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TESTO Ma dove stiamo andando?

mons. Antonio Riboldi

III Domenica di Quaresima (Anno B) (23/03/2003)

Vangelo: Gv 2,13-25 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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13Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. 14Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. 15Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». 17I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà.

18Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». 19Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». 20Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». 21Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

23Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. 24Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

"Ma dove stiamo andando?": è la domanda che un giorno mi fece una persona osservando e, forse, come faceva Maria, la Mamma di Gesù, di fronte a quanto vedeva succedersi attorno a Suo Figlio, Gesù, all'inizio della Sua vita tra di noi, discutendo in se stessa. "Ma fino a dove ci spingeremo nell'abbattere ogni principio di morale, che altro non è che il rispetto di sé, di Dio e degli altri?. Sembra siano cadute tutte quelle barriere contro il male che un tempo si innalzava, facendo largo ad ogni vizio, come una vera ribellione al bene. Ma dove andremo a finire così? Che resterà di quella bellezza che Dio ci ha ritagliato addosso alla nostra anima, come un vestito simile al suo, splendente per bontà e virtù? Essere bello della santità di Dio, avere ancora la gioia di cantare l'amore del Padre, la bellezza della natura e della vita sarà solo un ricordo? Si rimane con un grande pianto nell'anima, vedendo come l'uomo non è più la gloria del Dio vivente, ma è meno che nulla, al punto da non contare più nulla, da essere ucciso, nella guerra, come fosse solo un fiore che non si teme di recidere, spegnendo la bellezza, che ornano la terra. Saranno forse i fiori quelli destinati a raccontare la gloria del Signore che li ha creati e ha fatto bello tutto: e noi uomini saremo la "spazzatura" che non conta. Dove sono finite le stupende regole che il Padre ci ha dato per essere come Lui, i comandamenti, i veri pilastri di quella stupenda cattedrale che è l'uomo, le sole vie per conoscere non solo l'amore di Dio, ma una vera civiltà dell'amore qui in terra? Noi uomini ci lamentiamo continuamente che ci sono troppe ingiustizie: ci sono ricchi, sempre più ricchi, che creano un maggior numero di affamati, assetati... ci lamentiamo della giustizia, praticando l'ingiustizia e mettendo in un angolo il meraviglioso mondo della solidarietà. Ci mostriamo scandalizzati di fronte alla spudoratezza dei costumi che a volte sono una bestemmia alla dignità ed alla castità che è il bello della donna e dell'uomo, e nello stesso tempo sembriamo in continua ricerca del piacere, irridendo la bellezza della virtù... "cose d'altri tempi", ti senti dire quando parli di comandamenti del Signore. Chiamiamo "cose di altri tempi", le regole della amicizia di Dio con gli uomini e tra noi uomini. E se sono "cose di altri tempi", che tempi sono i nostri, o quelli che vorremmo costruire? Tempi che portano l'impronta di un uomo, senza le impronte della mano di Dio. Ma dove pensiamo di andare senza contare poi che continuiamo a piangere maledettamente per tutto il male che in questo modo, produciamo nelle famiglie, nella società, ovunque, facendo della nostra vita un doloroso racconto di sofferenze dannose, che non portano da alcuna parte. Ma dove stiamo andando?".

Ascoltai in silenzio il giusto lamento della persona, che mi parlava e che esprimeva lo smarrimento della umanità di oggi, di tanti, e forse anche di chi mi legge. Le chiesi: "E lei dove sta andando?". "Io vado contro corrente. Anche se giovane, vivo, come dicono tanti, all'antica, ossia seguendo la legge del Signore, che è luce ai miei passi, e, sono felice, tanto felice... ma con tanta amarezza nel vedere gli uomini soffrire. Si chiedono il perché di tanta sofferenza e di tanto marciume e non osano, o non vogliono confessare a se stessi, che la ragione è nell'avere buttato alle ortiche il "vestito bianco della santità cucitoci addosso dalle mani di Dio", che noi dovevamo conservare con i suoi comandamenti". "Si faccia coraggio", dissi, "non è sola in questa amarezza. Ci sono tanti, giovani, come lei, o meno giovani, che sono i santi di oggi e sono il vero giardino, che Dio cura su questa terra e ornano l'umanità. Questi, magari sembrano pochi, ma sono dovunque: nelle famiglie, nei posti di lavoro, nelle missioni, nei conventi, per le strade e li riconosci perché hanno in volto una bellezza, che sembra dipinta come dalle mani di Dio. Sono il vero volto della storia di Dio, la vera speranza. Il resto è solo follia, che preghiamo passi prima che sia tardi".

