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TESTO Eucaristia: voce del verbo scomparire

don Maurizio Prandi

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A) (25/05/2008)

Vangelo: Gv 6,51-58 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 6,51-58

51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Accade una cosa davvero molto bella all'interno della celebrazione della Prima Comunione dei fanciulli: durante l'omelia si riesce, tutti insieme, a dire qualcosa di molto semplice sull'Eucaristia, rispettando così l'elementarietà del segno che Gesù ha scelto per dirci: Questo sono io. Una cosa che invece resta difficile è poter dire qualcosa sulla "presenza reale" di Gesù. Mi veniva in mente però che quando si fa un dono, accade qualcosa di bello e significativo: in ogni dono autentico è contenuta la persona, la presenza, l'amore del donatore. Quando doniamo qualche cosa agli amici, in realtà vogliamo donare noi stessi. E il dono è il segno che porta la nostra presenza, la nostra amicizia.

E questo vale infinitamente di più per quel dono che il Signore ha fatto ai suoi amici il giorno prima di morire, quel dono che è tutta la sua eredità. Ha donato se stesso nel segno di "un pezzo di pane spezzato, di una coppa di vino versato". Credo che sia importante su questo, richiamarci ancora il significato profondo del dono, che si fonda sulla assoluta gratuità: mi pare che siamo ancora distanti da questo. In fondo in fondo crediamo che il dono esiga un contraccambio e invece che diventare un luogo di liberazione diventa occasione di cattura dell'altro, nel caso siamo noi a "donare" o di competizione, nel caso della restituzione che, possibilmente deve far sempre sentire l'altro un gradino più in basso.

Ciò che oggi celebriamo va tutto in un'altra direzione, perché di fronte ad un Dio che dona la sua vita intuiamo che cambio anche soltanto alla pari non ce ne può essere. Ciò che ci richiama a questa vita donata è l'Eucaristia, che resta il dono per eccellenza: ci aiuta a capire, secondo me, perche nel suo DNA c'è "la scomparsa". Infatti non è che Gesù ha posto un segno forte, perenne, immarcescibile e indistruttibile, no! Ha posto un segno debole, fragile e destinato ad essere mangiato e consumato, e quindi, in ultima analisi, destinato a scomparire. Colui che mangia me vivrà per me dice Gesù. Mi piace, in questa frase, comprendere come Gesù intenda dirci che non ci ha dato l'Eucaristia soltanto perché ci mettessimo in ginocchio ad adorarla, la onorassimo con processioni solenni, la ricevessimo come segno della sua presenza ed appello ad una fraternità che poi rimane solo sulla carta. Se l'Eucaristia si riducesse ad un atto di culto o di devozione, sarebbe come tradire le intenzioni di chi ce l'ha donata (don L. Pozzoli). Gesù è da mangiare! E' necessario cessare di fare di lui solo un modello, per quanto sublime, che sta all'esterno della nostra esistenza, deve diventare nutrimento e vita, si tratta di mangiare la presenza di Cristo, di interiorizzarla, di assimilarla.

Le parole che il Santo Padre ha rivolto ai giovani domenica scorsa a Genova, le sento su questa linea: Gesù non fa giri di parole, è chiaro e diretto. Tutti lo comprendono e prendono posizione. La vita dell'anima è incontro con Lui, Volto concreto di Dio; è preghiera slenziosa e perseverante, è vita sacramentale, è Vangelo meditato, è accompagnamento spirituale, è appartenenza cordiale alla Chiesa, alle vostre comunità ecclesiali.

Ma come si può amare, entrare in amicizia con chi non si conosce? La conoscenza spinge all'amore e l'amore stimola la conoscenza. È così anche con Cristo. Per trovare l'amore con Cristo, per trovarlo realmente come compagno della nostra vita, dobbiamo innanzitutto conoscerlo. Si tratta allora di verificare se la nostra vita concretamente vissuta rimanda chi incontriamo a Cristo e al suo vangelo.

Si sta avvicinando il decimo anniversario della mia ordinazione sacerdotale e l'altro giorno, in una intervista all'emittente Diocesana mi veniva chiesto quali sono le gioie assaporata in questi dieci anni. Senza esitare ho detto che la gioia più grande viene dal contatto con l'umanità, la mia umanità e quella delle persone che il vescovo mi ha affidato. Dico questo perché credo che chi è stato trasformato dalla presenza di Cristo (e tengo a sottolineare che non so quanto e se questo sia avvenuto per me), non può non lasciare trasparire qualche tratto della sua meravigliosa e ineguagliabile umanità.

Umanità.. Gesù nel vangelo (è una bella affermazione di don L. Pozzoli) ha detto: "Imparate da me che sono mite ed umile di cuore..." non ha detto di imparare a fare i miracoli, a compiere cose straordinarie, ma imparate da me la dolcezza e l'umiltà. Dolcezza che è capacità di accogliere, di essere recettivi, aperti nei confronti di tutto ciò che esiste. Umiltà che viene da una parola latina che è humus, che vuol dire terra. Bello: essere umili è essere come la terra, cioè in quell'attitudine che permette di accogliere e di lasciare che ogni seme di bontà possa germinare. Accogliere allora in noi l'Eucaristia come la terra buona accoglie il seme. Lasciarsi trasformare profondamente nel nostro modo di vivere la vita, i nostri affetti, le nostre speranze, per capire ciò che veramente conta ed è essenziale.

 

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