ma, nel fare questo, non si accorge che gli sta calpestando i piedi con scarpe chiodate. I fratelli infatti, specie i più poveri e derelitti, sono le membra di Cristo, sono i suoi piedi posati ancora sulla terra. Nel darci l'ostia il sacerdote dice: "Il corpo di Cristo", e noi rispondiamo: "Amen!". Adesso sappiamo a chi diciamo "Amen", cioè sì, ti accolgo: non solo a Gesù, il Figlio di Dio, ma anche al prossimo.

Nella festa del Corpus Domini non posso nascondere una tristezza. Ci sono delle forme di malattia mentale che impediscono di riconoscere le persone che sono accanto. Continuano a gridare per ore: "Dov'è mio figlio? Dove mia moglie? Perché non si fa vivo?" e, magari, il figlio o la moglie sono lì che gli stringono la mano e gli ripetono: "Sono qui, non mi vedi? Sono con te!". Succede così anche a Dio. Gli uomini nostri contemporanei cercano Dio nel cosmo o nell'atomo; discutono se ci fu o meno un creatore all'inizio del mondo. Continuiamo a domandare: "Dov'è Dio?" e non ci accorgiamo che è con noi e si è fatto cibo e bevanda per essere ancora più intimamente unito a noi.

Giovanni Battista dovrebbe ripetere mestamente: "In mezzo a voi c'è uno che voi non conoscete". La festa del Corpus Domini è nata proprio per aiutare i cristiani a prendere coscienza di questa presenza di Cristo in mezzo a noi, per tenere desto quello che Giovanni Paolo II chiamava "lo stupore eucaristico".

Padre Raniero Cantalamessa

 

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