Un commento, se vogliamo, alla presentazione che la Parola di Dio di oggi offrì come segno di amicizia tra Lui e noi, agli Ebrei liberati dalla schiavitù degli Egiziani.

Vanno riscoperti, in questo tempo di Quaresima, con il coraggio che viene dalla seria volontà di conversione, in modo che siano oggi la nostra "alleanza con il Padre, il nostro patto di amicizia con Lui, la nostra vera civiltà e dignità". Affermava un giorno il Card. Shuster, Vescovo di Milano (tanti anni fa): "La gente, quando passa davanti alle chiese e ci vede, non si ferma, come se non avessimo nulla da insegnare, ossia come se non portassimo novità di vita, che vale la pena di abbracciare... Così pure, quando passa davanti ai nostri oratori, non si ferma, perché ha trovato posti più divertenti. Ma quando vede passare "un santo" si ferma per ammirarlo e invidiarlo, come un richiamo ad un paradiso perduto". E quando venne celebrato il Congresso Eucaristico nazionale a Torino, subito dopo l'ultima guerra, il Cardinale Shuster fu il delegato dal Papa per presiedere il Congresso. Questo si chiuse con una solenne processione eucaristica, che attraversò tutta Torino. Era immensa la folla che assisteva. Io ero tra questa folla. Quando passava il mezzo che trasportava d il grandioso trono con il SS. mo Sacramento, il Cardinale stava inginocchiato davanti al SS.mo. Ed era tale la santità che traspariva, che Torino si fermò in un silenzio irreale, come rapita, non solo per la presenza di Gesù Sacramentato, ma proprio per la santità che traspariva dall'atteggiamento del Card. Shuster. Non c'è niente da fare. Il mondo, a volte, si spella le mani nel batterle all'effimero o allo scandalo, che si aggira tra di noi. Ma quando si trova di fronte ad un cristiano che vive sul serio la sua amicizia con Dio nella santità, non riesce a nascondere il suo stupore. Un giorno, stando accanto a Madre Teresa di Calcutta, attorniata da tantissima gente, che piangeva al solo vederla, come avesse la nostalgia del cielo nascosta nell'anima, sentii qualcuno che diceva: "Di questa gente ha bisogno il mondo. Non di noi che siamo a dir poco buffoni della vita". E vediamo come Gesù mostra il suo sdegno verso tutto ciò che vive, strumentalizzando la stessa fede, per mille ragioni, come se la fede fosse un modo per mascherare ciò che veramente siamo.

«Si avvicinava la Pasqua - narra Giovanni l'Evangelista - e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi pecore e colombe e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi: gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi e ai venditori di colombe disse: "Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato". I discepoli si ricordarono che sta scritto: "Lo zelo per la tua casa mi divora"» (Gv.2,13-16). Fui chiamato, un giorno, ad assistere ad un matrimonio di due giovani, che avevano scelto, per questo grande momento della loro vita, una semplice cappella. Erano ricchi.

Non c'era il solito mercato che purtroppo vediamo in queste circostanze e non solo nei matrimoni. C'erano fiori, così misurati da non rubare nulla alla solennità della cappella e del Matrimonio. Nessuna cinepresa. Regnava una grande semplicità che dava risalto alla serietà ed alla fede di quei due sposi.

Congratulandomi con loro con semplicità mi dissero: "Volevamo ricevere con gioia un grande sacramento, il Matrimonio. Qui era la vera festa, che doveva riempire la Chiesa. Il resto non l'abbiamo voluto, per non disturbare il nostro amore e il nostro incontro con Gesù. Il chiasso ci sembrava un mercato e questo momento solenne di grazie non doveva essere pretesto per un 'mercato'".

Ma quanto mercato si pretende in tante circostanze. Non vorrei che Gesù usasse la fune per scacciare i mercanti del tempio. E' proprio il caso di rispolverare tutti, in questa Quaresima, l'abito di nozze, che è la voglia di santità che Dio ci cucì più addosso, creandoci. Ci sentiremo non solo più felici, ma più uomini veri, quelli che attirano ammirazione e creano civiltà, quella dell'amore e non del consumo.

 

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