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TESTO Ecco l’Emanuele

mons. Roberto Brunelli

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A) (25/05/2008)

Vangelo: Gv 6,51-58 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 6,51-58

51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

"Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna": quando Gesù ha pronunciato queste e le altre parole del vangelo di oggi, là nella sinagoga di Cafarnao, ha suscitato nei presenti sorpresa e sconcerto. "Come può costui darci la sua carne da mangiare?" si chiedevano. La risposta è venuta in seguito, nell'ultima cena, quando egli prese il pane e il vino e ne distribuì ai discepoli dicendo: "Prendete e mangiate, questo è il mio corpo sacrificato per voi... Prendete e bevete, questo è il mio sangue versato per voi".

Altre parole, basilari se da duemila anni le si ripete; ogni messa è l'attualizzazione dell'ultima cena di Gesù. L'odierna solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, il Corpus Domini come ancora si usa chiamarla, mira tra l'altro a puntare l'attenzione proprio su questo mistero, per dissipare le caligini di cui ama vestirsi l'abitudine.

Quelle parole portano nel cuore della fede. Esprimono tutta la considerazione, tutto l'amore di Dio per l'uomo, e invitano a intendere la fede non come l'asettica accettazione di una serie di verità, ma come un rapporto vitale, una relazione di intimità con Dio. Mangiare e bere il Signore: i termini concreti, quasi crudi, esprimono da un lato quanto l'uomo abbia bisogno di Dio, e dall'altro con quanto amore Dio sia proteso a soddisfare ogni autentica fame dell'uomo. Gesù era stato preannunciato come l'Emanuele, cioè "Dio-con-noi"; l'Eucaristia ne è il più esplicito adempimento: Dio è con noi al punto da farsi tutt'uno con noi.

Ovviamente questo cambia la vita alla radice. L'uomo non è più solo, con i suoi fantasmi e le sue paure, in bilico tra i suoi tormentosi ricordi e le sue incerte prospettive. Si può dire anzi che nell'Eucaristia egli trova il senso del proprio presente, armonicamente collegato sia al passato sia al futuro. C'è chi guarda al tempo trascorso, nell'arco della propria vita come nella storia in generale, con sterile nostalgia: a fronte dell'oggi, il passato gli sembra da rimpiangere; ne ignora le brutture e i fallimenti, e lo vede come la mitica età dell'oro, quando tutto era bello, tutto andava bene. C'è chi guarda al presente come la sola fase disponibile della vita, e vi si aggrappa quasi con furia, cercando di spremerne tutto quanto gli pare appagante, non importa a che prezzo. C'è chi guarda al futuro come lo spazio entusiasmante di un inesauribile progresso, o viceversa con l'angoscia, per sé, per i propri figli e nipoti, di vedervi i mali presenti ingigantiti sino a soffocare quanti li dovranno affrontare.

Tra i tanti benefici, l'Eucaristia porta chi vi si affida a un corretto rapporto col tempo. Il passato vi è richiamato in quanto di meglio vi si è compiuto: Dio ha tanto amato gli uomini, da mandare il suo Figlio a riscattarli dalla loro misera condizione. Ma non è un passato da rimpiangere come ormai concluso: esso infatti si riversa nel presente; quell'amore è attuale, vivo e operante oggi. Non solo: l'amore di Dio è la più solida garanzia per il futuro, cui si può tendere non solo senza paura, ma anzi con speranza.

Passato, presente e futuro in rapporto all'Eucaristia sono richiamati anche in un'antifona della festa di oggi, composta da quel genio che fu San Tommaso d'Aquino. Con l'acume del teologo e con straordinaria forza di sintesi, egli ha condensato il dono divino in questi termini: "Mistero della Cena! Ci nutriamo di Cristo, si fa memoria della sua passione, l'anima è ricolma di grazia, ci è donato il pegno della gloria", cioè della vita futura con lui.
C'è di meglio?

 

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